Johnny Depp (John Christopher Depp II) è un attore statunitense, regista, produttore, co-produttore, è nato il 9 giugno 1963 ad Owensboro, Kentucky (USA). Johnny Depp ha oggi 60 anni ed è del segno zodiacale Gemelli.
Figlio di un ingegnere e di una cameriera, ha un fratello e due sorelle, nate dal precedente matrimonio della madre. Dopo la sua nascita la famiglia si trasferisce a Miramar, in Florida. Nel 1978 i genitori divorziano ed egli si stabilisce dalla madre, ma l'anno seguente abbandona la casa e la scuola andando a vivere nella sua automobile con l'amico Sal Janco. In questo periodo forma il complesso rock The Kids, che raggiunge una certa notorietà in Florida e viene scelto da cantanti come Billy Idol e Iggy Pop per fare da gruppo spalla ai loro concerti. Nel 1983 sposa Lori Ann Allison. Sebbene la loro unione duri poco, i due restano in buoni rapporti e proprio il nuovo fidanzato di lei, l'attore Nicolas Cage, lo convince a fare il provino per Nightmare-dal profondo della notte, film di Wes Craven del 1984 che segna il suo debutto nel mondo del cinema. Dopo un'apparizione in Platoon, nel 1987 interpreta il ruolo di poliziotto nella serie televisiva 21 Jump Street, riscuotendo un successo tale da ricevere ogni giorno migliaia di lettere dalle sue ammiratrici. Se nel 1990, con la commedia musicale Cry Baby di John Waters, riuscita parodia dei film di Elvis Presley, dimostra di avere del talento, è con la parte da protagonista in Edward Mani di Forbice di Tim Burton che si afferma sul grande schermo, raggiungendo la popolarità internazionale. Scelto da Kusturika per Arizona Dream, da Jarmusch per l'atipico western Dead Man e ancora da Tim Burton per Ed Wood, conferma le sue doti e la predisposizione a calarsi perfettamente nel ruolo di personaggi anticonformisti, poco integrati socialmente e interiormente complessi. Esemplare in questo senso la sua interpretazione del mimo analfabeta che in Benny & Joon del 1993 si esibisce con bravura nelle imitazioni di Chaplin e Keaton. In una carriera ormai ben avviata, si fa ulteriormente notare recitando a fianco di un appesantito ma sempre carismatico Marlon Brando in Don Juan de Marco, ennesima rivisitazione della figura di Don Giovanni, e poi in coppia con Al Pacino nel film Donnie Brasco. Nel 1997 sceneggia e dirige Il coraggioso, ma le sue qualità di regista appaiono nettamente inferiori a quelle di attore e il risultato è deludente. Dopo aver nuovamente lavorato con Tim Burton per Il mistero di Sleepy Hollow ed essere stato protagonista in Paura e delirio a Las Vegas di Terry Gillian, nel 1999 è tra gli interpreti principali in La nona porta, horror poco convincente diretto con mestiere da Polanski. Nello stesso anno, lasciatosi ormai alle spalle le tempestose relazioni con la collega Wynona Rider e la fotomdella Kate Moss, ha avuto una figlia dalla francese Vanessa Paradis, sua attuale compagna. Tendente al nomadismo, anarcoide, impulsivo e con un difficile carattere, è stato arrestato varie volte per aver distrutto camere d'albergo e malmenato fotografi. Diventato attore più per caso e per istinto che per scelta e formazione, Johnny Depp è un individuo introverso che trova la sua dimensione ideale portando se stesso sullo schermo. Attraente e decisamente dotato di sex appeal, ma non incline al narcisismo, sa, quando il ruolo lo richiede, far passare queste caratteristiche in secondo piano, mostrandosi duttile e dando prova di grande sensibilità interpretativa. Sempre più incline a recitare per divertirsi, nel 2003 è anche stato un divertente poliziotto corrotto in C'era una volta in Messico. Ma soprattutto è stato il protagonista nel primo incasso planetario dell'anno (640 milioni di dollari). Il pirata sbruffone di La maledizione della prima luna.
Johnny Depp voleva i denti d’oro, il trucco agli occhi, le perline colorate fra le trecce rasta, la fascia sotto il cappello a tricorno. Cercarono di dissuaderlo. La maledizione della prima luna era targato Disney. Quando mai, in un film per famiglie, si era visto un pirata vestito da rockstar, per di più versante glamour? Tenne duro, minacciò di andarsene, alla fine gli dissero «decidi tu». Il corsaro Jack Sparrow va molto a suo merito. Il resto lo fanno i magnifici zigomi indiani l’aria da teppista, i balletti spadaccini imparati dallo stesso maestro che allenava Errol Flynn, la battuta che infilza l’avversario. Finite le riprese, volò in Francia per riabbracciare la famiglia con le capsule d’oro ancora in bocca.
Messa la testa a posto e fatti due figli con Vanessa Paradis, l’ex musicista supporter di Iggy Pop cerca di star lontano da casa il meno possibile. Pensa ai pargoli Lily-Rose eJack (i nomi non omaggiano i nonni, ma il fiabesco Legend di Ridley Scott) anche quando sceglie i copioni. Era destino che gli capitasse tra le mani Finding Neverland (fuori concorso al Festival di Venezia): la biografia di James M. Barrie, il genio scozzese che inventò Peter Pan. L’uomo che - secondo Francesco Cataluccio (le prove sono nel libro intitolato Immaturità, da Einaudi) - gettò il seme dell’infantilismo novecentesco.
