paolo bisi
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martedì 7 febbraio 2012
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il film più maturo mai girato in 3d
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XX secolo, stazione di Parigi. Il piccolo Hugo, rimasto solo dopo la morte dei genitori, vive dietro i macchinari degli orologi che ha imparato a sistemare grazie agli insegnamenti dello zio. Non gli rimane nulla per cui vivere, se non un piccolo robot meccanico, l'unica cosa che gli aveva lasciato il padre prima di morire. Quando il proprietario del negozio di giocattoli della stazione sottrae a Hugo il taccuino contenente le istruzioni per sistemare l'automa, il bambino fa di tutto per recuperarlo. Fa amicizia con la figlia adottiva del giocattolaio, Isabelle, una bambina come lui in cerca di avventure e di qualcosa in cui credere. Grazie a questa intensa unione, i due ragazzini riusciranno ad aggiustare l'automa e decifrare il messaggio contenuto dentro di esso: il padre adottivo di Isabelle in realtà è Georges Melies, uno dei più importanti personaggi della storia del cinema.
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XX secolo, stazione di Parigi. Il piccolo Hugo, rimasto solo dopo la morte dei genitori, vive dietro i macchinari degli orologi che ha imparato a sistemare grazie agli insegnamenti dello zio. Non gli rimane nulla per cui vivere, se non un piccolo robot meccanico, l'unica cosa che gli aveva lasciato il padre prima di morire. Quando il proprietario del negozio di giocattoli della stazione sottrae a Hugo il taccuino contenente le istruzioni per sistemare l'automa, il bambino fa di tutto per recuperarlo. Fa amicizia con la figlia adottiva del giocattolaio, Isabelle, una bambina come lui in cerca di avventure e di qualcosa in cui credere. Grazie a questa intensa unione, i due ragazzini riusciranno ad aggiustare l'automa e decifrare il messaggio contenuto dentro di esso: il padre adottivo di Isabelle in realtà è Georges Melies, uno dei più importanti personaggi della storia del cinema. Dopo decenni di carriera ad altissimo livello, Martin Scorsese ha deciso di cimentarsi per la prima volta con le nuove tecniche del 3D. Il risultato è qualcosa di sensazionale: un punto di rottura, una svolta nella storia moderna del cinema. Nessuno prima del regista americano era stato capace di concepire un film basato totalmente sulle nuove tecniche, ogni singola inquadratura si adatta perfettamente alla magia delle tre dimensioni, grazie ad una fotografia indimenticabile, probabilmente la migliore in 3D vista fino ad oggi. Oltre all'aspetto tecnologico, senza dubbio il più impressionante ed importante, è da sottolineare anche l'originalità e la magia della trama: una storia per tutte le età, con un omaggio tenero e commovente per un personaggio che ha fatto la storia del cinema. Strepitosi gli attori, tra i quali emerge ancora una volta in maniera netta Ben Kingsley, straordinario nella parte di Georges Melies. Indimenticabili le figure di contorno, come l'ispettore della stazione (un omaggio fantastico al cinema delle origini) e il bibliotecario, e tutti i piccoli particolari che arricchiscono il film in ogni sua singola scena. Per questa sua capacità di fondere elementi dei primi anni del cinema con le tecniche più moderne, unite ad una trama fantastica, appassionante e mai vista prima, Hugo entra nella schiera dei migliori film del terzo millennio, occupando probabilmente un posto fondamentale per il futuro del cinema.
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writer58
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sabato 18 febbraio 2012
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l'automa e la luna
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Partiamo dalla fine, quando il titolare del negozio di giocattoli della stazione di Montparnasse si palesa come George Meliès, uno dei primi e più geniali registi della storia del cinema. Ex mago e illusionista, Meliès riusciva a trasporre nelle sue pellicole l'universo surreale, colorato e fantastico che ricreava nei teatri quando si esibiva nei suoi spettacoli di prestidigitazione. E' un cinema popolato da scheletri danzanti, razzi che volano sulla faccia della luna e la colpiscono in un occhio, diavoli armati di tridente e corna che spuntano dalle fauci di una fiera gigantesca,ambienti sottomarini dove improbabili pesci danzanti puntano verso un attore vestito elegantemente con un completo bianco, personaggi seduti su falci di luna e stelle comete che paiono tratte da un presepe di cartapesta.
