tomdoniphon
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giovedì 12 giugno 2014
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cinema come magia
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Parigi, 1931. Il giovane orfano Hugo vive solo nei meandri della Gare Montparnasse occupandosi dei suoi orologi ferroviari, tentando disperatamente di terminare la riparazione un bellissimo e misterioso automa, che il padre, prima di morire, aveva trovato abbandonato. Scoprirà ben presto che l'automa avrà più di un legame con lo strano proprietario di un negozietto di giocattoli meccanici (da lui stesso costruiti) "papà Georges". Quest'ultimo non è altro che Georges Melies, il padre del Cinema insieme ai fratelli Lumière, che nel 1931 vediamo deluso dalla vita e dimenticato da tutti. Ma grazie ad Hugo le cose cambieranno. Nelle mani di qualsiasi altro regista, il film si sarebbe risolto in una semplice e banale favola (come è avvenuto col recente, pur simpatico, "Grand Budapest Hotel"); grazie a Scorsese, invece, il film diventa una meravigliosa e toccante dichiarazione d'amore nei confronti del cinema e della sua innata capacità di regalarci felicità.
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Parigi, 1931. Il giovane orfano Hugo vive solo nei meandri della Gare Montparnasse occupandosi dei suoi orologi ferroviari, tentando disperatamente di terminare la riparazione un bellissimo e misterioso automa, che il padre, prima di morire, aveva trovato abbandonato. Scoprirà ben presto che l'automa avrà più di un legame con lo strano proprietario di un negozietto di giocattoli meccanici (da lui stesso costruiti) "papà Georges". Quest'ultimo non è altro che Georges Melies, il padre del Cinema insieme ai fratelli Lumière, che nel 1931 vediamo deluso dalla vita e dimenticato da tutti. Ma grazie ad Hugo le cose cambieranno. Nelle mani di qualsiasi altro regista, il film si sarebbe risolto in una semplice e banale favola (come è avvenuto col recente, pur simpatico, "Grand Budapest Hotel"); grazie a Scorsese, invece, il film diventa una meravigliosa e toccante dichiarazione d'amore nei confronti del cinema e della sua innata capacità di regalarci felicità. È uno dei temi forti di tutto il cinema del regista, che qui raggiunge uno dei risultati più compiuti e coinvolgenti. Hugo Cabret, infatti, anche grazie alla stupenda ricostruzione dei set di Melies, riesce nel miracolo di restituirci la magia del cinema, che fin dalle origini ha sempre saputo incantare il pubblico di tutte le età. Al centro del film c'è ovviamente il grande cineasta Georges Melies (interpretato magnificamente da Ben Kingsley), "uno dei primi a capire che i film avevano il potere di catturare i sogni". Ma il film non si esaurisce in un omaggio al cinema ed a uno dei suoi padri fondatori: Hugo Cabret vuole soprattutto essere uno stimolo per le nuove generazioni per riscoprire e non dimenticare il grande cinema del passato. Fondamentale, da questo punto di vista, il personaggio di Isabelle, grande appassionata di libri (altra grande possibilità di salvezza secondo Scorsese, e prima di lui Truffaut), ma completamente a digiuno di film: anche lei rimarrà incantata dall'"incontro" con il cinema. Per una volta maturo l'utilizzo del 3d, qui necessario per farci vivere da vicino la vicenda del giovane Hugo (e per farci "riscoprire" la Parigi degli anni '30). Dopo tanti anni (1995, "Casinò"), Scorsese torna a realizzare un capolavoro.
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ultimoinquisitore
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giovedì 9 febbraio 2012
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omaggio al maestro!
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Potrebbe essere davvero il miglior film dell'anno (non ho ancora visto The Artist)! Ma davvero molto bello, veloce, coloratissimo, dettagliatissimo, commovente, divertente, interessante e ricco di sorprese!!
