noodles76
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venerdì 24 febbraio 2012
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c'era una volta il cinema...
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La prima volta che sono entrato in un cinema avevo 8 anni...fu amore a prima vista.
Perchè avevo capito che quello era un posto magico,in cui sarebbe stato semplice sognare...e fuggire... Questa magia -ancora oggi- continua.
Mi immergo nel buio di una sala e mi lascio trasportare...e,per lunghi momenti,mi sottraggo alle bruttezze della realtà circostante.
Il cinema è un mezzo di trasporto,di riflessione...ed è stato il mio mezzo di crescita.
Ha alimentato la mia curiosità,ha indicato la mia strada...
Dietro ad un film c'è un regista che vuole dire qualcosa,vuol lasciarci un messaggio.
Dietro ad un film c'è -quasi sempre- un libro,scritto da qualcuno;il quale,a sua volta,vuole dirci qualcosa.
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La prima volta che sono entrato in un cinema avevo 8 anni...fu amore a prima vista.
Perchè avevo capito che quello era un posto magico,in cui sarebbe stato semplice sognare...e fuggire... Questa magia -ancora oggi- continua.
Mi immergo nel buio di una sala e mi lascio trasportare...e,per lunghi momenti,mi sottraggo alle bruttezze della realtà circostante.
Il cinema è un mezzo di trasporto,di riflessione...ed è stato il mio mezzo di crescita.
Ha alimentato la mia curiosità,ha indicato la mia strada...
Dietro ad un film c'è un regista che vuole dire qualcosa,vuol lasciarci un messaggio.
Dietro ad un film c'è -quasi sempre- un libro,scritto da qualcuno;il quale,a sua volta,vuole dirci qualcosa.
Persone ispirate da altre persone.
E' così da sempre...
Ognuno di noi è un piccolo ingranaggio,e tutti quanti facciamo parte di un unico -immenso- meccanismo.Chi trova il senso giusto delle proprie funzioni riesce a far girare il mondo e,quindi,anche la sua vita.
C'è un film che da grande risalto,forma e colore a tutte queste sensazioni ed emozioni;e da cui ho preso spunto in queste mie riflessioni.
Un film che ha -nel suo titolo- il nome di una persona,di un bambino:Hugo Cabret.
Se siete persone sensibili,ricettive e amate il cinema dovete assolutamente vedere quest'ultima,inusuale,pellicola di Martin Scorsese.
Ho amato questo film perchè è colmo di Cinema e di Arte.E anche perchè è riuscito -per un paio d'ore- a farmi tornare bambino.
E' questa la vera Magia di Hugo,ovvero del Cinema. Incanta tutti,grandi e piccoli.
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zoom e controzoom
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sabato 7 aprile 2012
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l'automa e la locomotiva
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Visto in lingua originale, si possono apprezzare le interpretazioni dei due bravissimi ragazzini. Tantissima grafica, tantissima scenografia, tantissima magia. I personaggi si muovono in una spazio che ruota loro attorno, fisicamente e psicologicamente, ma nulla ci appare lontano se è nostra la capacità di immergerci nel fantastico.
Eppure tutto è reale, tutto è possibile, tranne lui, il ragazzino che rimasto solo al mondo, ignora superandole le barriere reali delle necessità umane. E’ lui che dunque fa da trait d’union nella magia della realizzazione di un sogno. Fluido nelle logiche e nei dialoghi, fluido nelle riprese che seguono un ritmo che alterna velocità a pause senza un ritmo schematizzato moralmente, ma seguendo gli eventi e raggiungendo il plot, senza far sentire il peso degli oltre 120 minuti di proiezione.
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Visto in lingua originale, si possono apprezzare le interpretazioni dei due bravissimi ragazzini. Tantissima grafica, tantissima scenografia, tantissima magia. I personaggi si muovono in una spazio che ruota loro attorno, fisicamente e psicologicamente, ma nulla ci appare lontano se è nostra la capacità di immergerci nel fantastico.
Eppure tutto è reale, tutto è possibile, tranne lui, il ragazzino che rimasto solo al mondo, ignora superandole le barriere reali delle necessità umane. E’ lui che dunque fa da trait d’union nella magia della realizzazione di un sogno. Fluido nelle logiche e nei dialoghi, fluido nelle riprese che seguono un ritmo che alterna velocità a pause senza un ritmo schematizzato moralmente, ma seguendo gli eventi e raggiungendo il plot, senza far sentire il peso degli oltre 120 minuti di proiezione.
