Titolo originale | Pope Francis - A Man of His Word |
Titolo internazionale | Pope Francis: A Man of His Word |
Anno | 2018 |
Genere | Documentario, |
Produzione | USA |
Durata | 96 minuti |
Regia di | Wim Wenders |
Attori | Jorge Mario Bergoglio, Ignazio Oliva, María Eufemia Goycoechea, Joe Biden Daniele De Angelis, Carlo Falconetti, Evo Morales, Paul Ryan (III). |
Uscita | giovedì 4 ottobre 2018 |
Tag | Da vedere 2018 |
Distribuzione | Universal Pictures |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,54 su 3 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 8 ottobre 2018
Un grande tedesco come Wim Wenders racconta un grande argentino: Papa Francesco. In Italia al Box Office Papa Francesco - Un Uomo di Parola ha incassato 280 mila euro .
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Il lavoro di Wenders vuole essere un percorso personale con Papa Francesco e non un documentario biografico. Le idee del pontefice e il suo messaggio sono centrali grazie al materiale di archivio ma soprattutto a quattro lunghe interviste condotte nell'arco di due anni. Avvicinato dal Vaticano già nel 2013, Wim Wenders dichiara di avere avuto una completa libertà nell'elaborazione del progetto, ivi compresa quella del montaggio finale e dell'accesso all'archivio foto e video del Vaticano. Tutto ciò gli ha consentito di operare così come solo i veri Maestri sanno fare: tenendosi un passo indietro.
Molti, vedendo questo documentario, potranno porsi una domanda legittima: dov'è la mano di Wenders in tutto ciò?
La risposta sta nell'avere consentito alla figura di Francesco e soprattutto al suo pensiero di emergere con una semplicità che si rivela come saggezza nel leggere la contemporaneità alla luce dell'autenticità del Vangelo.
Non a caso Wenders apre con le immagini di Assisi e ritorna in più occasioni sulla vita di quel rivoluzionario (parola che non bisogna temere, dice Bergoglio) di cui questo 266esimo pontefice ha assunto per la prima volta il nome. Francesco (questo Wenders non lo dice) invitava i suoi confratelli a leggere il vangelo 'sine glossa', cioè letteralmente. Questo significa per Francesco leggerlo alla luce di quella 'povertà' di cui il santo di Assisi fu propugnatore (a differenza di come vorrebbero i cosiddetti integralisti che si appropriano della parola di Dio pretendendo invece di aderirvi).
Papa Francesco, nei colloqui e nel materiale di repertorio, affronta un'ampia gamma di temi senza mai sottrarsi e facendo della chiarezza delle posizioni assunte nelle varie materie, un punto di forza. Che però non si traduce mai in chiusura o in rifiuto del dialogo. Wenders lo sottolinea mostrando la molteplicità dei consessi internazionali e delle visite pastorali che alterna ai colloqui in cui il pontefice, guardando negli occhi l'interlocutore ma anche lo spettatore, ci conferma ogni volta che la fede (come affermava un altro importante sacerdote, David Maria Turoldo) non la si propaganda ma la si vive e se la si vive si propaganda da sé. Si leggono nel suo sguardo e nel suo sorriso la fede profonda nel Figlio dell'Uomo Gesù Cristo che vede però presente non solo nei riti ma soprattutto nell'umanità e in particolare in quella più vessata e privata della propria dignità.
Nella lingua spagnola (idioma materno per Jorge Bergoglio) esiste la definizione di 'hombre vertical' per indicare un uomo tutto d'un pezzo. Papa Francesco, come ce lo propone Wenders, sa essere così senza mai dimenticare però quella misericordia che è stata al centro del Giubileo straordinario da lui indetto e tenutosi tra il dicembre 2015 e il novembre 2016. Perché l'assenza di misericordia significa soffocamento della speranza in un mondo più giusto e quindi più vicino alla Giustizia. Che per Francesco origina da un Dio che non fa distinzioni nell'indicare nell'attenzione agli ultimi la via maestra. Una strada, questa, che può e deve essere percorsa sia che si sia credenti che atei con, in più, per cattolici, sacerdoti o laici che siano, la consapevolezza che non si possono servire due padroni: Dio e il denaro. Come questo papa, francescano di nome e di fatto, non smette di ricordare.
Jorge Mario Bergoglio, papa Francesco, è un perfetto personaggio da film. Letti in questa chiave sono presenti alcuni dei modelli più cari al cinema: l'eroe, il rivoluzionario, e ancora, l'uomo amato dai buoni e odiato dai cattivi. Certo sono definizioni e sintesi estreme, quasi da strillo di magazine, ma presentano una certa sostanza. Eroe: non servono altre spiegazioni, lo è, contorni ce ne sono molti. Rivoluzionario: anche a quel lemma non servono parole, un concetto meno da cinema potrebbe essere riformatore, ma mi sembra... debole. "Amato e odiato": si possono edulcorare gli aggettivi, ma anche quel concetto sta nei fatti.
Questo papa divide. Un film c'è già stato, Chiamatemi Francesco, di Daniele Luchetti del 2015. Opera di fiction, corretta. Ma adesso a raccontare il Bergoglio sta arrivando il film Papa Francesco - Un uomo la sua parola, firmato da un autore fuoriclasse, Wim Wenders.