Un film difficile da commentare: ci sarebbero cento punti diversi da cui cominciare. Partiamo dalla storia: un film diviso in due, tra la storia del piccolo Hugo e quella di Georges Méliès. Per i fan (anche piccoli) di Méliès è impossibile non commuoversi. Entrambi i protagonisti stanno fuggendo, il bambino dalle autorità perchè orfano e il vecchio dal suo glorioso e poi sprofondato passato. Il destino li fa incontrare e non solo, permette al bambino di "aggiustare" lo scontroso Méliès e di fargli rivivere quel successo che era stato protagonista della sua vita, fino al tremendo declino che lo ha costretto a vendere tutto per un misero, ma al contempo ricco di magie, negozio di giocattoli nella stazione ferroviaria di Parigi.
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Potrebbe essere davvero il miglior film dell'anno (non ho ancora visto The Artist)! Ma davvero molto bello, veloce, coloratissimo, dettagliatissimo, commovente, divertente, interessante e ricco di sorprese!!
Un film difficile da commentare: ci sarebbero cento punti diversi da cui cominciare. Partiamo dalla storia: un film diviso in due, tra la storia del piccolo Hugo e quella di Georges Méliès. Per i fan (anche piccoli) di Méliès è impossibile non commuoversi. Entrambi i protagonisti stanno fuggendo, il bambino dalle autorità perchè orfano e il vecchio dal suo glorioso e poi sprofondato passato. Il destino li fa incontrare e non solo, permette al bambino di "aggiustare" lo scontroso Méliès e di fargli rivivere quel successo che era stato protagonista della sua vita, fino al tremendo declino che lo ha costretto a vendere tutto per un misero, ma al contempo ricco di magie, negozio di giocattoli nella stazione ferroviaria di Parigi. Coprotagonista è la figliastra di Méliès, che svela solo alla fine il suo personaggio di autrice della storia; lo scontroso poliziotto (un azzeccato e tranquillo Sacha Baaron Cohen) che verrà pure lui aggiustato dal ragazzino; il padre Jude Law che seppur per pochi minuti fa comunque brillare qualche pupilla; il fan di Méliès è il ritratto di un giovane Scorsese, o almeno delle sue emozioni, che si trova di fronte a un suo grande idolo nonchè ispiratore; il bibliotecario (un invecchiato ma tenace Christopher Lee) che, come il ragazzino, ha la "funzione" di regalare libri ed emozioni a chiunque capiti sulla sua strada. Una varietà di personaggi affrontata in maniera decisamente inusuale, come non si vedeva da anni (da PageMaster o da La Storia Infinita), azzeccata soprattutto per i bambini: è come entrare in un mondo parallelo in vetrina e ad ogni passo scoprirne un personaggio diverso e viverne l'affascinante storia.
Non sarebbe stata così affascinante se le musiche di Howard Shore, la fotografia di Robert Richardson e le scenografie di Dante Ferretti e Francesca LoSchiavo non fossero state così dosate e realizzate alla perfezione. I film di Méliès e la ricostruzione dei suoi set e trucchi corrono il rischio di trasformare la pellicola in un documentario proprio a metà del film (come succede spesso quando si presenta la storia di un regista o di un attore, vd. Chiamami Peter, Charlot), il sig.Scorsese si è sentito un "concorrente" e ha dovuto reggere lo scontro. Ne son prova le travolgenti evoluzioni con la macchina da presa che, silenziose e assolutamente misteriose, dominano le scene alla stazione nei suoi cunicoli labrintici e non solo!
Qualche errore qua e là di prospettiva (il campanile della stazione che è molto più alto della Tour Eiffel), ma fa tutto parte del gioco, della favola e della magia. Bisogna lasciarsi trasportare e sarà davvero un avventura indimenticabile!
Ah, Sir Ben Kingsley è il migliore!!!
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nick simon
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mercoledì 17 luglio 2013
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glorioso e sfavillante ritorno alle origini
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Una vera dichiarazione d'amore per la settima arte quella di Martin Scorsese, che racconta le avventure del piccolo Hugo Cabret (Asa Butterfield), orfano nella Parigi degli anni '30. Intelligente e determinato, vive nascosto nella stazione di Montparnasse; è alla disperata ricerca del messaggio nascosto in un automa meccanico, unico ricordo di suo padre. Fondamentale per lui sarà l'incontro con Georges Méliès, celebre cineasta francese interpretato dal sempre carismatico Ben Kingsley. Inizia così un emozionante percorso alla (ri)scoperta del cinema delle origini, visto attraverso gli occhi di Hugo e della sua amica Isabelle (Chloë Moretz).