E’ qualche cosa che non ha necessità della visione in 3D perché la “piattezza” grafica è del tutto superata dalla quantità di elementi fantastici ai quali prestare attenzione e che scorrono come paesaggio di un vissuto che potrebbe essere nostro ed è senza tempo. I personaggi sono disegnati secondo i canoni del buono e del cattivo, ma senza eccessi.
Nella storia tutti i personaggi sono riportabili a fisonomie umane e questo la dice lunga su come non sia necessario ricorrere a personaggi extraterrestri dagli occhi grandi viventi in mondi colorati e lievi, per liberare il mondo dei sogni umani. Tutto giocato sul vero e non vero tra panoramiche volanti di grande respiro e riconoscibili ambienti familiari, si completa in quella realtà che è estremamente umana del dimenticare e non riconoscere la grandezza del genio che abbiamo accanto. Un accento preciso su di una realtà amara che anche nel mondo del cinema ha avuto dei riscontri e non a caso è stata inserita in questo totale omaggio al cinema stesso. Solo ad una più approfondita lettura, chi ne ha la capacità può scoprire che.. : stupisce l’invenzione dell’automa metallico, ma solamente se non se ne fa un parallelo con l’invenzione di quel mostro di ferro, la locomotiva, che spaventò tanto i primi cinespettatori: è il cinema il nuovo che arriva, ed è il cinema l’alter-ego di chi si siede in poltrona ad assaporarlo, e come non poteva essere quindi, prima della sua invenzione, un piccolo automa l’alter ego dell’uomo/padre che il giovane Hugo vuol salvare per proiettarsi in esso ?
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ettoregna
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venerdì 10 febbraio 2012
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hugo cabret: la grande passione di scorsese
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Martin Scorsese ci racconta la vita del giovane e sveglio Hugo (Asa Butterfield), orfano parigino amante della meccanica che scoprirà presto un nuovo amore, il cinema. "Hugo Cabret" lo definirei un piccolo capolavoro a metà. Non basta il dolce e bravo Asa Butterfield, nè le scenografie e gli effetti speciali comunque favolosi ed eccellenti. Manca quel poco di suspence, quel pizzico di avventura in più, tanto bramata dai protagonisti, che forse (e rimadisco forse) non farà di questo film un grande classico per ragazzi, nè per adulti. Di fatto anche il pubblico a cui è destinato è un incerto: molti degli aspetti del film lo rendono una pellicola per giovani ragazzi e bambini, mentre altri sono puramente per adulti cinefili.
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Martin Scorsese ci racconta la vita del giovane e sveglio Hugo (Asa Butterfield), orfano parigino amante della meccanica che scoprirà presto un nuovo amore, il cinema. "Hugo Cabret" lo definirei un piccolo capolavoro a metà. Non basta il dolce e bravo Asa Butterfield, nè le scenografie e gli effetti speciali comunque favolosi ed eccellenti. Manca quel poco di suspence, quel pizzico di avventura in più, tanto bramata dai protagonisti, che forse (e rimadisco forse) non farà di questo film un grande classico per ragazzi, nè per adulti. Di fatto anche il pubblico a cui è destinato è un incerto: molti degli aspetti del film lo rendono una pellicola per giovani ragazzi e bambini, mentre altri sono puramente per adulti cinefili. Scorsese infatti fa un grande omaggio a gli arbori del cinema regalandoci scene e metodologie dei primi cineasti, in particolare dell'illusionista-regista Georges Melies (Ben Kingsley) che nel film sembra aver smarrito la sua grande passione. Hugo e Isabelle (Cloe Moretz), la figlia adottiva dello stesso Melies, cercheranno a tutti i costi di fargli ritrovare la sua vera strada, imbattendosi in guardie ferroviarie accalappia-orfani (Sacha Baron Cohen), e grandi stimatori di Melies (irriconoscibile Jonnhy Deep). Uno degli aspetti del film che forse colpisce maggiormente è la storia del piccolo Hugo, accentuata benissimo anche dell'epoca storica, che sicuramente fa riflettere sulla solitudine che dopo la prima grande guerra si abbattè su molti bambini che perserò tutto tranne il profondo valore della famiglia. "Hugo Cabret" rimane comunque un ottimo film, sicuramente da vedere che però forse non è del tutto all'altezza delle aspettative che crea con le sue 11 nomination agli Oscar.