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Partiamo dalla fine, quando il titolare del negozio di giocattoli della stazione di Montparnasse si palesa come George Meliès, uno dei primi e più geniali registi della storia del cinema. Ex mago e illusionista, Meliès riusciva a trasporre nelle sue pellicole l'universo surreale, colorato e fantastico che ricreava nei teatri quando si esibiva nei suoi spettacoli di prestidigitazione. E' un cinema popolato da scheletri danzanti, razzi che volano sulla faccia della luna e la colpiscono in un occhio, diavoli armati di tridente e corna che spuntano dalle fauci di una fiera gigantesca,ambienti sottomarini dove improbabili pesci danzanti puntano verso un attore vestito elegantemente con un completo bianco, personaggi seduti su falci di luna e stelle comete che paiono tratte da un presepe di cartapesta. E' un tripudio di forme e archetipi fantastici, di effetti speciali (Meliès inventò la dissolvenza, l'esposizione multipla, il montaggio), di colorate e dinamiche allegorie dell'inconscio.
Hugo Cabret è un bambino orfano che vive nella stazione ferroviaria e si dedica alla riparazione del grande orologio di Montparnasse. Ha ereditato da suo padre un automa la cui funzione è sconosciuta, fino a quando riesce a trovare una chiave di accesso che lo anima e lo rivela come uno degli ingegnosi congegni di Meliès. Il rapporto tra i due, inizialmente tempestoso e basato sul rifiuto da parte dell'anziano, diventerà una sorta di iniziazione spirituale per Hugo e una rinascita per il regista che, in un momento di sconforto, aveva distrutto tutte le sue opere.
"Hugo Cabret" ha l'andamento di una fiaba antica, con personaggi che sembrano usciti da una scatola di giocattoli degli anni '20: il poliziotto, la fioraia, la signora col cane, i passanti della stazione sembrano soldatini di piombo animati, che interagiscono tra di loro mediante un repertorio di possibilità limitate e prestabilite. Lo stesso rapporto tra Hugo e la figlia adottiva di Meliès appare mutuato da una favola: due minuti di diffidenza iniziale e poi una solida complicità che li porta a svelare la vera identità del giocattolaio.
Non è sul piano della trama, della verosimiglianza narrativa,tuttavia, che va cercato il punto di forza del film. "Hugo Cabret" è un omaggio alla dimensione fantastica del cinema degli esordi e dell'espressione creativa. La tecnologia 3 D esalta questa scelta, conferendo una profondità onirica persino agli ingranaggi degli orologi e dei congegni meccanici.
Sotto questo aspetto, l'ultimo film di Scorsese appare un lavoro eccellente e si discosta in modo significativo dalla produzione recente dell'autore che rappresenta, con la sua versatilità e la sua maestria, uno dei più grandi registi viventi.
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marezia
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domenica 12 febbraio 2012
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il 3d come non l'avevate mai visto...
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Difficile dire se sia emozionante o no, suggestivo o no, in una parola, se sia UN FILM A CUI LE GENERAZIONI GUARDERANNO COME UN PUNTO DI RIFERIMENTO (come è successo per "E.T.") ma una cosa è certa: LA SUA QUALITA' e in un'epoca di squallore diffuso non è poco. In un'epoca di piccoli, piccolissimi ideali veicolati in modo pomposo e a volte spocchioso oppure volgare e meschino LA DELICATEZZA E' PLATINO, NON ORO. "Hugo Cabret" (da vedere ASSOLUTAMENTE in 3D) è non solo un omaggio al Cinema e alla sua storia ma anche un tentativo di raccontare la vita intesa come ricerca del proprio posto nel mondo; come dice Hugo (un Asa Butterfield INCREDIBILE), del proprio fine, come ogni elemento dell'immenso meccanismo che è il mondo.
