Titolo originale | Kiz Kardesler |
Anno | 2019 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Turchia, Germania, Paesi Bassi, Grecia |
Durata | 108 minuti |
Regia di | Emin Alper |
Attori | Kayhan Açikgöz, Cemre Ebuzziya, Helin Kandemir, Müfit Kayacan, Kubilay Tunçer Ece Yüksel, Hilmi Özçelik, Basak Kivilcim Ertanoglu, Mehmet Akin, Emin Alper, Akin Baspehlivan, Selim Gunturkun, Emrah Keskin, Ibrahim Kestane. |
MYmonetro | 2,75 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 12 febbraio 2019
tre ragazze vengono prese dal loro povero villaggio e mandate in famiglie di affidatari benestanti.
CONSIGLIATO SÌ
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In un remoto villaggio dell'Anatolia centrale, un vedovo si ritrova a vivere con le tre figlie, la ventenne Reyhan e le adolescenti Havva e Nurhan, in precedenza mandate in città per lavorare a servizio. Reyhan è ritornata per sposare un pastore della zona e nascondere la colpa di un figlio illegittimo, mentre Havva è stata rimandata a casa dopo la morte del bambino di cui si occupava. L'ultima a fare ritorno è Nurhan, colpevole di aver malmenato i figli del ricco dottor Necati, per il quale in precedenza aveva lavorato la stessa Reyhan. La visita al villaggio di Necati alimenta le speranze di ciascun personaggio di poter fare ritorno o di trasferirsi in città, fuggendo da un mondo destinato alla sparizione.
Tre sorelle ritornano nel loro villaggio nel cuore dell'Anatolia. Sognano la città, la libertà a loro preclusa, l'emancipazione da una terra segnata dalla povertà e dalla superstizione.
Rifare Čechov tra le montagne dell'Anatolia: ci aveva già pensato Nuri Bilge Ceylan con Il regno d'inverno, portando in un ambiente selvaggio conflitti e aspirazioni di una famiglia di proprietari terrieri. Lo ha rifatto ora Emin Alper con A Tale of Three Sisters (in concorso alla Berlinale dopo aver presentato a Venezia nel 2015 il precedente Frenzy) che, pur senza dichiararlo, adatta il dramma teatrale "Le tre sorelle", richiamato dalla vicenda di tre giovani donne che tornano nel mondo contadino delle loro origini e guardano alla città come a una remota occasione di libertà.
Nel racconto di un'inattesa riunione familiare alle soglie dell'inverno, negli scontri fra le tre donne e il padre autoritario, nei lunghi dialoghi che svelano drammi e segreti privati, mancano però la tensione morale della scrittura di Ceylan e soprattutto una messinscena capace di opporre alla maestosità dei paesaggi le fragilità dei personaggi.
Bloccato in una forma estremamente curata, figlia degli infiniti passaggi di questo genere di prodotti da festival attraverso le rifiniture di film lab e co-production market, con il conseguente comporto di capitali internazionali e di professionisti europei alle singole voci del cast (musiche, costumi, suono), A Tale of Three Sisters ha l'aspetto di un film senza tempo, ambientato in un mondo senza riferimenti cronologici e impaginato come l'illustrazione di un romanzo d'appendice.
L'idea stessa del ritorno e della circolarità (con la più giovane delle tre sorelle che, nel finale, viene mandata a ripercorrere le tappe delle altre due) restituisce in maniera pedante l'impossibilità della liberazione. La condanna delle protagoniste resta quella di non poter sfuggire al loro mondo, come nel corso del film viene ribadito dalla presenza ricorrente di due misteriosi viandanti che incombono sul villaggio o dal rotolare sulla terra fangosa della scema del villaggio, a ricordare la dannazione del destino e l'ironia imperscrutabile dei suoi percorsi ciclici.
Tutto però in questo film resta eccessivamente scritto e rappresentato, come se Alper non riuscisse a a liberarsi dai propri ingombranti modelli letterari e cinematografici.
Il film è evidentemente, ma non dichiaratamente, ispirato al dramma teatrale Tre sorelle di Anton Čechov e il regista sceglie un approccio teatrale per raccontare questa fiaba per adulti ambientata in un villaggio sperduto tra le montagne dell’Anatolia centrale. In realtà la pellicola è stata girata nel distretto di Yusufeli a nord est della Turchia a causa della difficolta [...] Vai alla recensione »