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giofredo'
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domenica 4 marzo 2012
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che scorsese!!!
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Artisticamente e tecnicamente pellicola ineccepibile e questo,come già detto, sotto ogni profilo.
Film ben dosato e ben calibrato inerente con la dose giusta di atmosfera che accludeva quella sensazione quasi d' impulso a tuffarsi dentro e toccare/vivere quella "realtà" cosi artisticamente NAIF.
L'unica imperfezione a mio avviso, si è riscontrata nella lunghezza delle sequenze, senza omettere a tal proposito la mancanza totale di gags che forse avrebbero caratterizzato e irrobustito maggiormente la trama e regalato un po' di adrenalina allo sparuto pubblico presente in sala (era credo un sabato/carnevale ambrosiano).
Malgrado tutto ai tre quarti del film, mi eclissai quatto quatto verso l'uscita.
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Artisticamente e tecnicamente pellicola ineccepibile e questo,come già detto, sotto ogni profilo.
Film ben dosato e ben calibrato inerente con la dose giusta di atmosfera che accludeva quella sensazione quasi d' impulso a tuffarsi dentro e toccare/vivere quella "realtà" cosi artisticamente NAIF.
L'unica imperfezione a mio avviso, si è riscontrata nella lunghezza delle sequenze, senza omettere a tal proposito la mancanza totale di gags che forse avrebbero caratterizzato e irrobustito maggiormente la trama e regalato un po' di adrenalina allo sparuto pubblico presente in sala (era credo un sabato/carnevale ambrosiano).
Malgrado tutto ai tre quarti del film, mi eclissai quatto quatto verso l'uscita.
Film,in ogni caso adatto piu' che altro a una fascia di pubblico adolescenziale.
Comunque: sempre bravo Scorsese, cioe' tre hip urra.
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valis.91
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sabato 10 marzo 2012
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una riflessione sul cinema tra ieri ed oggi
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Attraverso il romanzo di Selznick Brian,Martin Scorsese porta in scena una riflessione autoreferenziale sul cinema e cosa potrebbe rappresenta ancora oggi. L'avventura dei due bambini ambientata in una stazione (anche qui, chiaro riferimento al cinema delle origini di Lumière)con un sistema di innumerevoli citazioni e rimandi che solo un autore della Nuova Hollywood poteva azzardare, si articola intrecciata alla vicenda storica di uno dei grandi pioneri del cinema, George Meliès. Con un'atmosfera a tratti dickensiana, Hugo riesce alla fine a riportare in auge l'importanza dello strumento cinematografico: un mezzo nato essenzialmente per divertire il pubblico popolare, che poteva osservare un mondo creato artificialmente dove i sogni potevano prendere vita.
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Attraverso il romanzo di Selznick Brian,Martin Scorsese porta in scena una riflessione autoreferenziale sul cinema e cosa potrebbe rappresenta ancora oggi. L'avventura dei due bambini ambientata in una stazione (anche qui, chiaro riferimento al cinema delle origini di Lumière)con un sistema di innumerevoli citazioni e rimandi che solo un autore della Nuova Hollywood poteva azzardare, si articola intrecciata alla vicenda storica di uno dei grandi pioneri del cinema, George Meliès. Con un'atmosfera a tratti dickensiana, Hugo riesce alla fine a riportare in auge l'importanza dello strumento cinematografico: un mezzo nato essenzialmente per divertire il pubblico popolare, che poteva osservare un mondo creato artificialmente dove i sogni potevano prendere vita. La grande guerra è infatti la causa che porta alla conversione delle industrie cinematografiche della Star Film e la Pathè in fabbriche belliche ed inconsapevolmente conduce alla rinuncia a qualsiasi illusione che il cinema era solito suscitare. Il film di Scorsese sembra catapultarsi fuori dalla sala cinematografica, quasi da accompagnamento all'effetto 3D, e smuove lo spettatore a un pensiero più ampio sul cinema: cosa effettivamente è il cinema oggi? cosa si cerca di suscitare oggi con metri e metri di pellicola? Può accadere che il pubblico ad un certo punto decida di snobbare le sale cinematografiche?E' possibile che un giorno il sogno svanisca di nuovo? Il cinema fin dalla sua comparsa nel 1897 ha affrontato molte prove difficili che avrebbero potuto minare la sua esistenza; d'altra parte la macchina cinematografica è uno strumento così versatile che ha potuto adattarsi ad ogni situazione e tutt'ora diventa quasi inimmaginabile una vita senza film. In fondo sembra però non aver perso il significato originale: saper divertire. E ritornando al lungometraggio, esso riesce ad adempire anche questo compito, usando sia il 3D sia un canovaccio che funziona, che diverte grandi e piccini.
