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Tom Tykwer distilla nel cinema il Profumo di Süskind

I lettori di Süskind scoprono subito la diversità del protagonista, io invece la rivelo più avanti per permettere allo spettatore di sentirsi più vicino al protagonista
di Marzia Gandolfi

venerdì 22 settembre 2006 - News
Per quindici anni Patrick Süskind ha rifiutato di cedere al cinema i diritti del suo romanzo più famoso ma poi Bernd Eichinger è riuscito dove gli altri hanno fallito. Il produttore tedesco, che ha portato sullo schermo celebri trasposizioni letterarie (La storia infinita, Il nome della Rosa, La casa degli spiriti, Le particelle elementari), ne ha acquistato i diritti nel 2001 e poi ha affidato la regia al connazionale Tom Tykwer. Il regista di Lola corre, a Roma in questi giorni per promuovere il film, ha girato un'opera incredibile che traduce in immagini i profumi. Un milione di spettatori in Germania dopo il primo week-end e campione di incassi in Russia, dove ha superato al botteghino Il codice Da Vinci. La storia di un fanciullo nato senza odore nella Parigi mefitica del Settecento continua a incantare le folle. Forse perché Jean-Baptiste Grenouille avverte ogni essenza e la trasforma in profumo e in potere, quello dell'amore.

Patrick Süskind
L’ho incontrato una volta sola, è stato un incontro simpatico ma formale. Ho avuto subito la sensazione che Patrick non volesse collaborare alla sceneggiatura. Il romanzo lo aveva tenuto impegnato cinque lunghi anni e forse temeva di fermarsi di nuovo sullo stesso progetto. Ci siamo lasciati augurandoci buona fortuna. Non è venuto alla proiezione ufficiale del film ma io sono certo che lo ha visto, magari camuffato dentro qualche sala.

Adattamento
La sfida è stata quella di rendere l'intensità e la specificità della scrittura di Süskind, restituire il mondo astratto degli odori con le possibilità del linguaggio cinematografico. Quello che sapevo è che non volevo realizzare un film fantastico ma al contrario realistico, concentrandomi sull'esperienza fisica e olfattiva del protagonista. Come potevo esprimere il processo dell’olfatto senza creare un ambientazione realistica? Dovevo avere qualcosa da catturare e poi restituire.

Corrispondenze e tradimenti
La differenza principale tra il romanzo e il film è che ho ritardato il momento in cui il protagonista diventa consapevole della propria diversità: non avere odore. Süskind pone la questione all'inizio del romanzo mentre io ho preferito collocarla al centro del film. Questo è un punto di svolta fondamentale, un momento fortemente drammatico. I lettori di Süskind lo scoprono subito, io invece lo rivelo più avanti per permettere allo spettatore di sentirsi più vicino al protagonista, di condividerne il dolore, la solitudine e il fatto che la gente non si rapporti con lui. Non va bene che il pubblico sappia più del protagonista, accade sempre che a un certo punto espliciti la propria superiorità rispetto all’eroe, che naturalmente ancora la ignora.

Jean-Baptiste Grenouille
Per adattare lo spirito e l’atmosfera del romanzo mi sono concentrato sul personaggio. Dovevo capire Jean-Baptiste Grenouille, e questa è l’unica ragione per cui ho voluto fare questo film. Capire quale fosse la spinta che lo trascinava, comprendere il suo desiderio di superare la solitudine. Volevo trovare un modo per esprimere il suo rapporto con gli altri. Jean-Baptiste è un uomo comune, non è un genio alla Mozart. È convinto che il mondo sia regolato sugli odori, è questo il modello di conoscenza da cui partire per costruire la sua bugia, qualcosa che serve a lui e non agli altri. Il suo talento olfattivo è pari alla sua incompetenza sociale, è geniale e pazzo insieme. La sua ambiguità affascina almeno fino a quando ne intuiamo l’innocenza.

Lo spirito di un’epoca. Il Settecento
La difficoltà per me nel realizzare un film di ambientazione settecentesca è stata quella di mantenere l'equilibrio tra le parti recitate e tutto il resto. Era importante ricreare sullo schermo un’epoca che fosse credibile. Abitualmente i film storici sono artificiosi e gli attori sembrano infilati a forza nei loro costumi. Io volevo evitare tutto questo. L'attore deve indossare il costume, farlo suo, possederlo. Abbiamo cercato di studiare i comportamenti delle classi nobili, come si muovevano o camminavano. Ma l'aiuto più importante ci è venuto da Alan Rickman, che si muove dentro ai costumi d'epoca con grande disinvoltura, come se li avesse sempre portati. Ho poi cercato uno stile diverso rispetto a quello dei pittori dell’epoca che tendevano a idealizzare nei loro quadri il mondo in cui vivevano. Il Settecento che interessava a me invece era quello dominato dalla sporcizia. La gente povera non è certo rappresentativa del Rococò, è soltanto gente povera. Forse nel mio film c'è un po’ di Rembrandt.

Musica
Ho cominciato a lavorare alla musica all'inizio del progetto perché con la musica io creo l'atmosfera del film e con la scrittura i personaggi. Ho sempre girato con la musica in sottofondo, soprattutto per aiutare il lavoro di Ben Whishaw che ha sempre lavorato da solo. Al mio protagonista mancava l’elemento di interazione, l'attore.

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