nick simon
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mercoledì 17 luglio 2013
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glorioso e sfavillante ritorno alle origini
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Una vera dichiarazione d'amore per la settima arte quella di Martin Scorsese, che racconta le avventure del piccolo Hugo Cabret (Asa Butterfield), orfano nella Parigi degli anni '30. Intelligente e determinato, vive nascosto nella stazione di Montparnasse; è alla disperata ricerca del messaggio nascosto in un automa meccanico, unico ricordo di suo padre. Fondamentale per lui sarà l'incontro con Georges Méliès, celebre cineasta francese interpretato dal sempre carismatico Ben Kingsley. Inizia così un emozionante percorso alla (ri)scoperta del cinema delle origini, visto attraverso gli occhi di Hugo e della sua amica Isabelle (Chloë Moretz).
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Una vera dichiarazione d'amore per la settima arte quella di Martin Scorsese, che racconta le avventure del piccolo Hugo Cabret (Asa Butterfield), orfano nella Parigi degli anni '30. Intelligente e determinato, vive nascosto nella stazione di Montparnasse; è alla disperata ricerca del messaggio nascosto in un automa meccanico, unico ricordo di suo padre. Fondamentale per lui sarà l'incontro con Georges Méliès, celebre cineasta francese interpretato dal sempre carismatico Ben Kingsley. Inizia così un emozionante percorso alla (ri)scoperta del cinema delle origini, visto attraverso gli occhi di Hugo e della sua amica Isabelle (Chloë Moretz). Un appassionato tributo che si realizza attraverso numerosissime citazioni, e soprattutto tramite il divertito stupore dei due ragazzini davanti al grande spettacolo cinematografico. Impossibile non notare, nel tema principale ma più precisamente in alcune inquadrature, una marcata somiglianza con "Nuovo Cinema Paradiso". Il film è pervaso da una sottile malinconia: essa accompagna le storie di Hugo e Méliès, che tuttavia si rivelano entusiasmanti nel complesso. Toni più leggeri e attimi di ilarità grazie a Sacha Baron Cohen, nei panni del goffo capostazione a caccia di orfanelli (e di donne). Nel cast anche Emily Mortimer e l'ottimo Michael Stuhlbarg. Brevissima apparizione di Jude Law nel ruolo dell'adorato papà di Hugo. Prodotto perfetto dal punto di vista tecnico e audio-visivo (svariati riconoscimenti tra cui 5 Oscar in questo settore). La stazione di Parigi è ricostruita in una creazione affascinante e fumosa; la colonna sonora meritava qualcosa in più nella stagione dei premi. Qualche leggero ritocco nei toni, nel ritmo e nell'impianto narrativo, e magari saremmo qui a parlare di un capolavoro. Martin Scorsese elogia il cinema come veicolo di sogni e fantasie, creatore di mondi fantastici in cui lo spettatore viene piacevolmente trascinato. La pellicola suona come un glorioso e cinefilo ricordo di ciò che è stato, ma non solo: attraverso la figura del cineasta Méliès, che crede di essere ormai dimenticato, Scorsese esprime il desiderio che la gioia dello spettacolo risplenda per sempre.
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asdrubale03
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lunedì 24 giugno 2013
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zzzzz!!!!!!
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[+] forse c'è un collegamento....
(di zoltan73)
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marce84
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martedì 11 giugno 2013
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hugo: la magia del cinema
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Il film intreccia più piani: c'è la storia di Hugo, orfano con l'obiettivo di riparare un automa, unica cosa lasciatagli dal padre; c'è Isabelle, ragazzina sveglia e intelligente, con la passione dei libri e tanta voglia di vita e di avventura, c'è papà George, un tempo esuberante, ora deluso e vinto dalla vita. E poi c'è il tema dei due ragazzini che cercano il loro posto nel mondo (Hugo fa il paragone con le macchine dove tutti i pezzi servono per il funzionamento generale), il tema del cinema come avventura e come sogno, l’omaggio a Melies. Tutto il film è una grande celebrazione del cinema, come luogo del fantastico e invita lo spettatore a ritrovare lo stupore e l'ingenuità che si ritrovano in chi guardava i primi film, come fossero ragazzini alle prime visioni cinematografiche.