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Una vera dichiarazione d'amore per la settima arte quella di Martin Scorsese, che racconta le avventure del piccolo Hugo Cabret (Asa Butterfield), orfano nella Parigi degli anni '30. Intelligente e determinato, vive nascosto nella stazione di Montparnasse; è alla disperata ricerca del messaggio nascosto in un automa meccanico, unico ricordo di suo padre. Fondamentale per lui sarà l'incontro con Georges Méliès, celebre cineasta francese interpretato dal sempre carismatico Ben Kingsley. Inizia così un emozionante percorso alla (ri)scoperta del cinema delle origini, visto attraverso gli occhi di Hugo e della sua amica Isabelle (Chloë Moretz). Un appassionato tributo che si realizza attraverso numerosissime citazioni, e soprattutto tramite il divertito stupore dei due ragazzini davanti al grande spettacolo cinematografico. Impossibile non notare, nel tema principale ma più precisamente in alcune inquadrature, una marcata somiglianza con "Nuovo Cinema Paradiso". Il film è pervaso da una sottile malinconia: essa accompagna le storie di Hugo e Méliès, che tuttavia si rivelano entusiasmanti nel complesso. Toni più leggeri e attimi di ilarità grazie a Sacha Baron Cohen, nei panni del goffo capostazione a caccia di orfanelli (e di donne). Nel cast anche Emily Mortimer e l'ottimo Michael Stuhlbarg. Brevissima apparizione di Jude Law nel ruolo dell'adorato papà di Hugo. Prodotto perfetto dal punto di vista tecnico e audio-visivo (svariati riconoscimenti tra cui 5 Oscar in questo settore). La stazione di Parigi è ricostruita in una creazione affascinante e fumosa; la colonna sonora meritava qualcosa in più nella stagione dei premi. Qualche leggero ritocco nei toni, nel ritmo e nell'impianto narrativo, e magari saremmo qui a parlare di un capolavoro. Martin Scorsese elogia il cinema come veicolo di sogni e fantasie, creatore di mondi fantastici in cui lo spettatore viene piacevolmente trascinato. La pellicola suona come un glorioso e cinefilo ricordo di ciò che è stato, ma non solo: attraverso la figura del cineasta Méliès, che crede di essere ormai dimenticato, Scorsese esprime il desiderio che la gioia dello spettacolo risplenda per sempre.
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dandy
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sabato 2 gennaio 2016
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riparando un'anima in pezzi.
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Dal romanzo illustrato "La straordinaria invenzione di Hugo Cabret" di Brian Selznick,un omaggio appassionato e commovente a uno dei primi geniali pionieri del cinema,e al cinema come settima arte,quando ancora agli albori era pura magia per lo spettatore.Scorsese(che appare nel ruolo del fotografo che immortala Mèliès e la moglie)segue dapprima la tradizionale storia del singolo che cerca il suo posto nel mondo,arrivando a ridare ragione di vita a chi invece sembra non averlo più.Per poi rinnovarla nella seconda parte.Lo stile si alterna perfettamente tra il trattenuto e il poetico,con momenti di autentica meraviglia visiva(i set di Mèliès,la sequenza di scene dei film,l'incubo,con una prima parte davvero inaspettata).
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Dal romanzo illustrato "La straordinaria invenzione di Hugo Cabret" di Brian Selznick,un omaggio appassionato e commovente a uno dei primi geniali pionieri del cinema,e al cinema come settima arte,quando ancora agli albori era pura magia per lo spettatore.Scorsese(che appare nel ruolo del fotografo che immortala Mèliès e la moglie)segue dapprima la tradizionale storia del singolo che cerca il suo posto nel mondo,arrivando a ridare ragione di vita a chi invece sembra non averlo più.Per poi rinnovarla nella seconda parte.Lo stile si alterna perfettamente tra il trattenuto e il poetico,con momenti di autentica meraviglia visiva(i set di Mèliès,la sequenza di scene dei film,l'incubo,con una prima parte davvero inaspettata).Molte citazioni naturalmente,sia cinematografiche(Loyd,Chaplin,Keaton,Douglas Fairbanks,i Fratelli Lumière[con omaggio al proverbiale aneddoto sullo spavento del pubblico alla proiezione de "L'arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat"])che letterarie(Emily Bronte,Charles Dickens,Victor Hugo)e in una scena appaiono anche Salvador Dalì e James Joyce.Qui la cinefilia diventa un piacere visivo e un mezzo per ricordare i momenti di felicità che i film(intesi anche come sogni)da sempre hanno regalato nella vita di ogniuno di noi,specie quando eravamo bambini.Ammirevole l'uso del 3D,inventivo e non gratuito.5 Oscar(scenografia di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo;fotgrafia;sonoro;missaggio ed effetti speciali)e Golden Globe 2012 a Scorsese come miglior regista.