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Difficile dire se sia emozionante o no, suggestivo o no, in una parola, se sia UN FILM A CUI LE GENERAZIONI GUARDERANNO COME UN PUNTO DI RIFERIMENTO (come è successo per "E.T.") ma una cosa è certa: LA SUA QUALITA' e in un'epoca di squallore diffuso non è poco. In un'epoca di piccoli, piccolissimi ideali veicolati in modo pomposo e a volte spocchioso oppure volgare e meschino LA DELICATEZZA E' PLATINO, NON ORO. "Hugo Cabret" (da vedere ASSOLUTAMENTE in 3D) è non solo un omaggio al Cinema e alla sua storia ma anche un tentativo di raccontare la vita intesa come ricerca del proprio posto nel mondo; come dice Hugo (un Asa Butterfield INCREDIBILE), del proprio fine, come ogni elemento dell'immenso meccanismo che è il mondo. Ed è il COME a diventare un film nel film. UN 3D COME QUESTO vale sì un Oscar e non solo nelle sequenze in movimento ma anche in quelle in cui la dimensione fantastica del racconto se ne serve per rendere l'idea di uno slittamento verso il sublime. Si tratta di un film che ha tante componenti che lo rendono semplice e complesso allo stesso tempo, tanto da non poter essere tagliato con l'accetta, esattamente come "The Artist" che però, ed è questa la differenza, ha un'idea di fondo più unica che rara ed è per questa ASSOLUTA ORIGINALITA' che ritengo che l'Academy dovrebbe premiare IL GIOIELLO di Hazanavicius come merita. Come? Facendogli vincere TUTTO, perché TUTTO è stato pensato come un omaggio al Cinema. Un Cinema dal fascino senza età.
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m.barenghi
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lunedì 6 febbraio 2012
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...a lezione di cinema, in tutti i sensi!
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Storia magica di un ragazzino orfano di padre, che gli ha lasciato -oltre alla passione per la meccanica- un automa capace di disegnare la scena dell'atterraggio di un'astronave nell'occhio destro della luna, con tanto di firma: GEORGES MELIES. Magica è anche la scena in cui,una volta riparato l'automa e inserita la chiave d'accesso, il disegno si concretizza. La componente metalinguistica è fortissima, e numerosi gli omaggi ai grandi maestri (tutti pertinenti! A partire da un Harold Lloyd appeso all'orologio, che verrà rifilmato de novo nelle sequenze finali): si tratta in sostanza di una grandissima professione d'amore da parte di Scorsese per quel cinema che l'ha ammaliato fin da ragazzino: e non a caso di questa malia è ritenuto principale indiziato proprio Melies -interpretato qui da un Ben Kingsley ottimo come al solito-, il padre del cinema "fantastico", che non a caso fu soprannominato "l'inventore di sogni".
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Storia magica di un ragazzino orfano di padre, che gli ha lasciato -oltre alla passione per la meccanica- un automa capace di disegnare la scena dell'atterraggio di un'astronave nell'occhio destro della luna, con tanto di firma: GEORGES MELIES. Magica è anche la scena in cui,una volta riparato l'automa e inserita la chiave d'accesso, il disegno si concretizza. La componente metalinguistica è fortissima, e numerosi gli omaggi ai grandi maestri (tutti pertinenti! A partire da un Harold Lloyd appeso all'orologio, che verrà rifilmato de novo nelle sequenze finali): si tratta in sostanza di una grandissima professione d'amore da parte di Scorsese per quel cinema che l'ha ammaliato fin da ragazzino: e non a caso di questa malia è ritenuto principale indiziato proprio Melies -interpretato qui da un Ben Kingsley ottimo come al solito-, il padre del cinema "fantastico", che non a caso fu soprannominato "l'inventore di sogni". E' vero che a tratti la sceneggiatura scivola un po' nel melenso, in armonia con il timbro dickensiano della storia. Il che stona un po' con lo Scorsese che siamo abituati a frequentare. Ma la maestria del regista esplode già fin dal vertiginoso piano-sequenza iniziale, che da solo vale il prezzo del biglietto d'ingresso: si passa in continuum da un volo en plein air nel cielo di Parigi all'interno di una stazione (che è il vero teatro di posa del film, dove abita Hugo) dove la camera effettua una rapida scorribanda lungo un intero binario sopra le teste delle numerose persone che affollano il marciapiede, per decollare ancora di colpo -una volta giunti nella hall- verso le ore "4" di un enorme orologio a muro, dietro al quale si trova il faccino del protagonista, sul quale finalmente la macchina si ferma in primo piano. Come biglietto da visita non c'è male, veramente!
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alessandro venier
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giovedì 9 febbraio 2012
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il capolavoro di martin scorsese
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Ci sono alcuni film destinati a rimanere impressi nel cuore e nella mente.
La storia del piccolo Hugo che, dopo la morte del padre (la madre era già deceduta qualche tempo prima), si trasferisce assieme allo zio nella stazione dei treni di Parigi. Qui, anche dopo la scomparsa del suo ultimo parente, continua ad occuparsi della manutenzione degli orologi. Come il padre, anche Hugo possiede abilità nel riparare congegni metallici e, nel tempo libero, cerca di assemblare un automa ereditato dal genitore. Legame ultimo del loro splendido rapporto, l'automa nasconde un piccolo mistero.
