Anno | 2016 |
Genere | Biografico, Drammatico, Storico |
Produzione | Cambogia |
Regia di | Rithy Panh |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,75 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 16 maggio 2016
Il regista alle prese con la sua storia e le atrocità del regime cambogiano.
CONSIGLIATO SÌ
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Il dolore per la perdita di una famiglia e di una patria, cancellate dalla furia distruttrice di Pol Pot, è nuovamente al centro della riflessione di Rithy Panh e assume la forma onirica di una visualizzazione di immagini allegoriche in una stanza irreale.
L'effetto lasciato, anche a distanza di anni, dalla visione de L'immagine mancante di Rithy Panh, e più in generale dalla filmografia del regista (si veda lo scioccante S21: La macchina di morte dei Khmer Rossi), quasi interamente dedicata alla rielaborazione della tragedia cambogiana, è persistente, come un dolore che non si può sopprimere. Uno dei molti meriti dell'opera di Panh è quello di aver riaperto una ferita troppo profonda per essere dimenticata e archiviata come semplice (e tragico) avvenimento storico. Quanto messo in opera dagli Khmer rossi di Pol Pot resta il più terribile esperimento di esasperazione rivoluzionaria, condotto sulla carne viva di un popolo incapace di esprimere parere contrario o di qualunque forma di opposizione. Con il recente La France est notre patrie Panh ha affrontato un altro tema, quello del colonialismo francese in Indocina, utilizzando la sua particolare forma di documentario, dominato da un testo recitato in voce over, che procede in accordo con le immagini di repertorio che vengono montate.
Rispetto a questa possibile apertura di una nuova fase nella filmografia del regista cambogiano, Exil sembra quasi una sorta di passo indietro, sia da un punto di vista tematico che da quello artistico. Sul piano tematico è infatti difficile vedere Exil come qualcosa più di un appendice a L'immagine mancante. Se è vero che l'elaborazione di un lutto simile è per definizione qualcosa che non avrà mai fine, è altresì inevitabile suscitare una sensazione di loop dopo l'ennesima opera dedicata alla medesima vicenda. La tecnica di affidare i propri pensieri alla voce dell'attore Randal Douc rappresenta una continuità dichiarata con L'immagine mancante, così come i pensieri di Mao o Robespierre sulla rivoluzione, riportati per aumentare il contrasto tra significato e significante, alla luce di quanto compiuto da Pol Pot. Dove quindi Exil rappresenta uno scarto e non una semplice appendice rispetto a L'immagine mancante? Nella rappresentazione di questo dolore, o meglio nella sostituzione dell'immagine "mancante" - e destinata a mancare per sempre. Laddove nell'opera precedente Panh si affidava a modellini di argilla e diorami, qui sceglie un set simile all'installazione di un museo. Una capanna abitata da un giovane, destinata volta per volta a ospitare i ricordi di quel che gli Khmer rossi hanno cancellato per sempre o gli avanzi di cibo che si era obbligati a mangiare sotto la Kampuchea Democratica; o ancora malauguranti uccelli di carta che addensano il cielo, mentre le poche immagini dei lavori forzati dei prigionieri sotto Pol Pot - sostanzialmente analoghe a quelle viste nei film precedenti - vengono proiettate sulle pareti o in una bacinella d'acqua.
Complice il ricorso a effetti digitali di scarsa qualità, l'effetto - da un punto di vista squisitamente estetico - assomiglia più a un documentario di History Channel che a un lungometraggio cinematografico, laddove L'immagine mancante stupiva per la sensibilità finissima della rappresentazione di una tragedia che ha annientato ogni sensibilità. L'empatia per l'esilio di Panh rimane infinita, a prescindere dal post scriptum per completisti di Exil.