Elio Germano è un attore italiano, regista, è nato il 25 settembre 1980 a Roma (Italia). Al cinema il 31 ottobre 2024 con il film Berlinguer - La grande ambizione. Elio Germano ha oggi 44 anni ed è del segno zodiacale Bilancia.
Macché De Niro o Pacino: il mio vero maestro è Milian-Monnezza
È l'antidivo per eccellenza, l’anti Scamarcio. Uno che odia essere riconosciuto e difatti e spesso irriconoscibile, odia essere filmato é fotografato, odia fare la star, finire: sulle copertine, passare al tritacarne del gossip, guardarsi allo pecchio, apparire.
Da Corviale, periferia di Roma, al David di Donatello, che carriera per Elio Germano, il più schivo e il più promettente dei nostri giovani attori. E forse: il meno banale. A 27 anni, oggi riceve «pacchi di sceneggiature ogni giorno». Girerà presto !l grande sogno, di nuovo con Scamarcio e con Laura Morante, il film di Michele Placido sul sessantotto. Al festival di Venezia, dove sarà in concorso con Nessuna qualità agli eroi di Paolo Franchi, riceverà un premio speciale (il Guglielmo Biraghi). Un altro. Ben lungi dal montarsi la testa, mantiene con distacco il basso profilo, non frequenta nessuno dell'ambiente e continua ad abitare nel palazzone proletario lungo un chilometro di Corviale: «Mi trovo meglio lì che nei quartieri di finzione sociale».
Multiforme e camaleontico, Germano si mimetizza. Cambia faccia e cambia sguardo a seconda che vesta i panni del Sorcio in Romanzo criminale, del Pasticca nel Medico in famiglia, del maestrino che vuole attentare alla vita di Napoleone in N e via elencando i suoi molti ruoli nei suoi molti film, diretto, dopo l'esordio con i Vanzina («Il cielo in una stanza, il loro unico flop») via via da Scola, Crialese, Veronesi, Placido, Salvatores, Virzì, Luchetti, Dario Argento. «Io so' completo'.», come dice il suo personaggio di fascista buono in Mio fratello è figlio unico, dove ha messo in ombra Scamarcio.
Lo incontro nella sua roulotte a Porta Portese, sul set del film ispirato al libro di Marco Baldini (a spalla di Fiorello) Il giocatore, che si intitolerà invece Il mattino ha l'oro in bocca, regia di Francesco Patierno, prodotto da Rodeo Drive e distribuito da Medusa. Recita il ruolo del protagonista, storia di crescita di un giovane ossessionato dal gioco d'azzardo, accanto a Martina Stella e Laura Chíatti. Allampanato, bianchissimo, ha qualche livido in faccia, tutto finto, opera del truccatore: «Ho appena preso quattro schiaffoni», spiega. Indossa bermuda blu e una camicia a fiori giganti che si toglie con disinvoltura, come fosse al mare, mentre parla, rivelando un torace esile e glabro da ragazzo.
Come si è preparato per la parte di Marco Baldini inseguito dagli usurai?
«Non leggendo il suo libro, ma parlando molto con lui, con i suoi amici, anche con i suoi genitori. Nessuno di noi è voluto cadere nella trappola delle: somiglianze o delle imitazioni, anche se i personaggi sono reali e sono chiamati con i loro nomi, Baldini, Fiorello, Cecchetto».
Baldini dice che ha un grande talento naturale e ricorda Al Pacino per la capacità di immedesimarsi nel personaggio.
«Non credo di avere un talento particolare. Il mio lavoro è principalmente di studio».
Il suo collega Libero De Rienzo dice che lei è il più bravo in Italia, «l'unico che fa l'attore mettendosi in pericolo». Che tipo di pericolo?
«Quello di cercare di arrivare nudo alle riprese. Di eliminare le esperienze accumulate prima. Di tentare di illudere lo spettatore che le cose cui assiste stiano accadendo davvero, come se si trattasse non di un film ma di un documentario. Il mio metodo, il mio professionismo consiste nel non recitare. Io combatto la recitazione, il compiacimento, il fatto di guardarsi mentre si lavora».
Contro i gigioni. Chissà quanti colleghi boccia.
«Ma no? Io sono un fan totale di tantissimi attori».
Qualche nome.
