
Titolo originale | Night of the Hunter |
Anno | 1955 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | USA |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Charles Laughton |
Attori | Robert Mitchum, Shelley Winters, Peter Graves, Lillian Gish, Evelyn Varden . |
Uscita | lunedì 7 novembre 2016 |
Tag | Da vedere 1955 |
Distribuzione | Cineteca di Bologna |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 4,02 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 6 luglio 2017
Harry Powell, pastore protestante, uccide alcune vedove per denaro. Uccide anche Willa Harper, ma i suoi due figlioletti gli danno filo da torcere. In Italia al Box Office La morte corre sul fiume ha incassato 37,9 mila euro .
ASSOLUTAMENTE SÌ
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Harry Powell, in prigione per un furto d'auto, viene a sapere dal suo compagno di cella, che è stato condannato a morte, dell'esistenza del bottino della sua ultima rapina. Il denaro è stato nascosto da qualche parte presso la sua abitazione. Una volta uscito dal carcere Powell, che non smette mai di esibire la propria professione di pastore protestante, raggiunge Willa, la vedova dell'uomo, la sposa e cerca di scoprire dove si trovano i soldi. Il segreto però è custodito dai due figli piccoli. Powell inizia a perseguitarli ed avendo già ucciso delle donne per impossessarsi dei loro averi, pensa di liberarsi della donna per avere maggiore possibilità di intimorire i bambini.
Charles Laughton alla sua opera prima (ed unica) come regista fa centro realizzando un film che, nonostante l'insuccesso commerciale, è destinato a divenire un cult. Siamo nel 1955 e l'attore/regista rievoca, sulla base di una sceneggiatura di James Agee che si ispira al romanzo di Davis Grubb, il periodo della Depressione in cui l'incertezza sul presente e sul futuro regna sovrana. L'unico appiglio è dato dalla fede che può essere trasmessa con atti di vero altruismo da una donna come Rachel Cooper (interpretata da una solida Lilian Gish) oppure piegata alle più basse intenzioni da uomini come il reverendo Powell.
Laughton trova in Robert Mitchum un interprete straordinario che colloca il personaggio alle stesse altezze di perversione psicologica di un Norman Bates. Powell, sulle cui dita sono scritte le parole amore ed odio, sa come affascinare le persone con un eloquio apparentemente colto e una straordinaria capacità di suscitare timore ed attrazione. Laughton però non si limita solo a sfruttare queste doti interpretative (i due bambini sono altrettanto abili nel tenergli testa rimanendo credibili nella loro infantile alternanza di tenacia e paura) ed opera anche sul piano della fotografia. Stanley Cortez (che aveva lavorato per Orson Welles in L'orgoglio degli Amberson e che torna qui ad utilizzare la tecnica dell'iride) non si limita ad omaggiare le luci ed ombre contrastanti dell'espressionismo ma ci regala una sequenza in cui vediamo un cadavere fluttuare nell'acqua del fiume quasi si trattasse di un incubo artisticamente allucinante.
Le donne e le masse non sembrano godere della stima di Laughton. La constatazione della sciocchezza femminile viene ripetuta e solo Rachel sembra salvarsi dalla classificazione. Anche le masse però si trovano ad agire irrazionalmente. Chi si era fatto sedurre dalle parole suadenti di Powell ed era caduto in una sorta di adorazione (portata all'estremo, anche se non concretizzata, dalla ragazza che si prostituisce) è altrettanto pronta al linciaggio scatenando un livello di violenza collettiva che lascia pensare al fatto che un po' della malvagità del reverendo sia anche suo appannaggio.
C'è poi, sottolineatura forse ancor più disturbante per il pubblico dell'epoca, una riflessione sulla sessualità che in tempi di Codice Hays ancora operativo, si può considerare coraggiosa. Powell soggioga le sue vittime con una violenza sottile e pervasiva ma si astiene dal sesso. Anche da quello coniugale rivelandosi come un sessuofobo che basta a se stesso. Il moralismo ipocrita era servito.
Unica regia dell’attore Charles Laughton, La morte corre sul fiume è un film che esalta la forza ipnotica, magica, creatrice del cinema, ed è un’opera composita, “polifonica” (S. Daney), che fonde culture, fonti e generi diversi, come la fiaba classica, il fantastico, il gotico, l’espressionismo, il surrealismo, il noir, il thriller, riferimenti biblici, letture psicanalitiche. È un film ricco di simboli, visionario, notturno, sospeso tra il meraviglioso e l’orrore visti come inseparabili facce di una stessa medaglia, quella del mondo trasfigurato attraverso gli occhi, la mente, l’immaginazione dei bambini. È un incubo infantile, viaggiante sul doppio binario della storia nera e del racconto fiabesco. È un’opera sull’infanzia vista come baluardo di resistenza alla violenza, alla ferocia, alla crudeltà degli uomini. Segue un percorso di formazione, quello di John, che riesce a crescere solo nel momento in cui si distacca dalla figura e dal ricordo del padre naturale. Ed è un film sui rapporti tra bambini e adulti, tra figli e genitori: abbiamo due padri, il padre naturale (morto, assente, o presente solo come ricordo) e il padre adottivo, Powell (l’orco delle favole), entrambi figure negative, criminali; e abbiamo due madri, la madre naturale (la vittima sacrificale) e l’anziana Rachel, il solo personaggio adulto totalmente positivo (la fata delle fiabe). Uno dei fulcri del film è la rappresentazione della lotta tra Bene e Male, tradotta visivamente con lo scontro espressionista tra luci e ombre, che contribuiscono a creare la dimensione fantastica che domina il film, accentuata da natura e animali (la fuga notturna lungo il fiume). Il film è anche un attacco al fanatismo, al fondamentalismo, al moralismo intollerante. La narrazione ha un andamento sciolto, libero, procede non secondo consequenzialità logica, bensì seguendo un percorso poetico, metaforico.
Harry Powell, pastore protestante, uccide alcune vedove per denaro. Uccide anche Willa Harper, ma i suoi due figlioletti gli danno filo da torcere. Riescono a fuggire da lui allontanandosi sul fiume con una barca. In loro soccorso giunge una cara vecchietta, Rachel, che dà rifugio ai bambini abbandonati. Grande fiaba orrorifica, più per atmosfera che per scene violente, resa convincente da una regia secca e originale. Harry come orco, Rachel come fata e i due fratelli come Hansel e Gretel. La fotografia in bianco e nero di Stanley Cortez è una festa per gli occhi. Le inquadrature grazie alle luci maniacalmente posizionate sono una rilettura dell'espressionismo. Stupenda la sequenza in cui il vecchio scopre il cadavere di Willa, interpretata volutamente sopra le righe da Shelley Winters. La donna è legata alla guida dell'auto sul fondo del fiume e i suoi capelli lunghi si confondono con le alghe. Prima e unica regia dell'attore Charles Laughton che, con grande misoginia, mostra quasi tutte le figure femminili come ingenue e stupide. Si salva solo Rachel, interpretata da una grande Lillian Gish. Atto d'accusa contro il fanatismo nella religione cristiana e i falsi profeti, con riferimento al sud degli Stati Uniti. Forse la più grande e sfaccettata interpretazione di Mitchum, che sette anni dopo, ne Il promontorio della paura, si calerà in un personaggio molto simile. Tratto dal romanzo di Davis Grubb e girato in poco più di un mese. Laughton, a causa dell'insuccesso commerciale, non poté realizzare la sua trasposizione de Il nudo e il morto di Mailer. Oggetto di culto di molti cinefili è citato apertamente da Neil Jordan nel suo In compagnia dei lupi.