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Sicilian Ghost Story, «cronaca nera e favola cupissima»

Fabio Grassadonia e Antonio Piazza raccontano il film, ora al cinema, che ha aperto la 56esima Semaine de la Critique.
di Enrico Magrelli

Sicilian Ghost Story

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Gaetano Fernandez . Interpreta Giuseppe nel film di Fabio Grassadonia, Antonio Piazza Sicilian Ghost Story.
venerdì 19 maggio 2017 - Cannes Film Festival

I fantasmi della Storia italiana sono lì, da qualche parte della memoria, a tormentarci e a chiedere giustizia e requie. Fabio Grassadonia e Antonio Piazza (dopo un corto notevole, Rita, e una folgorante opera prima del 2013, Salvo) tornano a occuparsi della ferite della loro terra e del nostro Paese con il loro secondo film, Sicilian Ghost Story. Vicenda rielaborata in chiave fiabesca del sequestro di Giuseppe Di Matteo, avvenuto nel novembre del 1993. Giuseppe, aveva 12 anni, viene tenuto prigioniero per 779 giorni, assassinato e sciolto nell'acido dai mafiosi agli ordini di Giovanni Brusca per costringere al silenzio il padre del ragazzo, diventato collaboratore di giustizia.

Il film ha aperto la Semaine de la critique. Ed è la prima volta per un titolo italiano.
Enrico Magrelli

Per i due registi è un ritorno nella sezione dove tutto è cominciato: "La Semaine ha lanciato Salvo e anche in questo caso ci ha inondato d'amore. Le lettere che ci hanno scritto rimarranno tra i nostri ricordi più cari. La nostra è autentica gratitudine per chi si occupa nonsolo di selezionare e programmare i film, ma segue, tutto l'anno, il lavoro degli autori",


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In foto una scena del film Sicilian Ghost Story.
In foto una scena del film Sicilian Ghost Story.
In foto una scena del film Sicilian Ghost Story.
L'INTERVISTA

Da quanti anni vi accompagna questa storia?
"L'idea della storia nasce nel 2011. Avremmo dovuto girare Salvo ma per mancanza di fondi il progetto salta. Per non sprofondare nella frustrazione e per non essere sopraffatti da sentimenti negativi, ci isoliamo e cominciamo a leggere. Ci imbattiamo, così, nel libro "Non saremo confusi per sempre" di Marco Mancassola che ha l'intuizione di raccontare casi terribili della recente cronaca italiana e su questi innesta, senza tradire la verità storica, una dimensione fantastica che porta i protagonisti di quelle storie fuori dalle secche nelle quali quelle tragedie li hanno confinati. Nel libro c'è anche la storia di Giuseppe Di Matteo. Una vicenda che sintetizza l'orrore e l'ignominia di quegli anni".

Come narrare una storia senza catarsi per nessuno?
"La soluzione ci è sembrata proprio quella di incardinare e far collidere fatti reali e immaginazione. Cronaca nera e favola cupissima. Volevamo che la protagonista di questa storia, che ci ha spezzato il cuore, fosse una ragazzina, compagna di classe di questo ragazzino. L'unica che non si rassegna a quanto accade. La componente fantasy, secondo noi, poteva attivarsi grazie a una storia d'amore come quella di Romeo e Giulietta. Di una ragazzina che è disposta ad andare a fondo del proprio bisogno interiore fino al rischio dell'autodistruzione. Naturalmente il personaggio è una nostra invenzione".

Avete lavorato sugli atti dei processi?
"Prima di sviluppare la struttura del film ci siamo immersi negli atti processuali e abbiamo letto alcuni dei libri "scritti" dai pentiti. Coscienti che stavamo maneggiando una materia eticamente delicata. Abbiamo selezionato alcuni momenti oggettivi della prigionia di Giuseppe che risultavano tali dall'incrocio delle dichiarazioni dei vari inquisiti. Abbiamo assunto come dati di fatto le coincidenze tra le varie testimonianze e per noi questi passaggi sono stati degli obblighi di realtà. Quei momenti sono stati girati con un linguaggio diverso dalle altre scene del film".


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In foto una scena del film Sicilian Ghost Story.
In foto una scena del film Sicilian Ghost Story.
In foto una scena del film Sicilian Ghost Story.

Ogni fiaba ha bisogno di una geografia vaga e molto precisa.
"Abbiamo sentito la necessità di una Sicilia inedita, lontana da tutto quello che, visivamente, la Sicilia si porta dietro. Libera da tutti i canoni di cui si è abusato nelle fiction e nel cinema dell'antimafia. E l'abbiamo trovata in una zona che dalla provincia di Messina sconfina verso l'Etna, dove ci sono gli unici boschi originari dell'isola e ci sono grandi bacini d'acqua. L'acqua è un elemento narrativo fondamentale: favorisce le metamorfosi e soprattutto permette il ribaltamento finale del racconto".

Come avete ragionato sulle scelte di linguaggio, di stile, di messa in scena?
"Il piano del sogno e della realtà dovevano essere indistinguibili. Sognare una cosa può anche voler dire che quella cosa esista. Non c'è, consapevolmente, uno sviluppo lineare. I sogni dei due protagonisti si intersecano spesso e hanno condizionato l'aspetto formale del film. Subito ci siamo intesi con il direttore della fotografia, Luca Bigazzi, sul significato, dal punto di vista delle immagini, della parola "fiaba". La prima scelta è stata l'uso, quasi sempre, della luce naturale. Di notti che sembrano quasi albe. L'utilizzo di certi obiettivi, come il grandangolo, danno l'idea di una natura minacciosa e incombente, del perdersi dentro questo paesaggio e dello smarrirsi dentro gli incubi".

Sicilian Ghost Story e Salvo sono anche due "gesti" di politica cinematografica?
"Abbiamo deciso di diventare autori delle nostre storie dopo un tentativo di integrazione, non molto convinta, con un modo di scrivere tv e cinema che non ci apparteneva molto. Abbiamo scelto di realizzare film che per noi abbiano un senso soprattutto tenendo conto del nostro modo d'essere, di sentire e di pensare il cinema. Ma con grande pudore. Ricorrere ai generi può coinvolgere - speriamo - una fascia più vasta di spettatori ed è la nostra declinazione del cosiddetto cinema civile. In Salvo abbiamo mantenuto una certa distanza mentre si compiva il destino dei due protagonisti, anche loro due fantasmi solitari. Qui per il tipo di urgenza che ci muoveva volevamo abbattere questo muro tra noi e i personaggi. È stato un viaggio gioioso e doloroso. Sicilian Ghost Story è il punto che forse ci consentirà ,in futuro, di esplorare qualcosa di diverso".


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