Tratto da una pièce teatrale di Allan Knee (The Man Who Was Peter Pan), l’ultimo Peter Pan cinematografico torna alle origini. Lo ha diretto il Marc Forster di Monster’s BalI, in calce a una lista dove stanno Disney e Spielberg. Avrebbe dovuto esserci anche Charlie Chaplin, che rinunciò stizzito al progetto quando l’amico James M. Barrie gli disse che trovava Il monello troppo sentimentale. In Finding Neverland il ragazzo scappato di casa per non diventare grande (quando prova a tornare, trova la finestra sbarrata, e la mamma che coccola il suo rimpiazzo) ha il faccino di una ragazza, Kelly MacDonald. Fu un’attrice a impersonano anche nelle prime messe in scena, datate 1904. Il romanzo, sempre firmato Barrie, uscirà nel 1911. «C’era un tocco di femminilità», disse lo scrittore, «anche in Capitan Uncino, come in tutti i grandi pirati». Il cerchio si chiude: Johnny Depp sapeva perfettamente quel che faceva, quando mise a punto l’andatura da top model di Jack Sparrow.
Piccolo, un po’ sgraziato per colpa del testone, afflitto da forti emicranie curate a forza di sigarette (uno dei primi lavori lo dedicò a My Lady Nicotine), James Barrie sarebbe felice di vedersi sullo schermo con la faccia dell’attore più sexy e più anti-macho oggi in circolazione. Muscoloso senza odor di palestra, spesso illuminato dal brillantino all’orecchio, tagli di barba e di capelli sempre in miracoloso equilibrio tra studio e trasandatezza,Johnny Depp è un efebo cresciuto. Un adulto che non si prende troppo sul serio, e torna volentieri nella stanza dei bambini. Non perché speri di trovar lì un mondo migliore. Perché quello è il territorio dell’ambiguità, delle mascherate, dei ruoli da inventare, dei capricci. Ma anche dei grandi dolori, dell’abbandono, della solitudine. Il grande pozzo da cui ogni scrittore, secondo Graham Greene, ricava le sue storie. Il vero Barrie a sette anni affrontò il lutto per il fratello maggiore che ne aveva 14, caduto con i pattini su un lago ghiacciato. Da grande, cercò di recuperare il tempo perduto giocando di nascosto con le palline di vetro, fotugiafando e raccontando favole ai bambini incontrati nel parco.
Quando James Barrie vide la statua di Peter Pan ai giardini di Kensington, la trovò troppo zuccherosa, convinto com’era che il suo eroe avesse qualcosa di demoniaco. Nel genere, gli sarebbe piaciuto uno come Edward mani di forbice, arruffata e infelice creatura lasciata a metà dal suo inventore, lo scienziato pazzo Vincent Price. L’adolescente pallido con le dita affilate come rasoi fu nel 1990 il primo ruolo importante per Johnny Depp. Lo lanciò, e avviò la collaborazione con Tim Burton, altro eterno bambino che volentieri si rifugia in soffitta con la sua collezione di fumetti, figurine, dischi volanti. Alle prese con un film da adulti come Big Fish - sulla vecchiaia, la morte, i padri troppo smisurati e invadenti - sembrava un po’ spento.
Cinque anni dopo Il mistero di Sleepy Hollow, Johnny Depp sta lavorando con Tim Burton a due pellicole. Charlie and the Chocolate Factory (uscirà il 15 luglio 2005) è tratto da un racconto di Roald Dahl, ex pilota della Raf diventato scrittore per bambini (e per adulti: sono sue le storie con finale a sorpresa della serie tv Il brivido dell’imprevisto). Parecchi suoi libri, tutti con un tocco nero, sono diventati film. Danny DeVito ha girato Matilda 6 mitica (bimba sveglissima che si vendica dei genitori imbecilli e della mostruosa preside), Henry Selick ha direttoJames e la pesca gigante (tanto gigante che serve all’orfano come battello per traversare l’oceano, in compagnia di bruchi, cavallette e coccinelle). La cioccolateria è al suo secondo adattamento. Il primo, Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato, risale aI 1971. Gene Wilder faceva la parte del padrone della fabbrica, ma a Dahl (che è morto nel 1990) le sue smorfie non piacquero. Depp saprà far meglio. Per la parte si era offerto Marilyn Manson: decisamente troppo cupo, anche se il cioccolataio qualche segreto lo nasconde.
Il Tim Burton numero due in lavorazione, a pupazzi animati, si intitola The Corpse Bride (uscita prevista: Halloween 2005). Johnny Depp presterà solo la sua voce. Ma anche questa volta siamo in zona bambini, più o meno cresciuti. Dobbiamo cominciare a preoccuparci, a darlo per perduto, a organizzare spedizioni di recupero? Dobbiamo sperare che i piccini crescano presto, così finalmente tornerà ad allietare anche noi spettatrici? Dobbiamo separano dalle cattive compagnie, e buttargli i libri di favole nella spazzatura? Meglio vigilare, prima che l’abitudine diventi un vizio. Prima di essere costretti a collezionare i dvd dei suoi vecchi film. Prima di ridurci a contare i giorni che ci separano dal seguito della Maledizione della prima luna. Dove avrà una particina anche Keith Richards, che ha fatto da modello al pirata, e proprio bambino non è.