Nella stazione di Parigi transitano migliaia di persone e, tra queste, un anziano giocattolaio è legato indissolubilmente, all'automa.
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Ci sono alcuni film destinati a rimanere impressi nel cuore e nella mente.
La storia del piccolo Hugo che, dopo la morte del padre (la madre era già deceduta qualche tempo prima), si trasferisce assieme allo zio nella stazione dei treni di Parigi. Qui, anche dopo la scomparsa del suo ultimo parente, continua ad occuparsi della manutenzione degli orologi. Come il padre, anche Hugo possiede abilità nel riparare congegni metallici e, nel tempo libero, cerca di assemblare un automa ereditato dal genitore. Legame ultimo del loro splendido rapporto, l'automa nasconde un piccolo mistero.
Nella stazione di Parigi transitano migliaia di persone e, tra queste, un anziano giocattolaio è legato indissolubilmente, all'automa. Sarà proprio Hugo a risvegliare il suo entusiasmo, attraverso il ricordo di un passato magico e colmo di avventure.
Favola per grandi e piccini. Storia profonda animata da un romanticismo puro. Film che guarda al glorioso passato del cinema e ne recupera l'innata natura: il desiderio di sorprendere, l'ambizione di viaggiare in mondi meravigliosi e l'incredibile potere di far sognare il pubblico.
Scorsese conosce il cinema e lo ama. In questo suo omaggio al grande Méliès (ma di fatto a tutti i cineasti), raggiunge l'apice della sua produzione. E' un film sorprendente, ricco e incredibilmente suggestivo. Capace di commuovere con classe e amore.
Il 3D ci guida meravigliosamente in questo universo.
Capolavoro.
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osteriacinematografo
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mercoledì 8 febbraio 2012
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magico omaggio a un pioniere del cinema
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Martin Scorsese omaggia la storia del cinema con un’opera fantastica come il personaggio cui è dedicata.
Parigi, anni 30.
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Martin Scorsese omaggia la storia del cinema con un’opera fantastica come il personaggio cui è dedicata.
Parigi, anni 30. Hugo Cabret è un orfano che vive nella stazione di Montparnasse. Si occupa segretamente del funzionamento degli orologi, conosce ogni minimo recesso del luogo e scruta – imboscato dietro le quinte- i comportamenti e la routine delle persone nel modo che solo i bambini sanno .
Hugo vive per uno scopo preciso: aggiustare un automa su cui suo padre lavorava prima di morire, nella ferma convinzione che questo contenga un messaggio per lui. Nel perseguire tale fine, l’audace bambino deve confrontarsi con un misterioso e cupo giocattolaio (un sublime Ben Kingsley) che gli sottrae il taccuino paterno, con la figlia adottiva di lui, Isabelle, che diverrà sua complice, con l’Ispettore Gustav, che sarà sempre sulle sue tracce, in modo goffo ma ostinato.
Il film di Scorsese è un immane ingranaggio tecnologico le cui componenti oniriche collimano e funzionano insieme. La stazione di Montparnasse è una babilonia di personaggi eccentrici e simbolici e di percorsi che s’intersecano in un sistema concatenato; le atmosfere magiche e surreali delle architetture a vapore che si snodano fra vorticose scalinate, l’immensa biblioteca, i sotterranei e le serpeggianti rotaie rappresentano l’insieme di spiragli attraverso cui i bambini intravedono i sogni che il cinema incarna.
“Mi pace immaginare che il mondo sia un unico grande meccanismo. Sai, le macchine non hanno pezzi in più. Hanno esattamente il numero e il tipo di pezzi che servono. Così io penso che se il mondo è una grande macchina, io devo essere qui per qualche motivo. E anche tu.” – dice Hugo ad Isabelle dietro le lancette di un orologio gigante.
Quel motivo è il motore del film, perché rappresenta una delle ruote dentate necessarie al meccanismo narrativo, che servirà poi ad azionare in successione altri ingranaggi, a rimettere in funzione una macchina da presa dimenticata, a riscoprire un geniale maestro del cinema dietro il triste giocattolaio, ad “aggiustare” il passato di Georges Meliès, un vero pioniere del cinematografo.
Hugo ed Isabelle scopriranno così lo stupore e la meraviglia delle origini cinematografiche, e in quel mondo d’immaginazione tradurranno il loro scopo.