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claudiofedele93
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mercoledì 12 febbraio 2014
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scorsese e la magia del cinema!
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Da un regista come Martin Scorsese ci si può davvero aspettare di tutto e a conferma di questo assioma basterà dare un’occhiata alla filmografia del celeberrimo cineasta, il quale in tanti anni di onorato servizio alla settima arte non solo è riuscito ad imporsi come uno dei registi più apprezzati e di talento degli ultimi tempi, ma anche a rimanere nell’immaginario collettivo grazie a pellicole che sono diventate dei veri e propri cult; parliamo di lavori di assoluta bellezza come Toro Scatenato, Quei Bravi Ragazzi, Taxi Driver o Casinò.
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Da un regista come Martin Scorsese ci si può davvero aspettare di tutto e a conferma di questo assioma basterà dare un’occhiata alla filmografia del celeberrimo cineasta, il quale in tanti anni di onorato servizio alla settima arte non solo è riuscito ad imporsi come uno dei registi più apprezzati e di talento degli ultimi tempi, ma anche a rimanere nell’immaginario collettivo grazie a pellicole che sono diventate dei veri e propri cult; parliamo di lavori di assoluta bellezza come Toro Scatenato, Quei Bravi Ragazzi, Taxi Driver o Casinò. Negli ultimi 10 anni l’italoamericano ha girato ben 5 lungometraggi, tutti appartenenti ad un genere diverso (biografico, storico, thriller, noir), ma assieme contraddistinti da quel gusto estetico e da quelle tematiche che lo hanno sempre segnato e rappresentato. Poi nel 2011, arriva qualcosa di diverso, quasi inedito un film che apparentemente sembra indirizzato ad un pubblico più amplio, che coinvolga non solo i suoi fan, gli adulti o gli appassionati, ma le famiglie ed i giovani, esce nelle sale di tutto il mondo: Hugo Cabret.
Hugo figlio di un orologiaio è un orfano che vive nella stazione di Parigi. Siamo negli anni ’30 ed il piccoloCabret non ha alcun posto dove andare se non quella che un tempo era la casa del suo antipatico zio, il quale lo aveva preso “generosamente” sotto la propria custodia, una volta deceduto il fratello in un drammatico incidente, come aiutante. Hugo ha il compito di aggiustare gli orologi, ma al di là dei suoi doveri ed impegni giornalieri, egli nutre il forte desiderio di aggiustare un automa che suo padre aveva trovato in un vecchio museo. Le avventure del giovane orfano partono dalla stazione centrale di Parigi e lo porteranno a conoscere il grande George Méliès (Ben Kingsley) ormai anziano e proprietario di un negozio di giocattoli e sua figlia Isabelle.
Scorsese sorprende tutti con questa pellicola, che solo in apparenza si rivolge unicamente ad un pubblico di giovani e bambini e che in verità si fa manifesto dell’amore che il regista prova verso il cinema ed i suoi padri fondatori. Hugo Cabret non è solo una storia che a volte mescola realtà a avventure dalle sfumature Disneyane, esso rappresenta il più cristallino testamento, nonché omaggio, che Martin Scorsese fa al mestiere che l’ha portato avanti per tutta la vita. E’ il film più costoso di tutta la sua produzione, dove viene utilizzato un gran numero di effetti speciali, ma al contempo è quello che esteticamente raggiunge un livello di perfezione e bellezza davvero rara al giorno d’oggi, complici anche le stupefacenti scenografie di Dante Ferrettie Francesca lo Schiavo che ben si adattano ad una strabiliante ed incantevole fotografia curata daRobert Richardson. Il valore estetico, in questo lungometraggio, non è fine a se stesso, ma serve ad unire il cinema del passato (o se vogliamo precisare delle origini) curato da Méliès, il quale faceva abbondante uso della sua fantasia creando effetti pirotecnici nei suoi lavori, con quello del presente dove non abbiamo più bisogno di scenografie e teatri per creare mostri o animazioni, ma ci serviamo dei computer e degli effetti visivi più alla gran guardia. Il 3D, qui per la prima volta usato da Scorsese, è indubbiamente essenziale per sottolineare ancora come il tempo abbia portato i cambiamenti (giusti o sbagliati che siano) al cinema e come questo abbia mutato anche la concezione di fare Cinema e raccontare storie davanti ad una macchina da presa.