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Il film intreccia più piani: c'è la storia di Hugo, orfano con l'obiettivo di riparare un automa, unica cosa lasciatagli dal padre; c'è Isabelle, ragazzina sveglia e intelligente, con la passione dei libri e tanta voglia di vita e di avventura, c'è papà George, un tempo esuberante, ora deluso e vinto dalla vita. E poi c'è il tema dei due ragazzini che cercano il loro posto nel mondo (Hugo fa il paragone con le macchine dove tutti i pezzi servono per il funzionamento generale), il tema del cinema come avventura e come sogno, l’omaggio a Melies. Tutto il film è una grande celebrazione del cinema, come luogo del fantastico e invita lo spettatore a ritrovare lo stupore e l'ingenuità che si ritrovano in chi guardava i primi film, come fossero ragazzini alle prime visioni cinematografiche. Scorsese lo fa capire in tutti i modi, utilizzando anche una scenografia che cerca in tutti i modi di colpire, di emozionare, a volte anche di esagerare. E vi riesce benissimo. Alla fine del film ritroverete un'energia positiva e ritroverete, da qualche parte dentro di voi, quella parte di bambino che sa ancora emozionarsi e vivere le esperienze con la genuinità e la semplicità di una volta. Oltre che un amore per il cinema e la voglia di divorare storie e fantasie, come solo la "settima arte" sa raccontare. VOTO 8
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jacopo b98
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mercoledì 1 maggio 2013
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hugo: il capolavoro di scorsese
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Parigi, inizio degli anni ’30. Hugo vive nella stazione di Montparnasse dove, all’insaputa di tutti, ha sostituito lo zio nel ruolo di tecnico orologiaio. Il ragazzino ruba numerosi pezzi di giocattoli per aggiustare un automa, che è convinto porti un messaggio del padre morto in un incendio. Colto in flagrante mentre cerca di rubare un topolino a molla, fa conoscenza del burbero giocattolaio che, dopo molte vicissitudini, scoprirà essere Georges Méliès, grande pioniere del cinema. Tratto dal romanzo di Brian Selznick, è semplice far l’errore di considerarlo un film per bambini, cosa che non è. È un omaggio ad una passione: il cinema; un grandioso monumento visivo che omaggia Méliès e il suo modo di fare cinema.
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Parigi, inizio degli anni ’30. Hugo vive nella stazione di Montparnasse dove, all’insaputa di tutti, ha sostituito lo zio nel ruolo di tecnico orologiaio. Il ragazzino ruba numerosi pezzi di giocattoli per aggiustare un automa, che è convinto porti un messaggio del padre morto in un incendio. Colto in flagrante mentre cerca di rubare un topolino a molla, fa conoscenza del burbero giocattolaio che, dopo molte vicissitudini, scoprirà essere Georges Méliès, grande pioniere del cinema. Tratto dal romanzo di Brian Selznick, è semplice far l’errore di considerarlo un film per bambini, cosa che non è. È un omaggio ad una passione: il cinema; un grandioso monumento visivo che omaggia Méliès e il suo modo di fare cinema. La sceneggiatura di John Logan dà al film un ritmo lento che per un bambino può essere sinonimo di noioso, ma che agli appassionati di cinema regala due ore di incanto silenzioso che ci permette, forse, anche di ridiventare bambini. Non solo cinema, non solo fiaba, ma un inno alla vita, allo stare insieme, alla famiglia e alla potenza del cinema (vedi il sogno di Hugo). Visivamente impressionante grazie soprattutto alle scenografie di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, agli effetti speciali di Rob Legato ed ad un ottimo 3D; il film non si dimentica. Tutti gli attori sono bravi e funzionali, con una menzione particolare almeno a Baron Cohen, divertentissimo nella parte del reduce ispettore ferroviario con la gamba finta, e ai due bambini, che lasciano senza parole e potrebbero essere delle promesse per gli anni a venire). Undici nomination agli Oscar tra cui miglior film e regia e cinque statuette: fotografia, scenografie, sonoro, montaggio sonoro ed effetti speciali. Golden Globe alla miglior regia.