Da Vanity Fair, n. 38, 2004
Johnny Depp, il più bello, sembra un bambino mascherato da uomo. Se porta baffi e stivaloni da pirata come ne La maledizione della prima luna, oppure feltro e lenti nere da gangster come in Once Upon a Time in Mexico, il risultato non cambia pare sempre d’essere a un carnevale infantile, pare d’assistere a un gioco, e la capacità dell’attore di sottolineare la puerilità dello stile maschio è molto intelligente. Atra caratteristica di Johnny Depp: la sua bellezza dà sempre l’impressione di appartenere a un umo libero, zingaro, viaggiatore, eccentrico, combattente in giro per il mondo. Quest’anno compie quarant’anni, e nessuno lo direbbe. Fa quello che gli pare. Non vive a Los Angeles ma in Francia, quasi in campagna vicino a Parigi. Dopo un divorzio e turbolente relazioni con Sherilyn Fenn, Jennifer Grey, Winona Ryder, Kate Moss, abita con la cantante-attrice francese Vanessa Paradis e i loro due bambini. È nato nel Kentucky dove non torna mai, ha suonato nel gruppo rock The Kids, ha debuttato alcinema nel 1984 con un classico horror scolastico, Dal profondo della notte ( A Nightmare on Elm Street). Da allora le sue scelte sono state sempre difficili, interessanti, ardite, non conformiste e(contrariamente a quanto sostengono i cineasti ragionevoli) non gli hanno nuociuto affatto, anzi: è stato Edward Mani di Forbice, un Pierrot degli anni Novanta; e con lo stesso regista, Tim Burton, il patetico Ed Wood, è stato l’agonizzante di Dead Man, che attraversava lentamente le paludi della Louisiana morendo un po’ ogni giorno; il folle di Paura e delirio a Las Vegas l’investigatore de I misteri di Sleepy Hollow (ancora diretto da Burton), Il fascino di Johnny Depp non sta soltanto nella gran bellezza di tipo latino (labbra morbide, languidi occhi neri tagliati a mandorla, naso più che perfetto, aria da ragazzo malinconico), né soltanto nella gran bravura indiscussa. Il fatto è che di sicuro è il più libero, enigmatico e romantico dei divi americani del Duemila.
DaLo Specchio, 4 Ottobre 2003
La rivista Forbes lo ha messo al primo posto nella classifica degli attori più potenti di Hollywood. Ogni volta che un giornale fa un sondaggio, Johnny è sempre in testa: l’uomo ideale, l’attore più sexy, il personaggio pubblico più amato. Lui e sempre lui. Alla faccia di Brad Pitt e Tom Cruise e tutti gli altri superbelli, pure più giovani come Orlando Bloom o Ewan McGragor. Quasi uno scherzo del destino, perche Johnny non pensava certo di fare questa fine. Voleva diventare un musicista, suonare la chitarra in una rock’n’roll band. Invece un incontro fortunato (Nicholas Cage) lo trasforma in attore, e poi in poco tempo diventa una star per ragazzine, col telefilm 21 Jump Street. Johnny ha già le idee chiare, il successo lo imbarazza, soprattutto se viene dalla televisione. «Voglio fare delle cose che hanno senso» dichiara. Cerca il cinema, ma con personaggi che lo ispirino, e chissenefrega degli incassi. Tim Burton è il primo a credere in lui, lotta con gli Studios e riesce ad averlo per Edward mani di forbice. Il film ha successo e la carriera di Johnny Depp decolla. Ma lui non cambia idea: rifiuta parti di sicuro successo (una fra tutti, il protagonista di Speed) per interpretare personaggi “fuori” in film come Ed Wood o Dead Man. I critici lo esaltano, il pubblico comincia ad amarlo, ma attenzione, nessun dei film di Johnny è un vero campione di incassi: alcuni vanno bene, come Il mistero di Sleepy Hollow e Neverland, un sogno per la vita, ma solo La maledizione della luna nera fa il botto, incassando quasi 700 milioni di dollari in tutto il mondo (è al 22esimo posto nel boxoffice mondiale).
Depp rimane coerente alle sue scelte: nel 2004 gira Il libertino, un film scottante e difficile, che infatti non viene distribuito nelle sale. Lo sarà nel prossimo autunno, grazie al successo de La fabbrica di cioccolato e anche perché la Miramax (che detiene i diritti) sta distribuendo tutti i film in magazzino prima di un cambio di dirigenza. Ora mentre il suo Wonka scala le classifiche di tutto il mondo, Johnny sta girando ai Caraibi il seguito de La maledizione della prima luna. La verità scottante su Johnny Depp oggi? Banale, poco giornalistica: è un uomo realizzato, che continua a scegliere i film in libertà, affascinato dai personaggi più atipici e radicali. Non più interessato a spaccare stanze di hotel o imbottirsi di superalcolici, si gode del buon vino rosso francese con la sua compagna Vanessa Paradis, gioca con i figli e pensa al futuro della sua carriera. Lo aveva detto in una delle prime interviste: «voglio fare dei film, e non solo come attore». A dire il vero ha già provato a dirigere una pellicola, The Brave nel 1987, ma è andata male. Ora però ha fondato una casa di produzione, la Infinitum Nihil Production, che ha già in cantiere un film, Shantaram. Johnny ha anche comprato i diritti del romanzo Non buttiamoci giù di Nick Horby, ma non si sa ancora se interpreterà una parte. O forse, chi lo sa, riproverà a fare il regista.