Sullo sfondo di tutto ciò si anima una Parigi di inizio ‘900 che sotto le incessanti, ma dolci, nevicate post – natalizie regala quel tocco fiabesco che a qualcuno potrebbe far storcere un po’ il naso, ma che nel complesso ben si adatta a questa storia cosìsemplice ed al contempo così profonda e personale, la quale, se vista con lo spirito e l’atteggiamento giusto, regalerà le stesse emozioni (magari in proporzione un tantino diverse) che già altri lavori hanno saputo dare.
La pellicola si avvale in oltre di ottime interpretazioni a partire dai giovani Asa Butterfield e Chloe Moretz, qui perfetta ed adorabile fino ad arrivare al magnifico Ben Kinglsey assolutamente adatto nella parte di un Méliès vecchio e vittima dei fantasmi e della gloria del suo passato. Tra gli attori che hanno partecipato alla produzione anche per interpretare piccoli ruoli ricordiamo Jude Law, Christopher Lee, Ray Winstone e Sacha Baron Cohen (qui nel ruolo di un perfido poliziotto). Ottime infine le musiche realizzate dall’ormai noto Howard Shore, già collaboratore di Scorsese in altre produzioni come The Departed.
Con Hugo Cabret, Martin Scorsese rende omaggio al Cinema e a chi l’ha creato, facendo a tutti noi un ripasso di chi erano i fratelli Lumiere e riportando sullo schermo i grandi capolavori del passato, mettendoci di fronte a quello che è stato il primo film proiettato in una sala cinematografica della storia, quali pellicole sono succedute e come nel tempo questa forma di intrattenimento sia diventata arte e abbia influenzato, nonché condizionato, le persone nella loro vita ed immaginazione. Questo film, oltre ad abbracciare una storia che nella sua non eccezionalità trova una cornice quasi fiabesca e ricca di incanto che può essere vista ed apprezzata sia dai più piccoli, ma sopratutto dagli adulti, è un inno alla vita, al Cinema, dove comicità, leggerezza e narrazione si fondono assieme realizzando un prodotto che ha in se qualcosa di unico, condito da scenografie, regia, fotografia, colonna sonora ed effetti visivi (qui come non mai essenziali e non fini a se stessi) davvero di grande livello.Scorsese, forse per la prima volta in modo molto chiaro per chi fino ad ora non l’avesse capito, mette a nudo la sua ammirazione ed il suo attaccamento al Cinema. Viene da chiedersi tuttavia una volta finito di guardare la pellicola se lui stesso, in fondo, non sia a conoscenza che i suoi lavori abbiano contribuito a cambiare quest’arte e renderla un qualcosa che rasenta talvolta la bellezza più sublime. Se è vero che Mr. Martin Scorsese ringrazia con completa umiltà, con una storia che vede al centro due bambini di cui uno orfano e che unisce cultura (letteratura, pittura, scultura, illusionismo) e cinema, che stratifica su più livelli di narrazione, è un dato di fatto che noi spettatori dobbiamo altresì avere il buon senso (se non il dovere) di porgere i nostri più sinceri complimenti ad un autore che ha dato un qualcosa in più ad esso rendendolo realmente magico e fuori dall’ordinario, riuscendo a sorprendere tutti con le sue storie ancora una volta!
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orione95
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venerdì 25 marzo 2016
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cinema nella sua forma più pura
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Scorsese ritrova nella letteratura il significato più intimo del cinema.
