Titolo originale | L'image manquante |
Anno | 2013 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Cambogia |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Rithy Panh |
Attori | Randal Douc . |
Uscita | giovedì 4 dicembre 2014 |
Tag | Da vedere 2013 |
Distribuzione | Movies Inspired |
MYmonetro | 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 10 dicembre 2014
Piccoli pupazzi d'argilla sostituiscono un'immagine che manca nella memoria e nella Storia. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Premi Oscar, 1 candidatura agli European Film Awards,
CONSIGLIATO SÌ
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Aveva solo nove anni Rithy Panh, documentarista cambogiano, quando i Khmer Rossi entrarono a Phnom Penh, 'riformando' la sua vita e trasformando in incubo il suo sogno di bambino. Figlio di un insegnante e di una madre amorevole, Rithy Panh era parte di una famiglia numerosa e di una città piena di vita, profumi, canzoni, cinema e colori, almeno fino al 17 aprile del 1975, quando le truppe rosse di Pol Pot marciarono sulla capitale spegnendone memoria e ispirazione, deportandone gli abitanti e imponendo il socialismo reale, un impasto di utopia, violenza e ottusità burocratica. Un'ideale di liberazione degli uomini si era rovesciata nel suo contrario, impedendo la fuga in una dimensione altra e personale.
Costrizione e oppressione avevano soffocato la libera narrazione che ciascuno può produrre rispetto a un mondo che non gli piace, mutuando il pensiero in slogan. Come un'onda, visualizzata nel documentario e rifrangente sugli occhi dello spettatore, torna nella vita del regista quell'infanzia esiliata e negata nella Cambogia rurale, dove Rithy Panh perde per fame, malattia e dignità (il padre si lascerà morire) la sua famiglia. Sopravvissuto alla natura, ai suoi aguzzini, ai genitori, ai fratelli, alle sorelle, ai cugini e a tutto il dolore sopportabile, ha bisogno di raccontare la sua storia e il cinema diventa mezzo e strumento analitico per accedere all'immagine mancante, quella del titolo, quella di un popolo confinato in un mondo incolore, privato del nome, spogliato del pensiero e fornito di cucchiaio, falce e martello. Sotto una bandiera che riproduceva edifici industriali e ordinati campi di riso, Rithy Panh trascorre quattro anni della sua vita, sopportando con il suo popolo ogni genere di sopruso.
Di quella sopraffazione ci dice L'image manquante, plasmando letteralmente dalla terra rossa le 'figure' di un passato ancora prossimo che annullò il (suo) mondo reale. Ricomposta la memoria in statuine lavorate e dipinte a mano, Rithy Panh le organizza in quadri, vere e proprie stazioni che raffigurano la 'passione' e il martirio di un popolo. Dentro un film, che combina acqua, terra, sangue e ricordi, l'autore 'mette in forma' il genocidio cambogiano e produce l'immagine negata che ha inghiottito un terzo della sua gente tra il 1975 e il 1979.
Da quel "mondo surreale", che presentava "l'inefficienza, la povertà e la violenza come bene supremo", emerge il ricordo di un popolo a cui l'autore restituisce ordine e pace. Collocato il dramma privato e collettivo in un luogo che doppia quello del trauma, Rithy Panh può finalmente raccontarlo, immaginarlo e attribuirgli un senso, attraverso un approccio narrativo 'figurativo' e alternativo.
L'IMMAGINE MANCANTE disponibile in DVD o BluRay |
DVD |
BLU-RAY |
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€12,99 | – | |||
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Il film ripercorre i terribili anni dal 1975 al 1979 che videro la Cambogia sconvolta dall'atroce dittatura di Pol Pot e dei suoi Khmer rossi. Il regista Panh è stato suo malgrado testimone di quanto accaduto in Cambogia. Non solo ha dovuto passare gran parte del tempo ai lavori forzati ma ha dovuto assistere alla morte di tutti i suoi familiari.
Una pellicola mediale, mediata, ipermediata. Un’opera che mette in scena l’interdizione. Un’opera che racconta il genocidio cambogiano degli anni 70, in una prospettiva tanto intimistica, quanto storiografica. Scritto e diretto da Rithy Panh, regista cambogiano che trasla sullo schermo il dramma che ha squarciato la sua memoria, tentando di recuperare, tra le fratture, l’immagine [...] Vai alla recensione »
Una rielaborazione in due sensi, quello personale e quello linguistico, nel momento in cui il cinema si impadronisce di un linguaggio ad esso complementare (mi riferisco alle marionette inventate dal regista con echi, qualche volta, dell’ormai lontanissimo « Addio, mia concubina ». Sembrerebbe, comunque, un film che riesce dove, a giudizio di chi scrive, aveva fallito [...] Vai alla recensione »