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Addio ad Abbas Kiarostami, la voce del cinema iraniano

È morto ieri a 76 anni il regista de Il sapore della ciliegia, vincitore della Palma d'Oro a Cannes.

Abbas Kiarostami 22 giugno 1940, Teheran (Iran) - 4 Luglio 2016, Parigi (Francia).
martedì 5 luglio 2016 - Celebrities

«Il cinema inizia con D.W. Griffith e finisce con Abbas Kiarostami», queste furono le parole del maestro Jean-Luc Godard nei riguardi del noto regista iraniano Kiarostami, che non si è limitato a affascinare Godard, ma anche un altro autore del cinema americano, Martin Scorsese che dichiara pubblicamente che Kiarostami rappresenta il livello più alto di un regista cinematografico. Parole di ammirazione che hanno imbarazzato Abbas Kiarostami e che lo hanno spinto ad ammettere che forse, tutta questa ammirazione nei suoi confronti, sarebbe stata più appropriata dopo la sua morte. E ieri il regista iraniano se n'è andato veramente, a Parigi, all'età di 76 anni. Malato da tempo, era in Francia in attesa di un intervento.

Il suo operato nell'arte non si limita solo al cinema, dove è stato pure sceneggiatore, ma anche alla fotografia, alla pittura, all'illustrazione e, pensate bene, al design grafico.
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Ha fatto parte di una generazione di registi del suo paese nota anche come "l'Iranian New Wave", esponenti del cinema persiano che comincia a farsi sentire alla fine degli Anni Sessanta e che include pionieri come Forough Farrokhzad, Sohrab Shahid Saless, Bahram Beizai e Parviz Kimiavi. Poetico nei dialoghi e allegorico nella narrazione e nelle immagini, i suoi film sono intrisi di politica e filosofia, materie che spiega usando come protagonisti i bambini che pone al centro di documentari o lungometraggi. Le sue storie partono da villaggi rurali, esplorati soprattutto usando una cinepresa dentro un'automobile. Contemporaneo e molto attivo, non si limita però a descrivere la sua realtà, ma va oltre. Si spinge in un'Uganda devastata dall'AIDS, dove sofferenze e agonie si mischiano alla gioia, alla frenesia e all'incredibile forza d'animo dei bambini sieropositivi. È così che i documentari commissionati dall'Onu diventano riflessioni sull'etica del fare cinema. Non si inquadra il dolore, ma emozionanti e sereni aspetti di una tragedia africana. Spoglio, penetrante, realistico ma con vocazioni simboliche, è questo il cinema di Kiarostami.


In foto una scena de Il sapore della ciliegia.
In foto una scena di Sotto gli ulivi.
In foto una scena di ABC Africa.

Nato a Tehran, in Iran, nel 1940, laureato all'Università di Belle Arti della sua città, prima di iniziare a lavorare come regista si è impegnato come graphic designer per poster, cartelloni pubblicitari e illustrazioni in libri per bambini. Affiliato al Center of Intellectual Development of Children and Young Adults, è qui che inizia a impegnarsi come regista in cortometraggi. Ha ormai 30 anni e una famiglia a carico, moglie (Parvin Amir-Gholi, sposata nel 1969, dalla quale ha poi divorziato nel 1982) e due figli (Ahmad e Bahman), ma neanche la rivoluzione del 1979 lo spinge a migrare altrove. Rimane in Iran, deciso fermamente a consolidare la sua identità nazionale e a raccontare l'evoluzione del suo paese.

Firma il suo primo lungometraggio Il viaggiatore nel 1974, la storia di un bambino di 10 anni che vuole vedere le partite della squadra di calcio iraniana e dopo varie avventure ci riuscirà.
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Poi si cimenterà nei documentari che maggiormente attestano il cambiamento storico del suo paese. È il tempo di Gli scolari (1984) e Compiti a casa (1989). Il documentario sarà il genere prediletto di questo regista che proseguirà il suo cammino artistico con altre bellissime opere di questo genere: ABC Africa (2001) e Five Dedicated to Ozu (2003).


In foto una scena di Shirin.
In foto una scena di Copia conforme.
In foto una scena di Qualcuno da amare.

Nel 1987, dirige Dov'è la casa del mio amico? che gli farà ottenere il Leopardo di Bronzo, il premio FIPRESCI e il Premio Ecumenico della Giuria al Festival di Locarno. La sua carriera continua con lungometraggi intensi, dove incide sempre di più il suo stile asciutto, ma suggestivo e ispirato. A tal proposito, riceve il François Truffaut Award al Giffoni Film Festival. Nel 1997, arriva il capolavoro universale: Il sapore della ciliegia con Homayoun Ershadi, Abdol-Hossein Bagheri e Safar-Ali Moradi. La storia è quella di un uomo che vuole suicidarsi e che, per farlo, cerca l'aiuto di qualcun altro. È un film unico nel suo genere, pieno di interrogativi su vita, morte, e il senso di entrambe.

Abbas Kiarostami, la sua laicità, la difficoltà del tema, l'oggettività della narrazione, ma anche il coinvolgente ed emozionante trasporto empatico del film Il sapore della ciliegia vengono celebrati con una Palma d'Oro consegnata da Catherine Deneuve che gli regalerà anche un bacio. Un bacio che, secondo le durissime proibizioni del governo islamico, non doveva avvenire e che lo costringono a essere bandito dall'Iran per una settimana.
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Un'altra bellissima pellicola è Il vento ci porterà via (1999) vincitrice di innumerevoli premi fra i quali: il CinemAvvenire come miglior film, il Premio FIPRESCI e il Gran Premio Speciale della Giuria. Un po' più deludente è Tickets (2005) firmato con Ermanno Olmi e Ken Loach. Dopo aver ottenuto anche il Leopardo d'Onore al Locarno nel 2005, dirige Copia conforme (2010). Come sceneggiatore di pellicole altrui firma Il palloncino bianco (1995), ma è bene ricordare che Kiarostami è professore a La Femis di Parigi, ed è stato giurato al Festival di Cannes e di Venezia, nonché presidente della giuria della Camera d'Or.


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