Un amante del cinema come Martin Scorsese può permettersi un’opera simile: egli sperimenta il 3D e le virtuosità tecniche che lo stesso consente per riportare in auge colui che inventò gli effetti speciali, il capostipite del cinema fantastico – e non credo sia un caso.
La curiosità e l’ingegno di un ragazzino, e un robot, che rappresenta l’oggetto di quella curiosità, sono gli strumenti attraverso cui il regista newyorkese recupera il passato d’artista di George Meliès, parafrasando con il giusto tributo di fantasia gli avvenimenti reali: effettivamente, a cavallo degli anni 30, un giornalista di nome Leòn Druhot, direttore del Cine-Journàl, scovò George Meliès in un chiosco di dolci e giocattoli della stazione di Paris-Montparnasse, rivalutandone la figura e valorizzando il suo talento, conferendogli il ruolo di progenitore –assieme ai Lumière- di quella che rimane ancora oggi una macchina di sogni.
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tom87
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giovedì 14 marzo 2013
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il cinema tra sogni e memoria
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L’amore di Scorsese per il cinema rappresentato in un incantevole film (il suo 1° in 3D) che omaggia un pioniere della 7^ arte e della fascinazione cinematografica: George Méliès. Il film, una toccante opera di bellezza inventiva e poesia suggestiva, tratto dal romanzo illustrato di Brian Selznick, ha molti meccanismi che funzionano a dovere: dalla ricchezza di allusioni e citazioni, agli ottimi attori; dalle romantiche musiche, all’innaturale fotografia che impreziosisce la maestosa scenografia di Ferretti; dalle funamboliche inquadrature e gli elaborati piani sequenza della regia, all’intero apparato visivo e sonoro. Tutto è reso immaginifico e fiabesco.
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L’amore di Scorsese per il cinema rappresentato in un incantevole film (il suo 1° in 3D) che omaggia un pioniere della 7^ arte e della fascinazione cinematografica: George Méliès. Il film, una toccante opera di bellezza inventiva e poesia suggestiva, tratto dal romanzo illustrato di Brian Selznick, ha molti meccanismi che funzionano a dovere: dalla ricchezza di allusioni e citazioni, agli ottimi attori; dalle romantiche musiche, all’innaturale fotografia che impreziosisce la maestosa scenografia di Ferretti; dalle funamboliche inquadrature e gli elaborati piani sequenza della regia, all’intero apparato visivo e sonoro. Tutto è reso immaginifico e fiabesco. Il film, però, non è solo un piacere per gli occhi, ma soprattutto per il cuore e la mente. Certo efficace è l’uso del 3D perché funzionale al racconto, allo spettacolo, e all’aspetto tematico (l’esaltazione della magia illusionistica del cinema), ma ancora più interessante è ciò che l’opera esprime. Attraverso un colto gioco cinefilo rivolto a giovani e vecchie generazioni, Scorsese ricostruisce e offre la sua idea di cinema: per lui è forma che prendono i sogni e lente sulla realtà. Arte suprema e forte veicolo comunicativo di emozioni e riflessioni. Fonte di spettacolo e mezzo culturale. Mescolando filmati d’archivio e immaginazioni narrative e visive, il regista fonde la memoria storica con i sogni e rivela l’utilità del cinema. Come Méliès nel film anche noi spettatori abbiamo perso oggi la capacità di stupirci e entusiasmarci. Abbiamo perso la giusta idea di visione di un film, quel restare incantati e rapiti da esso proprio come fanno i piccoli protagonisti davanti la visione de “L’arrivo di un treno nella stazione di La Ciotat”. Per questo è giusto accogliere l’invito del film: se i sogni e la memoria del tempo passato possono aiutarci a riscoprire il valore dell’uomo e dell’esistenza, allora non dobbiamo far altro che abbandonarci ad essi. L’opera ci ricorda che chi perde la sua storia (e nel cinema è racchiusa la Storia umana) perde anche il suo futuro. Bisogna recuperare il passato e se possibile servirsene per illuminare il futuro. Nel rapporto Méliès anziano e Hugo bambino si riflette questo legame metaforico: quello del passato con il futuro, dell’uno che non può vivere senza l’altro. E’ grazie a Hugo se la rassegnazione di un Méliès che si culla nell’oblio, ritrova la passione per il cinema; ed è grazie a lui se il bambino ne scopre la magia. Il loro punto d’incontro è raffigurato dall’automa: esso come il cinema è mezzo d’illusioni che permette di realizzare sogni o confortare ricordi; ma è anche allegoria dell’uomo come parte di un meccanismo, che si può rompere ma anche riparare. Su questa linea tematica si muove anche Scorsese, il quale in un’opera che recupera i film di Lumière ma viene girata in 3D, fonde passato e futuro ed esalta ingegno e potenzialità umane. L’invenzione del cinematografo non riflette la meraviglia dell’ingegno umano? Le illusioni ottiche di Méliès non ne sono l’ennesima prova? “Hugo Cabret” può così inneggiare, alla fine, al potere dell’uomo. Trasmettendoci la forza del sentimento e la fiducia in se stessi, esprime proprio la lotta che ogni individuo dovrebbe compiere per trovare il suo posto nel mondo e per rendere questo mondo un bel posto per lui. E in questa lotta venir aiutato dalla forza dei sogni da una parte e dal valore della memoria del passato dall’altra. Gli unici mezzi che ridanno un senso a ciò che si è e alla propria vita...