Da Xelle.it di agosto 2005
Johnny Cristopher Depp III, nato a Owensboro, Kentucky, l’autoproclamata patria del barbecue, è fondamentalmente (nel senso di originariamente) un rocker. The Kids, riportano Le cronache, erano una band interessante. Il chitarrista, figlio di un ingegnere e di una cameriera, era un giovane tendente al nomadismo. Le biografie abbondano di termini come «anarcoide», «non integrato» «dalla personalità complessa»... Sospeso dalla scuota su pressione del prof. di educazione fisica, inizia una precoce carriera di dropout. Nel 1979, all’età di sedici anni, Johnny forma una band e va a vivere nella sua auto, una Impala deI. ‘67, in compagnia dell’amico Sal Janco. Prima era stato chiuso in casa per mesi, e, come migliaia di altri adolescenti, aveva imparato a suonare la chitarra da autodidatta. Dicono che il suo numero migliore fosse un’interpretazione di Lady Madonna cantata come avrebbe fatto Iggy: una cover riservata alla sala prove, mai eseguita dal vivo.
Partendo come migliaia di altre band da Garageland (Luogo del tutto ubiquitario cantato tra gli altri dai Clashl The Kids raggiungono una certa notorietà prima in Florida, dove si era trasferita la madre, e poi a L.A., dove la band era migrata in cerca di fortuna. Fanno da spalla non solo a Iggy Pop (karmico, non è vero? Nel backstage i due ebbero un alterco, e Iggy definì la futura star «piccolo pezzo di merda». Pare che la band di Johnny Cristopher avesse suonato troppo a lungo, o troppo bene), ma anche a Billy Idol, ai B-52’s, ai Talking Heads. Comunque, nessun contratto, nessun vero successo. Ecco come trovarsi perduti a L.A., facendo sogni di Rock ‘n’ Roll e vendendo penne a sfera per telefono.
Il Rock ‘n’ Roll lascia a piedi molto spesso. Quella che sembra l’unica vita possibile si rivela simile a una prigione. Ti trovi immerso in una low life autoindulgente e misera, ma continui a sperare. L’ex fidanzata Lori Ann Allison, sorella di un membro dei Kids, gli presenta Nicolas Cage, che lo convince a fare un provino per Nightmare - Dal profondo della notte di Wes Craven. È il 1984; inizia la sua carriera d’attore.
James Hillman, il filosofo, (proprio quello del tormentone che Corrado Guzzanti mette in bocca al responsabile del palinsesto notturno Rai, La Porta) sostiene che l’infanzia, lungi dall’essere l’embrione della vita futura, ne è il riassunto, la condensazione: analizzando gli eventi dell’infanzia è possibile capire quale vita abbia una persona effettivamente vissuto. Ce lo dice Hillman, e chi siamo noi per dubitare? Il filosofo insiste dunque su un elemento qualitativo, ed estendendo il ragionamento (forzandone le pareti fin quasi a farle esplodere) potremmo dire che il segno sotto il quale Johnny Depp ha vissuto fino a ora la propria vicenda professionale è in qualche modo tracciato a partire da quell’“infanzia artistica”. Infanzia come piena potenzialità già dispiegata, come momento aurorale definitivo, infanzia votata a una musica, il Rock ‘n’ Roll, segnata dall’espressionismo, dalla dichiarazione plateale, dall’evidenza concreta dell’energia. Una musica in cui si porta sul palco se stessi, la propria condizione: è questa, dicono, contiene in sé i germi di un’evoluzione concentrica, progressiva, che si è dimostrata capace di toccare tematiche complesse, che si è rivelata, tra contraddizioni, ascese e cadute, la forma d’arte che meglio di tutte le altre sintetizza il XX secolo.
I lineamenti inusuali di Johnny Cristopher Depp III, (sangue cherokee, a quanto pare), sono forse il riassunto di una condizione altrettanto generale. Ci piace pensare che la duttilità, la plasmabitità del volto, la ricchezza dello spettro emotivo siano conseguenza degli anni della formazione, siano un lascito del Rock ‘n’ Roll, della fine di un’utopia personale. Non solo della genetica o delle lezioni di recitazione.
The Kids erano onesti nel modo ambiguo e teatrale che si richiede a dei rocker. Le foto li mostrano acconciati con le paurose pettinature antigravità dell’epoca. Dicono le biografie che Johnny Depp sia divenuto attore più per destino che per scelta. Istintivo, sembra portare in scena sempre se stesso, che si tratti del mimo analfabeta impegnato nell’imitazione dì Charlot e Buster Keaton (Benny & Joon, ‘93) o dell’infiltrato vittima di una sorta di sindrome di Stoccolma (Donnie Brasco,’97), del soldato perduto nella giungla indocinese (Platoon, ‘86) o del pirata Jack Sparrow in La maledizione della prima luna (2004).
