Ogni quindici minuti da qualche parte nel mondo un elefante viene abbattuto. Animale sacro e gigante africano, l'elefante è a rischio di estinzione a causa del bracconaggio e del commercio clandestino di avorio, che potenzia gli arsenali dei criminali e gonfia i forzieri dei funzionari corrotti. Di questa pratica crudele scriveva già nel 1899 Joseph Conrad ("Cuore di tenebra") narrando le prime depredazioni di bracconieri europei nel cuore dell'Africa alla ricerca dell'oro bianco. Due secoli dopo, provvisti di GoPro, telecamere spia, droni e videocamere, Kief Davidson e Richard Ladkani ripetono il viaggio letterario di Conrad sulle tracce di elefanti e bracconieri. Ad aiutarli nell'impresa Leonardo DiCaprio, produttore esecutivo del film e divo militante impegnato nella difesa della biodiversità, della conservazione degli oceani e della fauna selvaggia.

L'attore hollywoodiano Leonardo DiCaprio punta il dito sul massacro degli elefanti contando ancora una volta sul suo status per sensibilizzare l'opinione pubblica e incoraggiare la consapevolezza globale.

Camere nascoste, vedute aeree, interviste svolgono un documentario che ha la tensione di un thriller mentre piomba nel cuore guasto del mercato nero. In The Ivory Game, dal 4 novembre su Netflix, emerge un traffico criminale che ha come principale cliente la Cina. Sotto copertura a Hong Kong e scampati all'arresto a Pechino, gli autori hanno denunciato il commercio illegale di avorio (in Cina l'avorio si vende a più di 2000 dollari al chilo), invitando il governo cinese a prendere misure più severe per combatterlo e salvaguardare l'esistenza di questo straordinario pachiderma.

Sospeso tra Asia e Africa e condotto come un'inchiesta, culminata nella cattura di Shetani, uno dei bracconieri più spietati, il documentario di Davidson e Ladkani affronta con coraggio un'impresa quasi impossibile. Impresa che in Congo e in Gabon ha richiesto addirittura l'intervento dell'esercito, rinforzando la sorveglianza e provando a fare fronte alla recrudescenza del bracconaggio. Perché qualche volta sembra davvero impossibile lottare contro quelli che vengono ormai considerati veri e propri commando, armati di kalashnikov e ben addestrati.

La maggior parte degli stati africani non è in grado di opporsi ai bracconieri e proteggere gli elefanti, a mancare sono le risorse e le multe previste sono troppo spesso irrisorie.

Nonostante siano state lanciate negli anni numerose campagne istituzionali in difesa di questo magnifico animale, i risultati sono ancora lontani e il "bene" lontano dal vincere. Impossibile per chi sorveglia questi parchi naturali, proteggerne i confini, fermare i profanatori.

The Ivory Game documenta la lotta quotidiana di pochi audaci per arginare una violenza che uccide gli elefanti e gli uomini preposti a proteggerli. Molte guardie dei Parchi Nazionali vengono barbaramente assassinate da bracconieri e terroristi molto spesso appoggiati da un'unità dell'esercito regolare. Gli "uomini vuoti" di Conrad, che passeggiavano ieri impuniti per le strade di Londra, camminano oggi, altrettanto impuniti, per quelle di Hong Kong, dove non è difficile imbattersi in negozi che vendono avorio all'ingrosso e al dettaglio, aggirando il trattato del 1989 che ne proibisce il commercio. Dopo i diamanti in Sierra Leone e le miniere in Congo, l'avorio sembra ormai l'ultima risorsa utile a rifornire potenti organizzazioni criminali in Africa e in Asia, alimentando i conflitti e un massacro che uccide indisturbato uomini e animali.

Se non vogliamo davvero che i nostri bambini crescano in un mondo senza elefanti è necessario trovare presto una soluzione, bruciando gli stock d'avorio confiscati, impedendo con leggi severe il suo traffico, insegnando all'uomo la gestione e la conservazione di questa complessa specie.

Kief Davidson e Richard Ladkani risalgono il fiume come il Marlow conradiano alla ricerca del loro Kurtz, assassino di elefanti, consegnato nell'epilogo alla giustizia. L'arresto di Shetani non risolve il problema ma è comunque un inizio. Un inizio importante, un barrito di gioia.