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giacomo j.k.
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lunedì 13 febbraio 2012
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hugo: il cinema si riscopre, dal muto al 3d
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Parigi, anni Trenta. Un giovanissimo orfano, Hugo (Asa Butterfield), vive tra i vecchi cunicoli dimenticati della stazione dei treni di Parigi-Montparnasse, dove continua il lavoro di orologiaio del padre (morto) e dello zio (ubriacone). Solo al mondo, Hugo vive di furtarelli e di un sogno: rimettere in funzione un misterioso automa umanoide sul quale stava lavorando col padre al momento della morte. Sulla sua strada, un ispettore ferroviario (Sacha Baron Cohen) che non vede l’ora di catturarlo e spedirlo in orfanotrofio (dal quale egli stesso proviene), e il proprietario del negozio di giocattoli della stazione (Ben Kingsley), che nasconde un incredibile segreto…
Martin Scorsese abbandona decisamente “quei bravi ragazzi” e si cimenta in un film per famiglie che in realtà (ovviamente) tale non è.
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Parigi, anni Trenta. Un giovanissimo orfano, Hugo (Asa Butterfield), vive tra i vecchi cunicoli dimenticati della stazione dei treni di Parigi-Montparnasse, dove continua il lavoro di orologiaio del padre (morto) e dello zio (ubriacone). Solo al mondo, Hugo vive di furtarelli e di un sogno: rimettere in funzione un misterioso automa umanoide sul quale stava lavorando col padre al momento della morte. Sulla sua strada, un ispettore ferroviario (Sacha Baron Cohen) che non vede l’ora di catturarlo e spedirlo in orfanotrofio (dal quale egli stesso proviene), e il proprietario del negozio di giocattoli della stazione (Ben Kingsley), che nasconde un incredibile segreto…
Martin Scorsese abbandona decisamente “quei bravi ragazzi” e si cimenta in un film per famiglie che in realtà (ovviamente) tale non è. O, per lo meno, non solo: ciò che Scorsese ci presenta in “Hugo” è molto di più, un vero e proprio inno alla fantasia, al sogno, al trovare la propria strada nella vita. Il che non può tradursi che in un inno al cinema, per il quale Scorsese abbandonò il seminario nel 1956, trovando decisamente la sua strada nella vita. L’ispirazione arriva dal romanzo dello scrittore americano Brian Seltznick, cui si preoccupa di dare vita sullo schermo John Logan, già nominato all’Oscar, oltre che per questo film, anche per “The aviator” e “Il gladiatore”, e sceneggiatore tra gli altri di “L’ultimo samurai” e “Rango”. I personaggi creati da Seltznick/Logan incarnano uno dei periodi meno “sognanti” del XX secolo, ovvero quello che seguì la Grande Guerra, intesa retrospettivamente come l’inizio dell’Orrore che chiuse tragicamente un’epoca fiorente di idee, speranze ed invenzioni come fu quella a cavallo tra i due secoli. Come può infatti continuare ad avere la forza di sognare un popolo che “ha visto troppa realtà”? Per questo George Mèliés, autore, regista e interprete del “Viaggio sulla luna”, pietra miliare della storia della cinematografia, e di almeno altri 500 cortometraggi, il padre del cinema come fabbrica di sogni, è di fatto morto durante quella guerra e non è ritornato che il guscio vuoto e disilluso di lui sotto le mentite spoglie di un giocattolaio; della sua produzione non è rimasto più nulla… o forse no. Quando Hugo, con l’aiuto di Isabelle (Cloe Grace Moretz), figlia adottiva proprio di “Papa George”, riuscirà a rimettere in moto l’automa, questi non gli restituirà alcun messaggio segreto del padre – come il ragazzo segretamente sperava: al contrario, inizierà a produrre una serie di disegni di fervida immaginazione nei quali Hugo riconosce alcuni fotogrammi di film che suo padre gli raccontava di aver visto da giovane… mentre Isabelle potrà confrontarli con altri assai simili ritrovati in un vecchio scatolone. I due ragazzi, con l’aiuto di un giovane cinefilo e collezionista di cimeli del regista Mèliés (Michael Stuhlbarg), decidono perciò di scommettere così sul valore dei sogni e di quello che è riuscito a fare Georges, tentando di convincerlo a lasciarsi alle spalle i rimpianti e a rimettersi sulla propria strada.