Il messaggio trasmesso dal noto regista, mediante il giovane protagonista Hugo Cabret (Asa Butterfield), è abbastanza chiaro: come ingranaggi di un gigantesco orologio, ogni persona al mondo è destinata a trovare il proprio posto per svolgere una sua personalissima quanto essenziale funzione. In sintesi: tutti abbiamo uno scopo. E quale modo migliore per confutare questa teoria di un uomo allo sbando, un uomo "rotto" che necessita con tutto se stesso di essere "aggiustato" per tornare a meravigliare il mondo con illusioni ed effetti speciali? L'uomo in questione è sua maestà George Meliés, padre del cinema (fantascientifico) e, per l'appunto, degli effetti speciali.
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Scorsese ritrova nella letteratura il significato più intimo del cinema.
Il messaggio trasmesso dal noto regista, mediante il giovane protagonista Hugo Cabret (Asa Butterfield), è abbastanza chiaro: come ingranaggi di un gigantesco orologio, ogni persona al mondo è destinata a trovare il proprio posto per svolgere una sua personalissima quanto essenziale funzione. In sintesi: tutti abbiamo uno scopo. E quale modo migliore per confutare questa teoria di un uomo allo sbando, un uomo "rotto" che necessita con tutto se stesso di essere "aggiustato" per tornare a meravigliare il mondo con illusioni ed effetti speciali? L'uomo in questione è sua maestà George Meliés, padre del cinema (fantascientifico) e, per l'appunto, degli effetti speciali.
Hugo, in fin dei conti, non è altro che un'espediente narrativo, in una storia molto più grande di lui, ma non per questo svanisce, o si fa da parte, anzi, nonostante tutte le avversità, persevera perché in fin dei conti è proprio lui la chiave (a forma di cuore) che può aggiustare un automa ormai rotto.
Davvero gravido di rimandi al cinema che fu (si ricordi, tra le tante, la scena dell'orologio gigante, o gli stessi titoli di coda del film) è innegabile, a questo punto, un profondo e diretto collegamento tra "Hugo Cabret" e i film opera del maestro francese: i numerosi personaggi in scena, pur vivendo vite proprie, all'apparenza scollegate l'una dall'altra, si ritrovano quasi sempre tutti insieme, nel medesimo palcoscenico (che non a caso tanto richiama una famosa stazione nella quale arrivò un treno che mise in fuga i presenti) dando vita a deliziosi ritagli di vita quotidiana, talvolta, perché no, conditi da quel pizzico di comicità che non guasta mai. In una simile operazione certosina di rievocazione artistica, il 3D va a concorrere con arcaici effetti speciali, creando una commistione improbabile ma efficacemente riuscita.
Insomma: "Hugo Cabret" altro non è che un omaggio cinematografico (di altissimo livello) a chi dopotutto il cinema l'ha "aggiustato" (visto e considerato che gli stessi ideatori non ne vedevano alcuna possibilità di successo), un'ode alla genesi della "settima arte" come la conosciamo oggi, un'avventura fantastica vissuta dagli occhi di un grande piccolo Demiurgo, capace di riattivare gli ingranaggi di un'intera società.
Per quanto concerne il comparto sonoro, a cura di Howard Shore, non ci si poteva aspettare nulla di meno dal compositore della colonna sonora de "Il signore degli anelli". Le musiche sono coinvolgenti e mai invadenti. Esse accompagnano efficacemente l'evolversi del godibilissimo arco narrativo. Circa le performance degli attori in scena, nulla da eccepire. Particolari meriti vanno riconosciuti però a Ben Kingsley (George Meliés), il quale con l'estrema fisicità della sua recitazione, convince e conquista al tempo stesso, regalando al pubblico una nostalgica quanto intensa lezione sui sogni e la passione nel perseguirli.
Il film fu (a buon diritto) premiato agli Oscar 2012 con 5 statuette su 11 nomination, alle quali si somma il Golden Globe per Scorsese come miglior regista.
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shanks
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venerdì 24 febbraio 2012
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la magia del cinema
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Il piccolo Hugo ha un sogno: riabbracciare il padre. Seppur metaforicamente.E ci proverà, grazie all'aiuto di una coetanea, di misteriosi personaggi ed alla "magia".