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pepito1948
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sabato 11 febbraio 2012
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omaggio al cinema delle origini
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Se i Lumiere inventarono il cinematografo, fu Melies ad inventare il cinema. Forte della sua esperienza di prestigiatore e mago, costruì una rudimentale macchina da presa e inventò il primo studio, girandovi piccole fiction, ideando e mostrando sconosciuti effetti speciali, realizzando i primi esperimenti di colorazione. Insomma, dopo le pioneristiche riprese documentaristiche della realtà, Melies intuì i futuri sviluppi di un'invenzione rivoluzionaria creando storie, fondali, trucchi scenici; e se il successo improvvisamente venne meno, fu perchè in quel campo non esistevano ancora i diritti d'autore che compensassero e remunerassero i crescenti costi di produzione.
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Se i Lumiere inventarono il cinematografo, fu Melies ad inventare il cinema. Forte della sua esperienza di prestigiatore e mago, costruì una rudimentale macchina da presa e inventò il primo studio, girandovi piccole fiction, ideando e mostrando sconosciuti effetti speciali, realizzando i primi esperimenti di colorazione. Insomma, dopo le pioneristiche riprese documentaristiche della realtà, Melies intuì i futuri sviluppi di un'invenzione rivoluzionaria creando storie, fondali, trucchi scenici; e se il successo improvvisamente venne meno, fu perchè in quel campo non esistevano ancora i diritti d'autore che compensassero e remunerassero i crescenti costi di produzione. Il declino e la scomparsa dalla scena furono inevitabili, ma dopo la lunga eclissi seguì una rinascita riparatoria, che gli consentì di riacquisire fama e gloria prima che l'oblio ne seppellisse la memoria. A più di un secolo dalle origini, Scorsese rende omaggio al primo regista, sceneggiatore, montatore della storia del cinema, e lo fa utilizzando un racconto del 2007 fatto di parole e disegni che, attraverso le avventure di un adolescente rimasto senza famiglia, rievoca la figura e le tappe fondamentali della vita del primo cineasta. Naturalmente si tratta di un pretesto per lanciare in forma filmica il suo messaggio di amore e gratitudine verso uno dei padri ispiratori di tutti i cineasti che si sono successivamente cimentati nel mondo del cinema, migliorandolo, perfezionandolo, ampliandone tecnologie e forme espressive. Del resto è noto che il regista americano in più occasioni ha riconosciuto le sue fonti d'ispirazione nel cinema del passato -come il nostro neorealismo post-bellico, per esempio- e lo fa con citazioni indirette (Oliver Twist di Dickens, autore da sempre molto amato e "saccheggiato" da produttori e registi) e dirette, come la riproposizione del filmato dei Lumiere sul Treno del 1895 o la ricostruzione di alcuni spezzoni della copiosa produzione di Melies, come il viaggio sulla Luna, suo massimo successo (in qualche modo ispirato a Verne). Un film sul cinema e per il cinema, a poca distanza dall'uscita di The Artist, inno al cinema muto ed alle sue evoluzioni. La stessa breve immagine di Scorsese in persona dietro una rudimentale mdp di legno richiama la modalità di Hitchcock di firmare i suoi film, facendosi così visibile portatore del messaggio di riconoscenza verso i grandi Autori di cui il film è pervaso dalla prima all'ultima scena. Questa volta Scorsese abbandona gli ambienti violenti della criminalità americana, i contesti cupi, sanguinolenti e senza speranza, la corruzione e le altre tare indelebili dell'uomo, la megalomania e la follia dilaganti (The Aviator) e si avvale di atmosfere favolistiche ed oniriche, dove dominano orologi, ingranaggi, ruote dentate, meccanismi in cui ogni elemento, ogni componente ha una funzione specifica ed è indispensabile per ottenere l'effetto finale; come in ogni società umana, dove ciascuno per il fatto di farne parte è attributario di un ruolo ben preciso anche se ne è ignaro, quasi per inesorabile predestinazione. Ma Scorsese, nonostante la favola si concluda felicemente, non rinuncia ad un sussulto del suo proverbiale pessimismo, quando fa dire a Melies: il lieto fine esiste solo nei film. Altra grande prova del Maestro americano, perfetto in ogni inquadratura, attento al più piccolo dettaglio, ineguagliabile nelle ricostruzioni d'ambiente, coadiuvato dalla fantasia e dalla creatività tecnica del fedele e straordinario Dante Ferretti. Giù il cappello.