Il significato è rilevante. I due personaggi. Wenders: il regista tedesco non è un cattolico, dunque una fonte super partes, grazie a una formazione che rappresenta un unicum. In altri termini: se il tedesco ti fornisce una lettura, ci sono molte possibilità che sia, oltre che corretta, anche portatrice di indicazioni che sorpassano il documento, utili - e lo dico con piccolo paradosso - persino a Bergoglio. Dicendo "unicum" alludo alla vocazione del regista, capace di combinare una chimica non semplice: la cultura tedesca a quella latina. Wenders è figlio dunque di quella cultura che ha dominato in Europa nella prima metà del Novecento. Alludo alla magnifica Scuola di Weimar che aveva re-inventato, magari inventato, alcuni codici fondamentali del teatro, del cinema e delle arti figurative. Wenders ha poi integrato studiando cinema, arte, letteratura, nei maggiori istituti, a Parigi e a Berlino.
È nato nell'agosto del '45, così si è lasciato alle spalle la guerra innescata da quel regime, ne ha preso le distanze, come a dire "io non c'entro", poi ha studiato cinema e pittura e 'nel corso del tempo' (un suo titolo) è diventato, secondo mia discrezione, il più grande regista dell'era recente. Anzi "regista" è riduttivo, perché il tedesco sa scrivere da scrittore, progettare da architetto e altro ancora, conseguendo una serie di lauree honoris causa davvero non formali.
La sua "cultura latina" viene dichiarata in titoli come Lisbon Story, o Buena Vista Social Club, sulla musica cubana, Il sale della terra, sul fotografo brasiliano Sebastião Salgado. E dunque niente di strano che a un certo punto si sia interessato a un argentino, a uno che conta, che sta cambiando tante cose. Bergoglio è certo il papa del popolo. L'uomo che telefona ai fedeli, è infastidito dall'oro, non abita in 800 metri quadrati, si porta la sua valigetta, entra a comprare in un negozio. Sono alcune istantanee che fanno parte della sua leggenda popolare, momenti di superficie, perché poi c'è la sua azione sulla Chiesa, improntata a una revisione quasi violenta. Un segnale, in questo senso, certo non banale, è il crocefisso con falce e martello che il papa accettò da Evo Morales presidente della Bolivia. Poi ci sono "i sotterranei del Vaticano" per dirla alla André Gide, con la parte ortodossa di porporati che rema contro, mettiamola così. Ma c'è un altro tedesco, Ratzinger, che ha scritto una lettera in soccorso del "collega". Peccato non ci sia stata prima, Wenders l'avrebbe "letta" alla sua maniera.
L'opera di Wenders non è un biopic, ma un viaggio insieme. L'obbiettivo è una soggettiva sul mondo. E sugli occhi del pontefice secondo l'autore che certo sa stare al suo posto, ma mettendoci il suo linguaggio. Il tedesco non è intimorito dalla portata degli argomenti globali di Bergoglio che predilige il passaparola piuttosto che i documenti, che si intrattiene, senza fretta, ma per conoscere in profondità, con operai, contadini, bambini, anziani, rifugiati, "ultimi", e che continua a tornare nelle sue favelas, vere o figurate. Poi c'è l'altra faccia della medaglia, quella istituzionale, che mostra il papa nei suoi viaggi, quando parla alle Nazioni Unite e al Congresso degli Stati Uniti, mentre si raccoglie nel lutto per i morti a Ground Zero o presso lo Yad Vashem, il monumento in memoria dell'Olocausto. E poi si rivolge ai carcerati e ai rifugiati nei campi africani, visita la Terra Santa, tutta: Palestina e Israele.
Ed ecco il tema che più gli sta a cuore, le differenze, le ingiustizie sociali che nelle epoche, nelle evoluzioni, nel progresso, si sono accentuate invece che avvicinarsi. E dunque ecco il dolore per la condizione dei poveri. Non ignora, Bergoglio, le tematiche ambientali, e costante e trasversale è il richiamo di pace nelle aree delle guerre e fra le diverse fedi religiose. Anche san Francesco viene evocato, colui che ha dato il nome al pontefice. In un momento di crisi profonda della politica e del potere, Bergoglio pone se stesso come modello, si comporta secondo le sua predica. E tutti lo hanno capito, di tutte le etnie, religioni e culture. E Wenders ci mette quel sortilegio di interpretazione e di estetica che rilancia i contenuti. Come un'opera impressionista.
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Wim Wenders presenta un ritratto di papa Francesco che mette in evidenza le sue posizioni nette, forti sulle varie questioni dell’uomo. Utilizza in modo magistrale repertorio raccolto dall’immenso archivio della tv vaticana e una serie di interviste fatte da lui stesso al pontefice per ricostruire i 5 anni di pontificati rivoluzionari, portando avanti il parallelismo con san Francesco, [...] Vai alla recensione »
Davvero difficile classificare il percorso di Wim Wenders. Il regista, celebrato in tutto il mondo, ha fatto film bellissimi, ma da anni ormai alterna opere di finzione insipide a documentari senz'anima. Come se fosse ormai andato in pensione, ma si fosse dimenticato di smettere di fare film. L'opportunità di espandere la superficie della sua filmografia è arrivata con questo film su commissione che [...] Vai alla recensione »