Sapeva ridere e far ridere, disperarsi e far piangere: nei quattro anni della sua brillante quanto breve carriera, l'irresistibile John Bunny fu certamente il comico più grasso e più famoso del cinema muto americano. Figlio di un ufficiale di marina inglese che si era trasferito in America, cominciò la sua carriera artistica nel 1893, dopo aver svolto alcuni precari mestieri (si dice che abbia venduto lacci per le scarpe e altri articoli di drogheria in giro per i mercati di New York). Lavorò in rappresentazioni di menestrelli, in compagnie con spettacoli di repertorio, in vaudeville e nelle operette. Benché il suo personaggio fosse imperniato sulla sua enorme mole (il suo peso giunse a 136 chili), Bunny sapeva muoversi con delicatezza, quasi con grazie, e usava la mimica facciale con consumata esperienza per conquistare il pubblico. Ingaggiato dalla Vitagraph nel 1910, fu interprete di numerosissime comiche impersonando quasi sempre il gentiluomo di mezza età, irrimediabilmente egoista, coccolato dalle donne, che non sogna altro che spassarsela nei bar, al biliardo o alle corse. Fra i tanti titoli ricordiamo: Selecting His Heiress (1911), The Leading Lady (1911), nel quale è irresistibile nei panni femminili, Vanity Fair (1911), Bunny at the Derby (1912), Bunny All at Sea (1912), Pickwick Papers (1913), The Feudists (1913), Setting The Style (1914), Love, Luck and Gasoline (1914). La sua carriera nel cinema, tranne qualche raro ritorno al palcoscenico, continuò fulgida e splendente fino all'inverno del 1914. Al principio del 1915 fece una tournèe di otto settimane con una commedia musicale: Bunny in Funnyland. Aveva poi deciso di prendersi una vacanza e tornare a lavorare con la Vitagraph, dalla quale si era staccato poco tempo prima per la Flatbush, nell'ottobre successivo, ma si ammalò del morbo di Bright e morì il 26 aprile 1915. Aveva solo 51 anni e benché in quattro anni di successi avesse guadagnato moltissimo, lasciò appena 8000 dollari.