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Tomb Raider, Lara Croft e il complesso di Elettra

Il film con Alicia Vikander decostruisce la celebre eroina e la normalizza a livello fisico e caratteriale. Al cinema.
di Alice de Luca, vincitrice del Premio Scrivere di Cinema

Tomb Raider

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Alicia Vikander (35 anni) 3 ottobre 1988, Göteborg (Svezia) - Bilancia. Interpreta Lara Croft nel film di Roar Uthaug Tomb Raider.
mercoledì 21 marzo 2018 - Scrivere di Cinema

A differenza del fumetto, che ha trovato nel cinema un canone rappresentativo e narrativo, il videogioco ha ancora una sua intraducibilità legata all'impossibilità dello spettatore di essere allo stesso tempo ricettivo e attivo. Nel film (guarda la video recensione) di Roar Uthaug i problemi strutturali e cinematografici si materializzano nella ricerca del padre da parte del personaggio di Alicia Vikander, in un viaggio che le farà esplorare non solo il suo inconscio ma anche un'isola disabitata del Giappone.

La protagonista è affetta dalla stessa cecità di Telemaco: entrambi, animati dalla convinzione che il loro genitore non sia morto e da idealizzazioni e ricordi infantili, affrontano diverse peripezie. E Lara comprende il valore della disillusione che si corona con il superamento del complesso di Elettra.
Alice de Luca

Il film subisce gli effetti della suddetta sindrome in quanto si innamora del film-padre (Indiana Jones e l'ultima crociata, film che assume valore di riferimento) e uccide sua madre, simbolizzata dai precedenti episodi di Simon West e di Jan de Bont con Angelina Jolie. Questo obiettivo si realizza attraverso una decostruzione dell'eroina e una sua normalizzazione a livello fisico e caratteriale che la rendono emblema dell'immagine femminile moderna.

Le due fasi del complesso edipico corrispondono alla prima e alla seconda parte del film. Nella prima "Tomb Raider" riesce nell'uccisione della madre perché rivoluziona il personaggio e coglie lo spettatore di sorpresa, arricchendo il discorso del videogioco con il background e la monotonia londinese della protagonista. Nella seconda non supera il film padre in quanto, seppur sviluppa la storia secondo canoni classici di scrittura, non può fare i conti con la narrazione precedente di Spielberg.

Pasolini in "Lettere Luterane" dice: "Ma poi è arrivato il momento della mia vita in cui ho dovuto ammettere di appartenere senza scampo alla generazione dei padri. Senza scampo, perché i figli non solo sono nati, non solo sono cresciuti, ma sono giunti all'età della ragione e il loro destino, quindi, comincia a essere ineluttabilmente quello che deve essere, rendendoli adulti." Parole che dovrebbero concretizzarsi nell'uscire dagli schemi cinematografici del "viaggio dell'eroe" e che la protagonista desidererebbe fossero state dette del padre.


RECENSIONE

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