Anno | 2013 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 72 minuti |
Regia di | Corrado Punzi |
Attori | Fresia Cea Villalobos, Maria Paz Venturelli, Marta Vignola . |
Tag | Da vedere 2013 |
MYmonetro | 3,39 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 24 marzo 2015
CONSIGLIATO SÌ
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1973: Omar Venturelli, 31 anni, italiano in Cile, ex sacerdote militante per Cristiani per il socialismo, scompare, come molti altri, dopo la carcerazione seguita al colpo di stato che depone Allende e instaura la dittatura militare di Pinochet. Fresia, che ha sposato Omar dopo che lui aveva abbandonato la chiesa, da allora chiede giustizia e verità, affiancata solo dalla figlia Pacita. L'occasione di ottenerle si presenta quando nel 2008 Alfonso Podlech, procuratore militare durante quel periodo nefasto, viene arrestato all'aeroporto di Madrid, estradato e processato in Italia. Tra il 2009 e il 2011, nel processo che si celebra a Roma, una degli avvocati è la giovane Marta Vignola. Marta conobbe Fresia nella regione di Temuco presso il Centro de las mujeres, una Ong fondata e diretta dalla donna per istruire altre donne alla consapevolezza emotiva e politica. Molti momenti di quell'esperienza in cui evidentemente Marta ha trovato un esempio da seguire sono ricordati da video amatoriali girati nel 2002: immagini che restituiscono situazioni di socializzazione, festa, discussione, ma anche riprese di manifestazioni in piazza a ricordare i desaparecidos.
Prodotto da Marco Bechis, autore di Garage Olimpo e Figli - Hijos (2001), memorabili denunce dei crimini della dittatura argentina, Fresia ha una qualità rara: la capacità di trasmettere significati ed emozioni senza urlarle, senza evidenziarle con dialoghi illustrativi o effetti sonori o visivi spettacolari. Avendo dalla sua parte una protagonista dalla dignità eccezionale, ne sfrutta a pieno il potenziale, senza mai scadere nell'(auto)commiserazione. L'ingiustizia è un peso che Fresia, "presunta vedova", ha dovuto imparare a portare con un decoro ammirevole (emblematica la sua frase: "dover respirare la stessa aria che respirano i tuoi torturatori è una tortura in più"), e ciò emerge in ogni inquadratura, anche nei momenti più tragici, come la lettura della sentenza o la fase acuta della malattia.
Decidendo di riprendere - anche qui, in maniera assolutamente discreta, anti-spettacolare - la parte lesa (madre e figlia) e l'imputato nella stessa aula di tribunale, Punzi eleva a tema del proprio film l'insostenibile contiguità tra vittima e carnefice - parallela alla reale società cilena, in cui i colpevoli non riconosciuti come tali conducono la stessa vita di chi ha perso un familiare - e il dilemma morale del perdono. Qualcosa che Fresia - in quanto seguace della teologia della liberazione - dichiara di non poter concepire, in assenza di una richiesta specifica da parte di chi le ha fatto del male.
L'elemento privatissimo del dolore intimo, finanche fisico, e quello storico-politico, dei crimini commessi e mai pagati contro gli oppositori dei regimi autoritari, s'incontrano senza mai escludersi l'un l'altro in un racconto di equilibrata potenza.