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onufrio
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domenica 21 aprile 2013
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il "secondo" padre del cinema
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Hugo Cabret è un ragazzino che si aggira tra i cunicoli dei numerosi ingranaggi degli orologi presso la stazione di Parigi, orfano dei genitori, ha solo un unico ricordo lasciatogli dal padre, un automa, al quale i due vi stavano lavorando per farlo ritornare funzionale, per questo a Hugo servono degli ingranaggi,e perciò si reca furtivamente da un negozio di giocattoli e robe varie tenute da Padre George, un anziano signore.. signore che dopo numerosi furti riesce a sorprenderlo, gli sottrae tutte le cose da lui rubate sin qui, e pure un libretto lasciatogli dal padre, quel libretto sarà il filo d'unione tra il bambino e padre George e darà inizio ad un percorso di ricostruzione che andrà a toccare nientemeno che le origini del cinema, ed il passato di padre George.
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Hugo Cabret è un ragazzino che si aggira tra i cunicoli dei numerosi ingranaggi degli orologi presso la stazione di Parigi, orfano dei genitori, ha solo un unico ricordo lasciatogli dal padre, un automa, al quale i due vi stavano lavorando per farlo ritornare funzionale, per questo a Hugo servono degli ingranaggi,e perciò si reca furtivamente da un negozio di giocattoli e robe varie tenute da Padre George, un anziano signore.. signore che dopo numerosi furti riesce a sorprenderlo, gli sottrae tutte le cose da lui rubate sin qui, e pure un libretto lasciatogli dal padre, quel libretto sarà il filo d'unione tra il bambino e padre George e darà inizio ad un percorso di ricostruzione che andrà a toccare nientemeno che le origini del cinema, ed il passato di padre George. Scorsese non delude mai le aspettative, il film è un piacere per gli occhi e per la mente.
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minnie
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lunedì 25 marzo 2013
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che meraviglia!
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Ho visto questo film con colpevole ritardo, l'ho visto venerdì 23 marzo 2013 quando il Bifest di Bari, splendidamente orchestrato da Felice Laudadio e Ettore Scola che hanno fatto di Bari una capitale del Cinema, ha scelto la pellicola di Scorsese per omaggiare lo scenografo più volte premio Oscar Dante Ferretti. Ebbene, innanzitutto devo dire che il 3D si gode appieno su un maxischermo e quello del Petruzzelli è ottimo: ma poi che meraviglia vedere il 3D al servizio di una storia bella, commovente, esaltante, come quella delle origini del Cinema. Il film supera il libro decisamente proprio perché anche il libro, sebbene ottimamente disegnato, è già un omaggio al cinema, apettava solo Scorsese.