Istintivo ma duttile, capace dì grande sensibilità interpretativa: Lady Madonna con La voce di Iggy, ricordate? Oppure
Edward mani di forbice
(‘90) nella visione del suo mentore Tim Burton. Il Rock ‘n’ Roll insegna a lavorare insieme. Insegna che il frontman ha bisogno di supporto, di aiuto, di sostegno, che deve essere capace di fare un passo indietro, di lasciare spazio alla band o, nel nostro caso, al deuteragonista. Non importa ciò di cui parlano le biografie e le cronache, le idiosincrasie da ex rocker solitario, le stanze d’albergo-sfasciate e i fotografi-inseguiti-e-malmenati. Di un artista, conta l’opera. Probabilmente il vecchio chitarrista dei Kids avrebbe potuto fare No Fun con la voce di Paut McCartney. Così Depp si dimostra capace, in Ed Wood (‘94), di lasciare la scena a uno stupefacente Martin Landau/Bela Lugosi, e di assumere un ruolo paritario di fianco ad Al Pacino nel già citato Donnie Brasco.
Arriviamo così a quella che riteniamo una delle migliori interpretazioni dell’ex rocker di Owensboro. «Eravamo da qualche parte vicino Barstow, ai margini del deserto, quando le droghe cominciarono a fare effetto...». In Paura e Delino a Las Vegas di Terry Gilliam, Johnny Cristopher Depp III e Benicio Del Toro giocano la parte dell’artista e del doppio, funzionano ognuno come una variabile impazzita dell’altro. È il lisergico giornalista Duke a consigliare al proprio avvocato samoano qualcosa di profondamente immorale (L’avvio alla prostituzione di una squinternata fanciulla, Christina Ricci), ed è l’avvocato Gonzo (l‘Oscar Z. Acosta del romanzo di Hunter S. Thompson) ad apparire figlio più che legittimo delta cultura psichedelica dì quegli anni, sorta di paradossale rockstar invecchiata, scoppiata, indomabile. I personaggi sono credibili, code di rettile a parte, e rispecchiano in modo esemplare ìl clima di quegli anni, la fine dell’Utopia collettiva dei Sixties e l’avvio di una decade contradittoria come i 70. E per tutte le ragioni che abbiamo elencato e provato a illustrare, Johnny Depp appare perfettamente a suo agio in un ruolo che segna la fine di un’epoca, ma anche, nelle parole di Gilliam, una dura reazione contro uno dei periodi più costrittivi della storia dell’uomo, gli anni 80.
Alla fine di Paura e delirio, le pareti della stanza in cui Johnny Depp/Hunter S. Thompson sta tirando le somme si alzano con la camera e Duke sembra battere sui tasti dal fondo di un pozzo. Citiamo a memoria: «Una generazione di storpi permanenti, cercatori falliti, che non hanno mai capito il vecchio, essenziale inganno della cultura dell’acido: la disperata certezza che qualcuno, o almeno una qualche forza, aspettasse alla fine del tunnel offrendo una luce», Sarebbe interessante, se ci è concesso, vedere Johnny Depp interpretare un altro di questi ruoli-epitome, magari nella mani di Terry Gilliam, ancora una volta. Un film sulla fine della bolla speculativa detta New Economy, sull’inizio dell’Economia di Guerra con cui la superpotenza mondiale cerca di rimandare il crollo, sull’entrata del mondo in un periodo ancora più buio e costrittivo degli anni 80. Ma forse questo film è già stato girato.
In Dead Man (Jim Jarmusch, ‘95L Johnny Depp, sangue cherokee, incontra un altro dei suoi doppi. È un indiano che Lo scambia per William Blake, il, poeta, e lo conduce in un viaggio iniziatico in cui a poco a poco il giovane di città, giunto nel West per un lavoro di impiegato, perde i contorni fisici, lascia il. peso della carne ed entra in un mondo di sogno, in un mondo di spiriti e segni. In questo processo di dissolvimento, di passaggio dall’altra parte dello Specchio, William Blake/Johnny Depp incontra situazioni comiche, grottesche, violente. Le circostanze lo trasformano in un fuggiasco, braccato dalla legge, attore e testimone di un mondo crudele e caotico, tremendo, sublime. Poco dopo il loro incontro, t’indiano di nome Nessuno (Gary Farmer) chiede a Blake/Depp: «Hai ucciso l’uomo bianco che ha ucciso te?». Blake, ingenuo e stupefatto, risponde: «Non sono morto», Scherzi del destino, nel film c’è anche Iggy Pop.
Da XL agosto 2005
Tre settimane la, a Los Angeles pioveva forte. Johnny Depp e la sua compagna Vanessa Paradis erano a bordo di una limousine che li accompagnava a casa. Sul Sunset Boulevard, Johnny ha fatto fermare l’autista ed è sceso i parlare con due barboni che stavano sotto dei cartoni fradici. Gli ha dato Cento dollari e li ha scortati in un motel vicino, perché passassero la notte all’asciutto.