Basandosi su una figura esistita realmente, Scorsese sforna il suo omaggio al Cinema, citando titoli e cineasti che hanno inventato un mondo nuovo. Tecnicamente meraviglioso (l'unico film dopo Avatar che meriti il 3D), Hugo Cabret ci scaraventa in una era lontana, sacra per gli appassionati della settima arte, nella quale viene svelata la figura di George Melies, padre del cinema favolistico, ormai inaridito da anni di oblio e ingannato proprio dalla sua creatura.
Il Cinema quindi come elemento trainante della trama, ma anche l'amicizia, che salderà rapporti non facili e un debito dovuto dal destino.
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Il piccolo Hugo ha un sogno: riabbracciare il padre. Seppur metaforicamente.E ci proverà, grazie all'aiuto di una coetanea, di misteriosi personaggi ed alla "magia".
Basandosi su una figura esistita realmente, Scorsese sforna il suo omaggio al Cinema, citando titoli e cineasti che hanno inventato un mondo nuovo. Tecnicamente meraviglioso (l'unico film dopo Avatar che meriti il 3D), Hugo Cabret ci scaraventa in una era lontana, sacra per gli appassionati della settima arte, nella quale viene svelata la figura di George Melies, padre del cinema favolistico, ormai inaridito da anni di oblio e ingannato proprio dalla sua creatura.
Il Cinema quindi come elemento trainante della trama, ma anche l'amicizia, che salderà rapporti non facili e un debito dovuto dal destino.
Ma qualcosa non funziona fino in fondo; è come se la pellicola, in tutta la sua semplicità e forse scontatezza, si volesse eclissare, lasciando tutta la ribalta a filmati d'epoca che stravincono il confronto, contro un lavoro che ha 110 anni di esperienza alle spalle.
Ecco, forse è questa la magia del cinema.
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ilaskywalker
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sabato 25 febbraio 2012
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favolismo felice
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L’ennesimo film che non mi convince perché troppi buoni sentimenti. Poi poco organico, intricati accadimenti senza plausibile collante finale -Plausibile, aggettivo con cui al cinema meglio non partire-; gente che muore all’improvviso senza dare spiegazioni, in certi punti stucchevole al limite della gag “oh mamma eri bellissima!”, tutti si mettono con tutti nell’happy ending.
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L’ennesimo film che non mi convince perché troppi buoni sentimenti. Poi poco organico, intricati accadimenti senza plausibile collante finale -Plausibile, aggettivo con cui al cinema meglio non partire-; gente che muore all’improvviso senza dare spiegazioni, in certi punti stucchevole al limite della gag “oh mamma eri bellissima!”, tutti si mettono con tutti nell’happy ending.
E’ un film su un orfano? mmmah/eh
E’ un film su Méliès? già meglio, molto carino.
Ma ovviamente è un film su entrambi e io non ho capito niente e avete ragione tutti e ben mi stanno i sobborghi sporchi di Scorsese abitati dai personaggi psicolabili, non c’è più niente da fare ormai.
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shiningeyes
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giovedì 21 novembre 2013
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scorsese continua a stupire!
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Martin Scorsese, a settant’anni suonati continua stupire, dirigendo film che difficilmente potrebbero essere applicabili al suo stile e alla sua età. Cosa che riesce a fare in quest’ultimo “Hugo Cabret”, tratto da un romanzo per ragazzi, dove il buon Scorsese riesce a coniugare l’animo spensierato della trama con la sua passione cinematografica, ripresa assiduamente in citazioni del cinema degli albori. Il film tratta di un bambino orfano cresciuto nella stazione di Montparnasse di Parigi che dovrà risolvere un mistero celato su un piccolo automa meccanico lasciatogli dal padre, e in questo ambiente tipicamente parigino che il lato tecnico del film si sbizzarrisce con un montaggio dinamico che ritrae perfettamente il caos di una stazione ferroviaria e il tempo che corre inesorabile, tema portante della pellicola; parliamo anche di una fotografia ben illuminata (luci al naturale), che rende visibile in maniera eccezionale le espressioni degli attori e il colorito caratteristico di una Parigi sempre più stupenda.