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Ho visto questo film con colpevole ritardo, l'ho visto venerdì 23 marzo 2013 quando il Bifest di Bari, splendidamente orchestrato da Felice Laudadio e Ettore Scola che hanno fatto di Bari una capitale del Cinema, ha scelto la pellicola di Scorsese per omaggiare lo scenografo più volte premio Oscar Dante Ferretti. Ebbene, innanzitutto devo dire che il 3D si gode appieno su un maxischermo e quello del Petruzzelli è ottimo: ma poi che meraviglia vedere il 3D al servizio di una storia bella, commovente, esaltante, come quella delle origini del Cinema. Il film supera il libro decisamente proprio perché anche il libro, sebbene ottimamente disegnato, è già un omaggio al cinema, apettava solo Scorsese...quando poi al cinema vedi nevicare davvero, vedi perfino il pulviscolo dell'aria, la magia è completa. Si tratta di entrare in un'altra dimensione, quella fantastica del sogno e che sogno! Allora, questo film è imperdibile per tutti coloro che amano: il giusto riconoscimento del merito seppur tardivo (nella figura di Georges Meliès), i cani (splendidi protagonisti), gli adolescenti, i libri (la biblioteca nazionale di Parigi è proprio lei, non è ricostruita come tutto il resto peraltro ricostruito alla perfezione!), le stazioni, il cinema ovviamente e la saccenteria tipica di certe ragazzine. E' un film meraviglioso, grazie al Bifest per avermelo regalato!
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tom87
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giovedì 14 marzo 2013
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il cinema tra sogni e memoria
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L’amore di Scorsese per il cinema rappresentato in un incantevole film (il suo 1° in 3D) che omaggia un pioniere della 7^ arte e della fascinazione cinematografica: George Méliès. Il film, una toccante opera di bellezza inventiva e poesia suggestiva, tratto dal romanzo illustrato di Brian Selznick, ha molti meccanismi che funzionano a dovere: dalla ricchezza di allusioni e citazioni, agli ottimi attori; dalle romantiche musiche, all’innaturale fotografia che impreziosisce la maestosa scenografia di Ferretti; dalle funamboliche inquadrature e gli elaborati piani sequenza della regia, all’intero apparato visivo e sonoro. Tutto è reso immaginifico e fiabesco.
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L’amore di Scorsese per il cinema rappresentato in un incantevole film (il suo 1° in 3D) che omaggia un pioniere della 7^ arte e della fascinazione cinematografica: George Méliès. Il film, una toccante opera di bellezza inventiva e poesia suggestiva, tratto dal romanzo illustrato di Brian Selznick, ha molti meccanismi che funzionano a dovere: dalla ricchezza di allusioni e citazioni, agli ottimi attori; dalle romantiche musiche, all’innaturale fotografia che impreziosisce la maestosa scenografia di Ferretti; dalle funamboliche inquadrature e gli elaborati piani sequenza della regia, all’intero apparato visivo e sonoro. Tutto è reso immaginifico e fiabesco. Il film, però, non è solo un piacere per gli occhi, ma soprattutto per il cuore e la mente. Certo efficace è l’uso del 3D perché funzionale al racconto, allo spettacolo, e all’aspetto tematico (l’esaltazione della magia illusionistica del cinema), ma ancora più interessante è ciò che l’opera esprime. Attraverso un colto gioco cinefilo rivolto a giovani e vecchie generazioni, Scorsese ricostruisce e offre la sua idea di cinema: per lui è forma che prendono i sogni e lente sulla realtà. Arte suprema e forte veicolo comunicativo di emozioni e riflessioni. Fonte di spettacolo e mezzo culturale. Mescolando filmati d’archivio e immaginazioni narrative e visive, il regista fonde la memoria storica con i sogni e rivela l’utilità del cinema. Come Méliès nel film anche noi spettatori abbiamo perso oggi la capacità di stupirci e entusiasmarci. Abbiamo perso la giusta idea di visione di un film, quel restare incantati e rapiti da esso proprio come fanno i piccoli protagonisti davanti la visione de “L’arrivo di un treno nella stazione di La Ciotat”. Per questo è giusto accogliere l’invito del film: se i sogni e la memoria del tempo passato possono aiutarci a riscoprire il valore dell’uomo