La pellicola prodotta da Scorsese (e Johnny Depp), quasi 110 anni dopo l’immaginifico “Viaggio” di Mèliés sulla Luna, con colori, Dolby Digital Surround e tre dimensioni – ovvero ciò che sembra essere agli esatti antipodi dell’opera del regista francese – invita invece a guardare all’essenza dello spettacolo cinematografico: il sogno. Si può ben dire allora che la sfida raccolta da Scorsese – a dispetto di tutti i vari gadget tecnologici che l’accompagnano, o forse proprio a causa loro – sia tutt’altro che facile, se invita a sognare proprio quell’umanità postmoderna assuefatta da spettacoli di tutti i tipi e alquanto disillusa da pluriennali crisi economiche nonché morali. Ma, d’altronde, è un periodo che il cinema fa parlare di sé soprattutto quando parla di sé e, interrogandosi, si riscopre: e così, tra “The artist” e “Hugo”, è una pioggia di 21 nomination agli Oscar del prossimo 26 febbraio. Sperando che non siano che un preludio ad altri 110 anni di sogni. Chissà che non ne abbiamo bisogno.
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riccardo t.
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venerdì 24 febbraio 2012
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capolavoro
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Hugo Cabret
Hugo Cabret è un ragazzino orfano che vive da solo nei meandri di una stazione ferroviaria parigina negli anni Trenta. Dopo essersi imbattuto in un macchinario da ricostruire e in una ragazza eccentrica, il ragazzino entrerà in contatto con un anziano e misterioso gestore di un negozio di giocattoli, finendo risucchiato in una magica e misteriosa avventura.
Apparentemente film di genere favolistico su un ragazzo che deve trovare il suo posto nel mondo, e attraverso il mistero di un automa riuscirà nel suo intento nel trovare una famiglia, e nell’aiutare un certo Georges Mellies a ritrovare il suo passato e il suo scopo.
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Hugo Cabret
Hugo Cabret è un ragazzino orfano che vive da solo nei meandri di una stazione ferroviaria parigina negli anni Trenta. Dopo essersi imbattuto in un macchinario da ricostruire e in una ragazza eccentrica, il ragazzino entrerà in contatto con un anziano e misterioso gestore di un negozio di giocattoli, finendo risucchiato in una magica e misteriosa avventura.
Apparentemente film di genere favolistico su un ragazzo che deve trovare il suo posto nel mondo, e attraverso il mistero di un automa riuscirà nel suo intento nel trovare una famiglia, e nell’aiutare un certo Georges Mellies a ritrovare il suo passato e il suo scopo.
Ma Hugo Cabret è molto di più, oltre a essere uno dei migliori film dell’anno, è un blockbuster d’autore. Favola epica e uno dei migliori nella filmografia Scorsesiana, è una favola sul cinema, sulla sua genesi, sull’incanto e la voglia di stupire che non ha mai cambiato la settima arte pur cambiando i mezzi per raccontare; così si compie il discorso meta cinematografico di Scorsese omaggiare il cinema delle origini con il nuovo, con il futuro, raccontare il passato con il presente e lo fa al meglio visto che il 3D di Hugo è meraviglioso, ma oltre a tale riflessione, il film è uno dei più personali del regista, che assume varie personalità in questo film, lui è Hugo, con la passione di aggiustare le cose che non funzionano come il regista che si prodiga nel restauro di pellicole classiche, Scorsese è Mellies, diversi strumenti, uguale obbiettivo rendere magica l’esperienza cinematografica, infine Scorsese è anche tutti noi, che ci stupiamo e meravigliamo di fronte al rumore di un proiettore.