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Martin Scorsese, a settant’anni suonati continua stupire, dirigendo film che difficilmente potrebbero essere applicabili al suo stile e alla sua età. Cosa che riesce a fare in quest’ultimo “Hugo Cabret”, tratto da un romanzo per ragazzi, dove il buon Scorsese riesce a coniugare l’animo spensierato della trama con la sua passione cinematografica, ripresa assiduamente in citazioni del cinema degli albori. Il film tratta di un bambino orfano cresciuto nella stazione di Montparnasse di Parigi che dovrà risolvere un mistero celato su un piccolo automa meccanico lasciatogli dal padre, e in questo ambiente tipicamente parigino che il lato tecnico del film si sbizzarrisce con un montaggio dinamico che ritrae perfettamente il caos di una stazione ferroviaria e il tempo che corre inesorabile, tema portante della pellicola; parliamo anche di una fotografia ben illuminata (luci al naturale), che rende visibile in maniera eccezionale le espressioni degli attori e il colorito caratteristico di una Parigi sempre più stupenda. Valori tecnici a parte, a impreziosire lo schermo ci pensa quel talento che si chiama Asa Butterfield, primo film in cui dimostra di avere delle doti che, se coltivate, lo faranno diventare uno dei migliori attori del prossimo futuro; simpatica e tenera la parte di Sacha Baron Coen, che mostra, di non essere un solo un comico politicamente scorretto ma anche un buon attore; nonostante non sia un film prettamente serio, c’è da dire che è servito anche a dare spolvero a un attore della caratura di Ben Kingsley, impiegato in pellicole infime in questi ultimi anni. La sceneggiatura è funzionale e divertente, ma di sicuro non è la cosa che fa brillare il film. A brillare sono specialmente gli effetti speciali, resi in maniera ottimale con il 3D. Cos’altro aggiungere? Aggiungiamo un plauso per Martin Scorsese, che sa sempre variare in maniera eccellente il suo curriculum cinematografico, che gli fa mettere questo film, che di per sé non è eccezionale, nei film da vedere assolutamente per conoscere uno Scorsese diverso.
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alins66
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giovedì 15 maggio 2014
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scorsese 3d e per bambini non sbaglia un colpo
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Questo è un film apparentemente per bambini ma l' età avanzata e la profondità del regista, come al solito, gli conferiscono quel tocco di maestria che lo contraddistingue. La vicenda unisce le sue origini umili italiane, da cui la grande sensibilità con cui conferisce carattere al bimbo povero, fiero e scontroso, e quell' ideale/realtà americane secondo cui tutti ce la possiamo fare, il mito del self made man, partendo dalle nostre forze e credendo in noi. Usa il 3D e sceglie Parigi come luogo da ricostruire, perchè l' ambientazione retrò si confà alla morfologia della città ed è forse preferibile a Londra che avrebbe ricordato David Copperfield, peraltro citato, ma Parigi è necessaria per mostrar gli albori del cinema prima della grande guerra.
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Questo è un film apparentemente per bambini ma l' età avanzata e la profondità del regista, come al solito, gli conferiscono quel tocco di maestria che lo contraddistingue. La vicenda unisce le sue origini umili italiane, da cui la grande sensibilità con cui conferisce carattere al bimbo povero, fiero e scontroso, e quell' ideale/realtà americane secondo cui tutti ce la possiamo fare, il mito del self made man, partendo dalle nostre forze e credendo in noi. Usa il 3D e sceglie Parigi come luogo da ricostruire, perchè l' ambientazione retrò si confà alla morfologia della città ed è forse preferibile a Londra che avrebbe ricordato David Copperfield, peraltro citato, ma Parigi è necessaria per mostrar gli albori del cinema prima della grande guerra. La trama tiene sul mistero da approfondire, emoziona e commuove costantemente proprio per quel tratto che ha il protagonista di rimaner sempre riserbato nel mostrar il mare di emozioni che invece porta dentro. Sono carine le cornici che fanno da sfondo alla stazione, è ovviamente colto la parte didascalica che riguarda la storia del cinema, molto ben inserita e misurata per un pubblico infantile, ma quello che ancora una volta colpisce è la caratterizzazione umana dei personaggi. E crdo sia questo ciò che rende Scorsese unico.
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