e dell’esistenza, allora non dobbiamo far altro che abbandonarci ad essi. L’opera ci ricorda che chi perde la sua storia (e nel cinema è racchiusa la Storia umana) perde anche il suo futuro. Bisogna recuperare il passato e se possibile servirsene per illuminare il futuro. Nel rapporto Méliès anziano e Hugo bambino si riflette questo legame metaforico: quello del passato con il futuro, dell’uno che non può vivere senza l’altro. E’ grazie a Hugo se la rassegnazione di un Méliès che si culla nell’oblio, ritrova la passione per il cinema; ed è grazie a lui se il bambino ne scopre la magia. Il loro punto d’incontro è raffigurato dall’automa: esso come il cinema è mezzo d’illusioni che permette di realizzare sogni o confortare ricordi; ma è anche allegoria dell’uomo come parte di un meccanismo, che si può rompere ma anche riparare. Su questa linea tematica si muove anche Scorsese, il quale in un’opera che recupera i film di Lumière ma viene girata in 3D, fonde passato e futuro ed esalta ingegno e potenzialità umane. L’invenzione del cinematografo non riflette la meraviglia dell’ingegno umano? Le illusioni ottiche di Méliès non ne sono l’ennesima prova? “Hugo Cabret” può così inneggiare, alla fine, al potere dell’uomo. Trasmettendoci la forza del sentimento e la fiducia in se stessi, esprime proprio la lotta che ogni individuo dovrebbe compiere per trovare il suo posto nel mondo e per rendere questo mondo un bel posto per lui. E in questa lotta venir aiutato dalla forza dei sogni da una parte e dal valore della memoria del passato dall’altra. Gli unici mezzi che ridanno un senso a ciò che si è e alla propria vita...
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matteo manganelli
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lunedì 18 febbraio 2013
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goffo omaggio digitalizzato
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La vecchiaia è una brutta bestia, mio caro Scorsese, che in vita tua non eri mai sceso a compromessi e giustamente avevi fatto sempre il cazzo che ti pareva, invece di venderti, come altri colleghi illustri come Spielberg. Premessa: ho letto anche il libro, ma non avendo minimamente le qualità per giudicarlo oggettivamente mi limiterò a dire che l'ho trovato vuoto, tedioso e inutilmente pretenzioso. Questi 3 aggettivi si riflettono in pieno anche sulla pellicola, confermando ancora che l'Academy è una mafia sconfinata, perchè non si può dare l'Oscar per la fotografia a questo inutile plasticone digitalizzato.
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La vecchiaia è una brutta bestia, mio caro Scorsese, che in vita tua non eri mai sceso a compromessi e giustamente avevi fatto sempre il cazzo che ti pareva, invece di venderti, come altri colleghi illustri come Spielberg. Premessa: ho letto anche il libro, ma non avendo minimamente le qualità per giudicarlo oggettivamente mi limiterò a dire che l'ho trovato vuoto, tedioso e inutilmente pretenzioso. Questi 3 aggettivi si riflettono in pieno anche sulla pellicola, confermando ancora che l'Academy è una mafia sconfinata, perchè non si può dare l'Oscar per la fotografia a questo inutile plasticone digitalizzato. Meritato invece quello per la scenografia. Hugo, che poi non è altro che un neo Oliver Twist, è il mezzo che Scorsese ha utilizzato per omaggiare il cinema delle origini di Melies, figura ovviamente sconosciuta al 95% del pubblico che ha visto il film. Studiando cinema io facevo parte del restante 5%, eppure, se davvero questa opera vuole essere un tentativo di omaggiare il cinema, è pietosa. E allora mascheriamola come un dramma infantile, su un piccolo bambino orfano, che trova una famiglia nuova, usiamo il digitale fino alla nausea e trasformiamo una stazione dei treni nel paese delle meraviglie. Leggendo alcune recensioni ho letto che la regia è l'unica che si salva; a mio parere nemmeno quella. E' un film diretto male, in modo svogliato, montato come un videoclip musicale e recitato peggio che mai (Dio santo, ma dove lo hanno trovato quel bambino? L'automa recita meglio di lui!). Come se tutto questo non bastasse il film dura 127 minuti, che sembrano essere il doppio (meglio del Valium, però). Porcata da evitare come la peste bubbonica.
