Franco Maresco dirige da mesi, forse da anni, un film su Berlusconi non meglio definito. Solo che non dà più notizie di sé. L'amico Tatti Sanguineti parte per Palermo in missione per conto del cinema, in cerca del regista. Critico, storico della settima arte e del costume, autore televisivo, guastatore in un sacco di occasioni pubbliche e private, o nei film di Nanni Moretti, Tatti sbarca nel capoluogo siciliano dalla sua città, Savona, ed è un po' disorientato. Quindi insieme a lui lo spettatore ricompone il girato di Franco, la frequentazione con l'impresario Ciccio Mira, che conduce trasmissioni su una tv privata dove si dà spazio agli "ospiti dello Stato" dell'Ucciardone e organizza spettacoli al Brancaccio, con giovani neomelodici che sotto le finestre di qualche pezzo grosso della mafia cantano del loro voler essere «come Berlusconi».
Ecco: nonostante questo lungo accenno di trama, Belluscone - Una storia siciliana (disponibile su MYmovieslive da oggi in streaming on demand per gli utenti UNLIMITED e lunedì 16 febbraio per gli utenti FREE) di Franco Maresco non si può raccontare ma solo guardare, o forse solo condividere. Un pezzo di cinema non identificato, sebbene si sia cercato, per terminarlo dopo che era sembrato un progetto destinato a non finire mai, di dargli una struttura da noir antico, un po' Chandler un po' Quarto potere, con un detective sgarrupato sulle tracce di un latitante che poi è il regista... Corto circuito sublime in mezzo a materiali assemblati in un disordine apparente, testimonianza delle varie anime di un'opera che voleva essere dedicata ai presunti rapporti tra Berlusconi e la mafia di Stefano Bontate, nei primi anni 70, e invece nel corso del tempo è diventato immersione nell'antropologia ormai schizofrenica di una città, di una terra, ma per estensione del Paese tutto, un'Italia neotelevisiva senza più corpi né umori, senza più autenticità.
Ho visto solo dopo Belluscone - Una storia siciliana il precedente lavoro di Maresco, il primo senza l'abituale socio Daniele Ciprì, Io sono Tony Scott, ovvero come l'Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz (2010): sembrano uno la metamorfosi nell'altro. Il documentario biografico sul jazzista italoamericano racconta dell'impossibilità di "fare arte" di un personaggio dallo straordinario talento (e forse c'è un briciolo della stessa impossibilità anche nella figura di Franco che scompare, non si trova più, gira a vuoto per anni...). Soprattutto, Tony Scott è il film su un linguaggio, quello del jazz, che poi viene applicato a Belluscone - Una storia siciliana. Lo spiega lo stesso Maresco: «Il soggetto del film si è spostato. C'è uno spostamento. Perché dopo una partenza, che è durata alcuni mesi, per cui il soggetto era Berlusconi, successivamente il soggetto è diventato Belluscone - Una storia siciliana. E questo spostamento, anche letterale, che se fossimo in musica diremmo spostamento d'accento, naturalmente sposta il senso (...). Per dirla come si diceva nel linguaggio del jazz di tanti anni fa, di quando insomma i musicisti improvvisavano su una canzone, improvvisavano su quello che nel linguaggio tecnico degli appassionati si chiama standard. Alla fine, senza fare confronti, se uno pensa, non so, a un Charlie Parker, questo prende uno standard e poi su quegli accordi, o su quelli di base, ne aggiunge altri diecimila, e diecimila altre sfasature, ritmiche, armoniche. E diventa un'altra cosa. Berlusconi o Belluscone - Una storia siciliana è una canzone, uno standard» (da un intervista di Alberto Momo, "Il manifesto", 20/09/2014).
A pensarci, quindi, l'apparente sgangheratezza di Belluscone - Una storia siciliana rende la struttura cinematografica ancora più sapiente, complessa, folgorante. Una neomelodia sperimentale, ma da gustare prima di tutto con gli occhi.

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