Hugo trasuda amore per il cinema per tutta la sua durata, il cinema visto come arte , come “fabbrica dei sogni”, come poesia, Hugo è pura passione, fin dalla prima inquadratura una carrellata su Parigi, poi lo sguardo “cinematografico” di Hugo che osserva la vita nella stazione, come noi osserviamo il film.
Pieno di citazioni che non appaiono mai ne intellettualistiche ne didascaliche ma ne ampliano solo il valore artistico e la sincerità del progetto, e il profondo amore per tale arte. Da i film di Méliès, come “Vojage Dans La Lune”, o i fratelli Lumiere e “L’arrivo del treno alla stazione”, all’automa che ricorda Metropolis, all’Harold Lloyd di Safety Last, Charlie Chaplin, Buster Keaton e tanti altri.
Tutto il cast in splendida forma, dal protagonista Asa Butterfield brillante sognatore alla scoperta dell’incanto cinematografico, il talento puro di Chloe Moretz, l’omaggio-tributo di Sacha Baron Cohen ai grandi caratteristi del muto, e infine un mostruoso Ben Kingsley che interpreta il grande pioniere Méliès.
Dal punto di vista tecnico il film è pura perfezione , sfarzoso e barocco nella messa in scena, ogni aspetto eccelle dalla fotografia luminosa e brillante di Richardson, alle mirabolanti scenografie della coppia Ferretti-Lo Schiavo, al montaggio denso di ritmo, alla ricostruzione minuziosa degli ambienti ,all’utilizzo degli effetti speciali quasi artigianali, alla sempre virtuosistica regia di Martin Scorsese, che ci invita in questo suo omaggio, vero, poetico e strabiliante al cinema.
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marezia
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domenica 12 febbraio 2012
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poesia e tecnologia in una miscela sì da oscar!
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Difficile dire se sia emozionante o no, suggestivo o no, in una parola, se sia UN FILM A CUI LE GENERAZIONI GUARDERANNO COME UN PUNTO DI RIFERIMENTO (come è successo per <<E.T.>>) ma una cosa è certa: LA SUA QUALITA' e in un'epoca di squallore diffuso non è poco. In un'epoca di piccoli, piccolissimi ideali veicolati in modo pomposo e a volte spocchioso oppure volgare e meschino LA DELICATEZZA E' PLATINO, NON ORO. <<Hugo Cabret>> (da vedere ASSOLUTAMENTE in 3D) è non solo un omaggio al Cinema e alla sua storia ma anche un tentativo di raccontare la vita intesa come ricerca del proprio posto nel mondo; come dice Hugo (un Asa Butterfield INCREDIBILE), del proprio fine, come ogni elemento dell'immenso meccanismo che è il mondo.
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Difficile dire se sia emozionante o no, suggestivo o no, in una parola, se sia UN FILM A CUI LE GENERAZIONI GUARDERANNO COME UN PUNTO DI RIFERIMENTO (come è successo per <<E.T.>>) ma una cosa è certa: LA SUA QUALITA' e in un'epoca di squallore diffuso non è poco. In un'epoca di piccoli, piccolissimi ideali veicolati in modo pomposo e a volte spocchioso oppure volgare e meschino LA DELICATEZZA E' PLATINO, NON ORO. <<Hugo Cabret>> (da vedere ASSOLUTAMENTE in 3D) è non solo un omaggio al Cinema e alla sua storia ma anche un tentativo di raccontare la vita intesa come ricerca del proprio posto nel mondo; come dice Hugo (un Asa Butterfield INCREDIBILE), del proprio fine, come ogni elemento dell'immenso meccanismo che è il mondo. Ed è il COME a diventare un film nel film. UN 3D COME QUESTO vale sì un Oscar e non solo nelle sequenze in movimento ma anche in quelle in cui la dimensione fantastica del racconto se ne serve per rendere l'idea di uno slittamento verso il sublime. Si tratta di un film che ha tante componenti che lo rendono semplice e complesso allo stesso tempo, tanto da non poter essere tagliato con l'accetta, esattamente come <<The Artist>> che però, ed è questa la differenza, ha un'idea di fondo più unica che rara ed è per questa ASSOLUTA ORIGINALITA' che ritengo che l'Academy dovrebbe premiare IL GIOIELLO di Hazanavicius come merita. Come? Facendogli vincere TUTTO, perché TUTTO è stato pensato come un omaggio al Cinema. Un Cinema dal fascino senza età.
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