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nico92
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lunedì 27 febbraio 2012
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hugo cabret, una gioia per gli occhi.
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Il pittoresco scorcio di un minicosmo ferroviario, incorniciato in una fiabesca quanto favolosa Parigi anni trenta.
Il turbinio di emozioni e meraviglie che oscillano vorticosamente tra il cuore del protagonista e quello dello spettatore.
Il tema della solitudine, dell’amicizia e dello stupore innocente dell’infanzia che avvolge e contagia l’universo adulto.
Il fantasy puro che accompagna e celebra la nascita di quella macchina di sogni che oggi chiamiamo cinema.
Tutto questo è Hugo Cabret.
Scorsese trasporta su una pellicola coloratissima la storia di un giovane sognatore che, rintanato nel grande orologio della stazione di Montparnasse, aspira a riparare un automa lasciatogli dal padre, nella speranza di trovarvi un suo messaggio.
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Il pittoresco scorcio di un minicosmo ferroviario, incorniciato in una fiabesca quanto favolosa Parigi anni trenta.
Il turbinio di emozioni e meraviglie che oscillano vorticosamente tra il cuore del protagonista e quello dello spettatore.
Il tema della solitudine, dell’amicizia e dello stupore innocente dell’infanzia che avvolge e contagia l’universo adulto.
Il fantasy puro che accompagna e celebra la nascita di quella macchina di sogni che oggi chiamiamo cinema.
Tutto questo è Hugo Cabret.
Scorsese trasporta su una pellicola coloratissima la storia di un giovane sognatore che, rintanato nel grande orologio della stazione di Montparnasse, aspira a riparare un automa lasciatogli dal padre, nella speranza di trovarvi un suo messaggio. Nel conseguire il suo scopo il piccolo Hugo dovrà confrontarsi con il cupo giocattolaio della stazione, che come lui condivide la passione per gli ingranaggi, e la sua figlioccia Isabelle affascinata dalle avventure. Nel corso del loro viaggio onirico i due ragazzini non solo troveranno la chiave mancante del burattino meccanico, ma rivivranno attraverso gli occhi di George Meliès l’evoluzione del magico mondo cinematografico.
Siamo di fronte ad un capolavoro filmico che sfrutta al meglio la tecnologia 3D, non più per intrattenere con scene in primo piano di veloci inseguimenti, bensì per fondere l’umanità dei personaggi alla surreale e incantata scenografia. Metaforica la forma a cuore della chiave dell’automa, quasi a rimarcare l’amore di Scorsese per il cinema. Stesso amore che spinge il regista a servirsi del simbolo dell’orologio e del tempo che scorre, per valorizzare un passato da non dimenticare, ponendosi in contrasto con la società odierna interamente volta al futuro.
Il risultato finale è la riprova che se c’è di mezzo Scorsese, non può che uscirne un’opera d’arte, dal ruvido realismo di “taxi driver”, all’antropologia mafiosa di “quei bravi ragazzi”, ed anche Hugo Cabret lascia il segno.
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enrichetti
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sabato 10 marzo 2012
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la scatola magica
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"Il passato ha bisogno che lo si aiuti, che lo si ricordi agli immemori, ai superficiali, agli indifferenti" (Vladimir Jankèlèvitch). In un film in 3D, ultima frontiera dell'attuale tecnica cinematografica, Scorsese ci ricorda (e ci fa conoscere) le origini, il padre degli effetti speciali, precursore del colore. Lo stesso Scorsese entra nella narrazione per immortalarne l'immagine con un'antica fotocamera. Il film accompagna lo spettatore in un susseguirsi ed incastrarsi di ingranaggi perfetti attraverso storie ed emozioni: un bambino, Hugo, già orfano di madre, perde il padre e rimane solo, aggrappato ad un automa che il suo papà stava cercando di rimettere in funzione.