«Tutti quelli che si rendono disponibili, esponendosi, mettendosi in discussione, non portando sul set la propria sicurezza. Da Castellitto a Bentivoglio, da Favino a Santamaria, da De Rienzo a Mastandrea. Ma più che parlare di attori parlerei dì personaggi, direi: che bello quel personaggio...».
E dei molti registi con cui ha lavorato con chi si è trovato meglio?
«Da ognuno ho imparato una cosa diversa. Con Patierno mi trovo benissimo, lo sento simile a me, abbiamo le stesse idee. Da ogni mio personaggio esce un po' del regista con cui ho lavorato. Contano tantissimo i rapporti personali, molto più della cosiddetta professionalità. Conta l'intesa, la comunicazione, che può anche passare attraverso dei silenzi».
L'aiuta lo humour nel suo lavoro?
«Beh, molto. Serve a tenere le distanze dalle cose, a non prenderle mai sul serio, a considerarle un po' come un gioco. Sinceramente mi viene spesso da ridere quando lavoro, non mi trattengo, e allora bisogna stoppare la scena».
Virzì ha detto che lei è il De Niro italiano. Le viene da ridere?
(Ride). «De Niro, Al Pacino? Se dovessi prendere uno dei grandi cui ispirar
mi direi Tomas Milían, per come è passato dal Monnezza a Antonioni e anche per le distanze che ha saputo prendere dal mondo delle copertine e dei giornali scandalistici. I più grandi sono quelli che non somigliano mai al loro personaggio precedente, come Daniel Day-Lewis. Citerei anche un altro grande di cui si parla pochissimo: Enrico Maria Salerno».
Lei che fa quando la fotografano?
«Se posso evito. Io vengo da una scuola di recitazione, quella del Teatro dei Cocci, in cui l'attore non è un divo. È semmai un giullare da prendere a pomodori in faccia, non un personaggio pubblico elevato a emblema di bellezza e notorietà di cui tutto è, e deve essere, pubblico. Dei politici dovremmo sapere tutto, visto che li eleggiamo e ci rappresentano, non degli attori. Quello con gli ammiratori poi non è un rapporto vero. Vogliono solo fotografarti per vantarsi con gli amici, sei solo un'immagine bidimensionale dentro a un cellulare. A molti miei colleghi fa piacere, a me no. Negarmi per me è la chiave di volta per restare nel mio.E per potermi aprire di fronte alla macchina da presa».
Dieci anni fa scriveva racconti: continua con la scrittura creativa?<br>
«Uno, Ansia, fu pubblicato su un inserto di Repubblica. Continuo a scrivere, sì, ma è una scrittura destrutturata. Scrivo non per pubblicare ma per mania. Su fogli sparsi, dove capita: frasi, pensieri.
Mi piace ricopiare qualcosa, mi piace la 'i scrittura in sé, l'atto, il gesto. Scrivo sempre a mano, mai con il computer. Soprattutto scarabocchio, disegno».
Che ci fa coi soldi che guadagna?
È vero che conserva ancora il suo primo compenso di 100 mila lire?
«Sì, ho ancora le banconote legate con un elastico. Avevo 14 anni, fu per una cosa a teatro. Soldi non ne ho ancora visti molti. Non volendo comparire su giornali e sulle copertine gli stipendi sono rimasti quelli di dieci anni fa».
Non ci credo.
«Le cose sono cominciate a cambiare I dopo il David. Ma non ho mai accettato Ì una proposta per soldi. Tempo fa feci la pubblicità al Kinder Bueno e mi hanno preso per il culo per tre anni. Sapesse quanti me ne hanno proposti di spot negli ultimi tempi. E quanti film non interessanti, solo perché il mio nome fa comodo alle produzioni. Ma ci tengo a vivere come un essere umano».
È vero che fa impianti elettrici, lavori in muratura, e aggiusta le moto?
«L'ho fatto quando mi serviva. E comunque penso che nella vita più cose sai fare meglio è».
Ha detto: io e Berlusconi siamo uguali, due clown. Lo pensa ancora?
«Io non ho mai, mai pronunciato una frase del genere, pura invenzione giornalistica. Anzi, penso che la cosa pìù stupida che possa fare la sinistra è far passare Berlusconi per un clown. Invece è un uomo molto intelligente e astuto».
Scusi ma lei non è di sinistra?
«Io? Sì, ma una sinistra passata, idealistica, che non esiste più, non la sinistra ancorata a questo sistema di cose».
Da Il Venerdì di Repubblica, 10 Agosto 2007