Johnny Depp, 40 anni compiuti nel giugno scorso, oggi è il Signore perbene che fa beneficenza agli sconosciuti. Non solo: ha chiuso con la vita spericolata ed è un padre di famiglia contento di esserlo, come ha ribadito nell’ottobre scorso in un’intervista rilasciata al nostro giornale. Da allora, Johnnv è anche diventato, per la prima volta nella sua carriera quasi ventennale, un attore sbanca-botteghini grazie alla Maledizione della prima luna, film che gli ha fruttato la sua prima nomination all’Oscar, grazie a un’interpretazione che due piratesca è poco.
Dal 16 aprile, ritorna tra noi con Secret Windows tratto da un racconto di Stephen Ring, è un incrocio tra Shining e Misery: l'attore interpreta uno scrittore in pieno panico da pagina bianca e sull’orlo di una crisi di nervi. Nel film, ha i capelli arruffati come un porcospino e indossa per tutto il tempo un imbarazzante accappatoio pieno di buchi.
Nessuna donna vorrebbe avere per casa uno combinato così: lo spedirebbe prima sotto la doccia e poi sul pianerottolo con i suoi stracci. A meno che fosse, appunto, Johnny Depp. Perché a lui, le donne, sia le sue compagne di vita che le spettatrici, perdonano qualunque stranezza. Anche i film poco riusciti, anche i molti che lo imbruttiscono, una sua specialità dai tempi di Edward mani di forbice.
Al cinema, Depp ama deturparsi ed è difficile stabilire se si tratti di una provocazione virtuosistica da attore o di una forma di masochismo personale. Certo che, visto da vicino e “in borghese”, Johnny è più bello che sullo schermo. Però, è anche vero che si concia e acconcia in modi assurdi. Capelli stravolti, abbigliamento fuori da ogni diktat, florilegio di tatuaggi, anelli e cappelli bizzarri: un "non stile” che, addosso a lui, diventa il “suo” stile.
Fisicamente, Depp è un mondo estetico a parte. Non è perfetto come Brad Pitt. È atletico, ma non ha l’aria invincibile di Tom Cruise. È americano, nato nel Kenyucky; proprio come George Clooney ma, rispetto all’ex pediatra di E.R., sembra venire da un'altra America, un’America dove non si sorride mai a vanvera.
Eppure, pochi mesi fa, un settimanale popolare come People l’ha definito senza mezzi termini: «L’uomo più sexy al mondo». Non è un'esagerazione giornalistica. Depp ha un talento naturale nel far cadere le donne ai suoi piedi, sullo schermo e fuori. Ce l’ha da sempre, da quando non era ancora una star di Hollywood, il che rende la faccenda ancora più interessante.
A vent’anni si è sposato con la truccatrice Lori Allison. Dopo tre anni, finito il matrimonio e iniziata la carriera cinematografica, ha inanellato una serie di relazioni, sempre piuttosto brevi ma intense, con colleghe di diversa caratura.
Prima c’è stata Sherilyn Fenn, la brunetta di Twin Peaks. Lei lavorava su un set, lui era disoccupato. La andava a trovare tutti i giorni e, nelle pause, si chiudevano nella roulotte, tra gli ammiccamenti maliziosi (e invidiosi) del resto della troupe. Poi c’è stata Jennifer Grey, la biondina di Dirty Dwwing. Quindi, è arrivata Winona. L’ha vista all’anteprima di Great Ball of Fire, film di cui lei era protagonista. Lumata e presa. Tre anni d’amore, quattro film insieme e una dichiarazione di lei che vale una medaglia d’oro di “sciupafemminismo”: «possono dire quello che vogliono di Jobnny, per me è un angelo. Perché quando ti guarda, guarda solo te».
La top model inglese Kate Moss se n’è innamorata in foto. Stava posando per un fotografo che aveva appena realizzato un servizio con Depp. «Se me lo presenti, io ti presento un’amica modella». Un’offerta che né il fotografo né Johnny potevano rifiutare. Johnny e Kate hanno imperversato per quattro anni sui giornali di tutto il mondo. Lei sfilava a Milano, lui la aspettava in albergo. Finiti gli impegni, si chiudevano in camera e chi s’è visto s’è visto.
«Potrei anche stare semplicemente ore a guardarlo quando dorme», disse Kate, santarellina a mezzo stampa. Quando lui l’ha lasciata, l’hanno ricoverata in una clinica per disintossicarsi. Dall’alcol, ma anche da Johnny.
Che cos’avrà mai di così fatale, quest’uomo? Per le comuni mortali, che si accontentano di guardarlo, ha un tratto somatico esaltante: gli zigomi, tratto esotico ereditato dalla mamma, che è di origine Cherokee. Sono altissimi, in fotografia e al cinema prendono dannatamente bene la luce e, dal vivo, esaltano uno sguardo mansueto, quasi da scugnizzo, uscito da un film neorealista.
In altri tempi, forse, uno così sarebbe stato relegato in ruoli “etnici”. Invece è diventato un re di Hollywood perché rappresenta un tipo di bellezza che sembra inventato a tavolino per lo spirito di questi tempi multirazziali. Ma Depp è tutto fuorché un fenomeno nato a tavolino. Lo dimostra la devozione del popolo di Internet (un milione e 150 mila risultati, digitando il suo nome su Google) e lo dimostra il fatto che la sua carriera, iniziata come outsider, è arrivata all’apice dopo quasi quaranta film.