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picassa
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martedì 5 febbraio 2013
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mi sono addormentata
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una serie di siparietti che vorrebbero essere comici ma non lo sono, una delusione
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eugenio
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giovedì 17 gennaio 2013
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il fanciullino nascosto
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Una pellicola in grado di rievocare il fanciullino che risiede nelle pieghe più inaspettate del nostro animo umano. Cosi’ in sintesi puo’ riassumersi, Hugo Cabret, recente vincitore di 5 Oscar (tra
cui uno alla scenografia ad opera degli italiani Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo) dell'americano Scorsese, in questa occasione regista di una storia dal sapore fortemente dickensiano. I riferimenti sono abbastanza evidenti: l'orfano spigliato e inventivo che vive relegato tra le mura di una stazione ferroviaria parigina di fine anni 30 (il Montparnasse) alla ricerca di un misterioso segreto lasciatogli dal padre prima di morire (che rubacchia qua e là cibo e
componenti meccaniche), un arcigno tutore della legge e del benessere cittadino, ferito di guerra e accompagnato dal (cattivissimo.
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Una pellicola in grado di rievocare il fanciullino che risiede nelle pieghe più inaspettate del nostro animo umano. Cosi’ in sintesi puo’ riassumersi, Hugo Cabret, recente vincitore di 5 Oscar (tra
cui uno alla scenografia ad opera degli italiani Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo) dell'americano Scorsese, in questa occasione regista di una storia dal sapore fortemente dickensiano. I riferimenti sono abbastanza evidenti: l'orfano spigliato e inventivo che vive relegato tra le mura di una stazione ferroviaria parigina di fine anni 30 (il Montparnasse) alla ricerca di un misterioso segreto lasciatogli dal padre prima di morire (che rubacchia qua e là cibo e
componenti meccaniche), un arcigno tutore della legge e del benessere cittadino, ferito di guerra e accompagnato dal (cattivissimo..ovviamente) dobermann, uno strano proprietario di un negozio di giocattoli e una verbosa e solitaria ragazzina amante dei libri sino alla follia, figlia adottiva del burbero gestore.
Gli ingredienti ci sono tutti con una ricetta abbastanza nota. In una Parigi quasi gotica sfumata e polverosa con le sue locomotive sbuffanti, i suoi avventori, le straduzze e i vicoletti dai reconditi
segreti, il vivace ragazzino rimarrà coinvolto in una drammatica avventura dalla quale rimarrà profondamente segnato, cambiando nel bene e nel male il suo destino e quello di coloro che diventeranno i suoi amici più cari e al termine di tutto una famiglia....
E' facile fare critica su questo film che si mostra "indifeso" da ogni lato: sentimentalismo ai limiti del melenso, buonismo, eccessivo semplicismo, avventura edulcorata e infantile in alcuni dialoghi,
staticità dei coprimari, critica dickensiana, scene già viste ma non importa.
Il messaggio profondo c'e' e si sente in ogni sua inquadratura: difficile rimanere impassibili dinanzi alla fotografia di una città incantata, impossibile non stupirsi alla figura dello strano automa
grigiastro,ultimo ricordo del padre, che azionato con una chiave a forma di cuore inizia a disegnare su un pezzo di carta come un essere pensante...ed infine la ricerca, la molla di ogni scintilla di vita,
la curiosità insita in ogni cuore. Qualcosa che va al di là dei dialoghi, oltre i limiti dell'immaginazione, al cuore pulsante del cinema... l'atmosfera, l'affetto e soprattutto "qualcosa" che ancora alberga in noi condividendo "l'appartamento del nostro animo". Il suo nome è Fantasia (con la F maiuscola per intenderci) e il suo più degno rappresentante è il cinema: impariamo a ricordarci di lei qualche volta...
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