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"Il passato ha bisogno che lo si aiuti, che lo si ricordi agli immemori, ai superficiali, agli indifferenti" (Vladimir Jankèlèvitch). In un film in 3D, ultima frontiera dell'attuale tecnica cinematografica, Scorsese ci ricorda (e ci fa conoscere) le origini, il padre degli effetti speciali, precursore del colore. Lo stesso Scorsese entra nella narrazione per immortalarne l'immagine con un'antica fotocamera. Il film accompagna lo spettatore in un susseguirsi ed incastrarsi di ingranaggi perfetti attraverso storie ed emozioni: un bambino, Hugo, già orfano di madre, perde il padre e rimane solo, aggrappato ad un automa che il suo papà stava cercando di rimettere in funzione. Lo aveva trovato in un museo, abbandonato all'oblio. Uno zio, ubriacone ed orologiaio, prende con sè il bambino portandolo nel suo covo ricavato negli spazi degli enormi ingranaggi della torre dell'orologio della stazione di Paris Montparnasse. E' un mondo magico, perfetto, che Hugo impara a conoscere e a far funzionare. Nel frattempo continua l'opera ereditata dal padre nel tentativo di ridare vita all'automa. Questa missione lo porta nella piccola bottega di giocattoli del sig.Mèliès che si rivelerà poi essere il costruttore dell'automa nonchè un grande cineasta. La storia, dunque, comincia a ricomporsi attraverso la ricerca, da parte di due bambini, delle trame del fantastico; la passione di un altro bambino ora studioso di cinema; la memoria dello stesso Mèliès e dell'attrice Lisette, sua moglie; e soprattutto attraverso la ricostruzione dei films, che ci offre la visione di un cinema di invenzione, quando la tecnica e la fantasia concorrevano a restituire magia alla realtà. Perchè il luogo da dove si esprime la creazione del nostro mondo è una...scatola magica.
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edwood87
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giovedì 29 marzo 2012
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uno scorsese dalle molteplici dimensioni.
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Quando i trailer riportano il nome di Martin Scorsese ci sono sempre altissime aspettative.
E' capitato con il recente Shutter Island e si è ripetuto con quest'ultimo Hugo Cabret.
Questa volta, osservando le anticipazioni dell'ultima pellicola del maestro Scorsese, c'è stata gente che stentava a credere che potesse davvero trattarsi di un suo film. Il 3D appartiene a Spielberg, Zemeckis e ad altri cineasti che si sono cimentati in questa tecnica, ma mai a pensare che il regista di Quei bravi ragazzi potesse approdare al 3D o uscire in sala con un film che richiama le atmosfere di Oliver Twist.
Facile confondersi, mi verrebbe da dire; difficile azzardare aspettative quando si parla di Scorsese.
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Quando i trailer riportano il nome di Martin Scorsese ci sono sempre altissime aspettative.
E' capitato con il recente Shutter Island e si è ripetuto con quest'ultimo Hugo Cabret.
Questa volta, osservando le anticipazioni dell'ultima pellicola del maestro Scorsese, c'è stata gente che stentava a credere che potesse davvero trattarsi di un suo film. Il 3D appartiene a Spielberg, Zemeckis e ad altri cineasti che si sono cimentati in questa tecnica, ma mai a pensare che il regista di Quei bravi ragazzi potesse approdare al 3D o uscire in sala con un film che richiama le atmosfere di Oliver Twist.
Facile confondersi, mi verrebbe da dire; difficile azzardare aspettative quando si parla di Scorsese. Infatti, solo dopo aver visto il film la gente può finalmente rendersi conto di quanto possa essere "scorsesiana" questa pellicola.
Hugo vive nascosto nella stazione di Paris Montparnasse. Rimasto orfano, decide di aggiustare gli orologi della stazione e coltiva il sogno di riparare un robot che conserva nel suo nascondiglio e che raffigurerà tutto ciò che gli rimane di suo padre. Per riuscire in questa sua missione, il protagonista sottrae gli attrezzi di cui necessita dal negozio di giocattoli della stazione gestito da un uomo triste e burbero, ma viene colto in flagrante dal vecchio e derubato del prezioso taccuino di suo padre con i disegni dell'automa necessari alla riparazione di quest'ultimo. Hugo farà di tutto per riavere il suo taccuino e finirà per lavorare sotto gli ordini di quel burbero uomo misterioso. Sotto le vesti di questo strano personaggio si racchiuderà tutto l'amore che il cineasta Scorsese prova nei confronti del cinema, richiamando gli effetti speciali del passato e mescolandoli a quelli di oggi.