Nel privato, fino all’incontro stabilizzante con Vanessa Paradis, il fascino di Depp era strettamente legato a una fama di forsennato combinatore di casini. L'intemperanza più clamorosa avvenne al Mark Hotel di New York. 1994, una notte di settembre. Volano stoviglie e posate, i mobili si spezzano e, dai vetri, si staccano lacrime taglienti. Alle quattro di mattina, la direzione chiede all’ospite di lasciare la stanza. La faccenda finisce con un arresto, il pagamento di diecimila dollari di danni e una dichiarazione che rivela un tocco di genio: «Non capisco che cosa sia successo. Improvvisamente, dal guardaroba è schizzato fuori un armadillo e ha distrutto tutto».
Oggi i tempi degli alberghi sfasciati sono finiti. Il “maledettismo”, più da rockstar che da attore cinematografico, viene liquidato dall’interessato così: «Capita a tutti di avere una giornata storta. C’è chi va a giocare a golf, io me la prendevo con le camere d’albergo».
Adesso, provate a pensare se Jim Morrison o Kurt Cobain, invece di morire, si fossero trasformati in qualcosa di simile a quello che è diventato Depp: un tipo perbene, con due figli e una casa nella campagna francese. Forse, avrebbero perso punti. Johnny no: piace a prescindere. Nemmeno l’imborghesimento ne ha cannibalizzato il sex appeal. Persino l’attuale versione «buon samaritano in limousine» non gli fa perdere un grammo del suo fascino romantico. Forse perché la fama che lo precede lo rende inafferrabile e dunque irresistibile: oggi è così, ma chissà cosa potrebbe combinare domani. O forse perché le sue storie d’amore rivelano una virtù unica tra i maschi: Johnny sembra credere in qualcosa in cui gli uomini sembrano non credere mai, Che sia "per sempre". Si era tatuato «Winona Forever» sul braccio. L'ha cancellato per amore di Kate. Per Vanessa ha cambiato continente e stile di vita. Recentemente, Depp ha visitato una mostra di Mimmo Rotella, in una galleria d’arte di Parigi. Gli ha commissionato un’opera su misura, per unire e celebrare, in un pezzo d’arte imperitura, i volti suoi e di Vanessa. Beata lei.
Da Vanity Fair, 22 aprile 2004
Adesso,è pirata. Un bucaniere guascone con i denti d’oro, che salta tra golette e velieri nel già annunciato blockbuster della Disney La maledizione della prima luna di Gore Verbinski, Johnny Depp, corsaro irresistibile e un filo grottesco, con gli occhi pieni di kajal e il capo coperto da bandane colorate e cappelli a tre punte. D’altra parte se lo può permettere, tutto gli dona. Qualsiasi cosa Depp si metta sulla testa: dalla mezza tuba di Dead Man al cilindro di Sleepy Hollow, dalla scoppola di Donnie Brasco alla brillantina di Ed Wood. Riuscì a dare tono ed eleganza persino ai capelli elettrici di Edward mani di forbici. Per un filo non partì una moda.
Il solo che, abbia realmente attentato alla sua insopportabile bellezza fu l’amico regista Terry Gilliam, che in Paura e delirio a Las Vegas gli pelò mezzo cranio, lasciandogli soltanto due fasce di capelli sopra le orecchie stile Lino Banfi. Questo non gli donava: ma a Depp bastò in mezzo al film ficcarsi in testa un floscio berretto da pescatore ed eccolo di nuovo sexy.
Certo, Johnny Depp è bellissimo. Eppure questo non basta a spiegarne l’attuale travolgente successo. La verità è che non solo quello che si mette “sulla” testa, ma anche quello che si mette “in” testa, alla fine gli va a pennello. Qualsiasi suo personaggio finisce per diventare un’icona. Perché è lui stesso la star icona dei nostri tempi: ambiguo quanto basta, trasversale e ironico. Irresistibile nel primo piano, ma abbastanza agile da reggere la scena d’azione.
Amato da Hollywood, ma consacrato dal più sofisticato cinema d’autore. L’unicocapace di conquistare il più cinofilo dei festival e insieme riempire le multisale di ragazzini alle prime visioni delle domeniche pomeriggio. Dal cult movie al popcorn movie: da eroe pirata caraibico in un tipico kolossal fracassone in puro stile Hollywood ad agente della Cia corrotto e viscido nel film di Robert Rodriguez, Once Upon a time in Mexico. Johnny Depp è ubiquo sullo schermo e nella vita.
Nato il 9 giugno del 1963 in un’anonima cittadina del Kentucky (Owensboro), da babbo ingegnere e madre casalinga, Depp non fu certo un ragazzo modello. A 15 anni, dopo il divorzio dei genitori, è iscritto d’ufficio nell’elenco degli adolescenti problematici. Abbandona la scuola, ha problemi di droga, è inquieto, ribelle ma ama la musica. La madre disperata gli compra una chitarra elettrica usata per 25 dollari. E qui comincia l’avventura: prima con una banda rock che non doveva essere tanto male se colpisce Nicolas Cage. In realtà Cage è più colpito dall’aspetto del giovane rocker di cui evidentemente intuisce tutta la potenziale presenza scenica. Da Cage all’agente di Cage, fino alla piccola parte in un horror dì Wes Craven. Si comincia bene, siamo già nel regno del cult movie che lo porta dritto a girare con lo scatenato John Waters (il regista di Divine) e a frequentare la nuova generazione di belli e dannati che il cinema americano stava costruendo marrone su mattone. I nuovi James Dean e i nuovi Marlon Brando: la gioventù bruciata fine secolo che doveva rimpiazzare i Matt Dillon e Mickey Rourke anni Ottanta. A quei muscolosi ragazzi di provincia a stelle&strisce, cresciuti a droghe e cheese cake, e immortalati in canottiera dalle foto in bianco e nero di Bruce Weber, stava subentrando una più ambigua squadra di esili, femminili e contorti volti d’incerta origine e natura.
