Da La morte corre sul fiume a Dietro lo specchio, ecco quattro grandi classici a cui si ispira il claustrofobico e opprimente lavoro di M. Night Shyamalan.
di Andreina Di Sanzo
M. Night Shyamalan continua a sorprendere con il claustrofobico e opprimente Split. Dopo anni di delusioni nel 2015 era tornato, consolandoci, con The Visit, minimale e angosciante con classico colpo di scena che sin dall'inizio ha caratterizzato lo stile del regista.
Split nel suo genere (ma quale?) è un piccolo gioiello, attraverso una tematica affrontata in molti film è incentrato sulla psicopatologia di un protagonista frammentato e composto.
Kevin che soffre di personalità multipla - nella fattispecie ne ha ben 23 - rapisce tre ragazze e le rinchiude in un bunker, pian piano le tre conoscerrano le varie personalità del maniaco, talmente ingombranti, da fargli cambiare anche l'aspetto fisico. Giocando con la commistione di generi e il continuo cambio di registro, Shyamalan costruisce un film che in qualche modo omaggia il culto del genere e, se forse questa operazione oggi è spesso troppo ricalcata, Split è un film che non si autocompiace ma nel suo essere asfissiante mira al ludico.
Grazie all'input che un film come Split non cessa di dare, ripercorriamo alcuni grandi classici del cinema che si soffermano sui disturbi mentali.
Capolavoro e unico film da regista di Charles Laughton, La morte corre sul fiume, Night of the Hunter in originale, vede come protagonista un inquietante Robert Mitchum, in una delle sue interpretazioni più magistrali, nei panni di un pastore protestante visibilmente perverso.
Harry Powell (Mitchum) rinchiuso in prigione scopre da un compagno di cella dove si trova il bottino della sua ultima rapina, raggiunge la famiglia del compagno ma intuisce che i detentori del segreto sono proprio i due bambini. Da qui l'inizio di un incubo: un crescendo di follia che man mano viene fuori dal pastore che ha come unico obiettivo di appropriarsi del tesoro e uccidere i bambini.
Attraverso sequenze memorabili come quella del cadavere fluttuante sott'acqua e la costruzioni di quadri sempre perfetti che omaggiano il grande cinema espressionista, Laughton porta sullo schermo uno degli psicopatici più terribili di sempre. Su tutte, di sublime bellezza, la sequenza dei due bambini che attraversano il fiume di notte. Poesia di follia, amore e odio.
Parafrasando Godard, quando si parla di Nicholas Ray si parla di Cinema. Dietro lo specchio narra la storia di una personalità che muta, trasformando il protagonista in un altro diventando così, pian piano folle e spietato.
Ed Avery (James Mason) è un insegnante che scopre di essere affetto da una forma grave di artrite, gli viene prescritta una massiccia dose di cortisone da prendere giornalmente e che avrà conseguenze terribili. Ed inizierà a sviluppare ossessioni e manie che lo porteranno a minacciare addirittura la vita del figlio.
Attraverso una serie di quadri iperrealistici ed eccessivi, Nicholas Ray è l'autore di un film che trasborda dallo schermo cinematografico come la stessa personalità mutante del protagonista, il rosso è il colore predominante, quasi a cristallizzare quell'eccedenza di cui il film si fa metafora. Quello di Dietro lo specchio è un dramma sopra le righe che mette in mostra la fragilità di un'apparente famigliola felice della media borghesia dove tutto può rimanere soffocato e invisibile, come dietro a uno specchio. Perfetto James Mason. La follia ai tempi del cortisone.
È l'occhio che uccide, la macchina da presa e perciò il cinema. Ancora. Tra i film più teorici e oggetto di attenzione da parte degli studiosi di sempre, L'occhio che uccide parte da genere per poi sconfinare nella teoria.
Mark Lewis è un operatore cinematografico che realizza anche foto di nudo per arrotondare. Una serie di delitti di modelle rimandano proprio a lui. Dopo un'infanzia travagliata, usato come cavia da laboratorio per alcuni esperimenti del padre che lo filmava in continuazione, Mark ha sviluppato una pulsione scopica sregolata che lo porta ad un voyeurismo perverso e smodato tanto da riprendere con la macchina da presa (usata anche come arma) la morte delle sue vittime.
Michael Powell ha dato vita a un labirinto pieno di rimandi e riflessioni sul mezzo, imprescindibile per chi ama il genere ma anche fondamentale per la rifrazione che parte dal genere e giunge al cuore di una domanda "che cos'è il cinema?". Teoria sulla follia cinematografica.
Forse il più vicino per quanto riguarda il disturbo trattato da Split ma anche grande omaggio a Peeping Tom, Psycho e altri lavori dello stesso regista, Doppia personalità di Brian De Palma si colloca tra i principali film che trattano del disturbo della personalità multipla.
Carter Nix (John Lithgow), psicologo dei bambini, rapisce figli di amici per sottoporli a oscuri esperimenti, il tutto suggerito da un misterioso e sconosciuto fratello.
Se la poetica di De Palma, frequentatore assiduo del tema del doppio, in questo caso mette in risalto l'altra faccia della personalità di ognuno e quindi l'eterno dilemma tra bene e male, Doppia Personalità mostra anche di essere un film autoironico e a tratti grottesco. De Palma non si prende così sul serio, conserva come sempre quel tocco di evasione ironica che gli permette di poter rendere grottesca e bizzarra anche la composizione estetica come gioco sottaciuto e di grande consapevolezza. Follia tragicomica.