Alla fine della visione di quest'opera, il pubblico potrà uscire dalla sala soddisfatto e compiaciuto nell'aver visto un film istruttivo, emozionante e "speciale" come gli effetti del 3D, ma in generale, proprio come Martin Scorsese.
Sarà un caso, ma Hugo si accosta a The Artist e a Midnight in Paris per la scelta di un ritorno al passato: un tema che ha contraddistinto il festival degli Oscar in questa annata.
In conclusione, non mi resta che augurarvi una buona visione e consiglio vivamente di allacciare le cinture in sala, perché il regista in questione promette di portarvi dritti sulla luna!
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catcarlo
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lunedì 4 giugno 2012
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hugo cabret
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Al mattino, quando si guarda allo specchio facendosi la barba. Lì, almeno, il buon Martin se lo confessa. Macchè storia intrigante, bisogno di sperimentare strade mai percorse, voglia di giochicchiare con il 3D: questo film nasce dal desiderio di sfogare la propria, devota cinefilia. Un vero e proprio atto d’amore nei confronti della magia del cinema, quella che, nel buio della sala con il grande schermo davanti, ti lascia con la bocca aperta, dimentico di tutto e di tutti. Non a caso, il film decolla davvero quando i due giovani protagonisti sfogliano l’enciclopedia cinematografica del professor Tabard: tra le pagine scorrono le immagini degli albori – dai Lumière a Keaton – e da lì in poi la pellicola comincia a emozionare veramente.
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Al mattino, quando si guarda allo specchio facendosi la barba. Lì, almeno, il buon Martin se lo confessa. Macchè storia intrigante, bisogno di sperimentare strade mai percorse, voglia di giochicchiare con il 3D: questo film nasce dal desiderio di sfogare la propria, devota cinefilia. Un vero e proprio atto d’amore nei confronti della magia del cinema, quella che, nel buio della sala con il grande schermo davanti, ti lascia con la bocca aperta, dimentico di tutto e di tutti. Non a caso, il film decolla davvero quando i due giovani protagonisti sfogliano l’enciclopedia cinematografica del professor Tabard: tra le pagine scorrono le immagini degli albori – dai Lumière a Keaton – e da lì in poi la pellicola comincia a emozionare veramente. Oltre ai filmati d’epoca, Scorsese infila qua e là citazioni tra il divertito e il maniacale – su IMDB ce n’è una lista abbastanza nutrita – ed è facile immaginarlo immedesimarsi nell’appassionato racconto che Méliès fa del proprio lavoro, tanto da rigirarne alcune tra le scene più famose con la scusa di narrarne la realizzazione. Va bene, potrebbe chiedersi qualcuno, ma il resto? Il resto è un film molto bello pur a prescindere dalla storia del cinema e che ha tutto per piacere anche ai ragazzi a cui, in prima battuta, è destinato (ecco qui la strada mai percorsa). Hugo è un ragazzino dalla vita difficile, costretto in incognito a badare alla manutenzione degli orologi di una grande stazione parigina e a procurarsi da mangiare in qualche modo: un automa e l’amicizia con Isabelle lo porteranno a risvegliare – ad ‘aggiustare’ - il grande regista di un tempo nascosto nell’uomo triste che gestisce il negozio di giocattoli. La macchina da presa scorre veloce negli interstizi della stazione e fra gli ingranaggi degli orologi mentre, in mezzo alla folla che circola fra e attorno ai treni, vengono delineate alcune gustose figure di contorno, fra cui lo stolido poliziotto Gustave interpretato da Baron Cohen: il ritmo non scade mai e gli effetti speciali – un po’ per esigenze di 3D, un po’per il gusto di lanciare un treno verso gli spettatori – regalano quel brivido in più che non fa mai male. Nel finale, il Méliès di Ben Kingsley si prende inevitabilmente la scena, grazie all’interpretazione misurata di un personaggio che, almeno in un certo periodo della sua vita, fu esagerato: attorno a lui tutte le tessere vanno a posto, perché il lieto fine esisterà solo nei film, ma lo spettatore va al cinema anche per questo (e, comunque, se c’è uno parecchio allergico all’happy ending, quello è Scorsese).
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