I primissimi anni Novanta sono quelli della svolta: River Phoenix, Keanu Reeves, Brad Pitt, Leo DiCaprio e il nostro Johnny Depp, trovano tutti la loro consacrazione. I film che li lanciano si chiamano Point Break, My Own Private Idaho (tradotto in Italia Belli e dannati), Thelma & Louise, Buon compleanno Mister Grape, Edward mani di forbice. Ma, nel 1993, la realtà supera la finzione, e River Phoenix, il migliore tra loro, il vero candidato a calcare le orme di James Dean, viene trovato morto per overdose sulla porta del rock club The Viper Room di cui uno dei proprietari è proprio Johnny Depp.
Intanto Depp è sulla strada maestra: lavora con Tim Burton e Kusturica, poi Jim Jarmush, Lasse Hollstrom, Terry Gilliam, Roman Polanski, tutti registi diversi, tutti di culto. Ha solo i! rimpianto di non aver mai lavorato con Martin Scorsese. Ma sa rifiutare offerte allettanti che l’avrebbero inchiodato a Hollywood. No al barocco-satanico Intervìsta col vampiro di Neil Jordan (e si fanno avanti i canini di Tom Cruise). No al frenetico Speed di Jan De Bont (e Keanu Reeves diventa eroe d’azione alla guida di un autobus). No all’epico polpettone Vento di passioni di Edward Zwick (e vedremo al posto suo la bionda chioma svolazzante di Brad Pitt sullo sfondo dell’America arcaica).
Depp non si accontenta di essere bello e fotogenico, vuole dimostrare di essere bravo, vuole declinare tutti i ruoli, giocare con la sua ambiguità. Passa dal noir alla commedia, dall’horror ail’action movie, è un tombeur de femme zingaro in Chocolat e si traveste da donna sia in Ed Wood di Tim Burton che in Before the Night Falls di Julian Schnabel nel ruolo della bionda drag queen Bon Bon. Neanche questo gli basta. Nel 1997 debutta come regista firmando The Brave (in italia Il coraggioso) dove la leggenda narra che il mostro sacro Marlon Brando abbia accettato di recitare gratis, tanto gli è paternamente vicino. “Un regalo vero del mio professore, mio mentore, mio amico”, ha dichiarato Depp alla rivista “Première”.
Riesce a portare il film a Cannes e rimane malissimo dalla tiepida, anzi freddina, accoglienza dei critici. Perché Depp sogna di diventare il vero eroe dei due mondi e conquistare America e Europa. Forse più l’Europa, perché l’America non la ama poi così tanto: “L’America è un paese molto violento. Ed è una violenza basata sull’ignoranza. Lì è diventato quasi un atto eroico essere violenti”, ha detto. Lì appunto, perché adesso Depp vive in Europa, in Francia accanto a Vanessa Paradis, la donna da cui ha avuto due figli.
Sono lontani i tempi in cui si tatuava sulla pelle le dichiarazioni d’amore a Winona Ryder, salvo poi strapparseli con masochistica violenza quando le cose andavano male. E ancora più lontani quelli in cui distruggeva camere d’albergo litigando con l’amante-modella Kate Moss. Ora è padre e compagno esemplare: semplicemente perfetto come in tutte le sue molteplici incarnazioni. “Gli americani, educati dai giornali gossipari e volgari, stanno fremendo in attesa della nostra separazione”, ha dichiarato: “Non così i francesi. Loro sono felici di vedere gente innamorata. Ci incoraggiano, ci sostengono. E una cosa che mi tocca profondamente”.
Johnny l’americano-europeo, Johnny il meticcio, Johnny l’ambiguo. Femminile e maschile, con una smodata ammirazione per gitani e zingari, come lui irrequieti e pronti a giocare ogni ruolo in commedia. Depp la star anti-star, l’outsider che suo malgrado ha conquistato Hollywood e il cuore di teenager che come appassionati cinefili cercano in videoteca i suoi film scomparsi dalle sale. Johnny è a sorpresa il vincitore della sua generazione. Molto più dell’americanissimo Brad Pitt fin troppo palestrato, dell’acrobatico Keanu Reeves che a forza di Matrix si candida a divo delle playstation e di un Leonardo DiCaprio che, nonostante Scorsese e Spielberg, non riemerge dai relitti del Titanic.
È lui la star bella, dannata e ambigua, ma vincente e positiva quinto vogliono i tempi. Uomo intelligente che pure lontano da Hollywood non ha fallito: qualsiasi cosa si sia messo in testa. O sulla testa.
Da L’Espresso, 4 Settembre 2003