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Tokyo Film Festival, all'insegna dell'immaginario giapponese classico

Luci della città proiettato al Teatro Kabuki-za.
di Paolo Bertolin

In foto una scena del film Luci della cttà.
Charles Chaplin (Charles Spencer Chaplin) Altri nomi: (Charlie Chaplin, Charlot) 16 aprile 1889, Londra (Gran Bretagna) - 25 Dicembre 1977, Vevey (Svizzera). Interpreta Il vagabondo nel film di Charles Chaplin Luci della città.

martedì 28 ottobre 2014 - News

Giornata all'insegna della cultura e dell'immaginario giapponese classico al 27° Festival Internazionale di Tokyo. In serata, per la prima volta, il Festival ha proposto un evento speciale al Teatro Kabuki-za, tempio delle arti performative tradizionali nipponiche, per una giustapposizione di danza kabuki e proiezione del capolavoro chapliniano Luci della città (1931). Nel pomeriggio, la proiezione speciale di A Courtesan with Flowered Skin di Toyoshima Keisuke ha invece permesso un tuffo nel dramma passionale ed erotico classico tra concubine tradite e amanti suicidi, nella miglior tradizione di Mizoguchi, Uchida o Gosha.

La serata al Kabuki-za era sicuramente uno degli eventi più attesi dagli ospiti internazionali del festival. E l'attesa è stata decisamente ripagata, a cominciare dall'accoglienza presso il rinnovato edificio, originalmente edificato a fine Ottocento e ricostruito a più riprese dopo incendi e terremoti, fino alla più recente ricostruzione terminata lo scorso anno. All'ingresso, difatti, il pubblico ha ricevuto il tradizionale bento, la scatola di pasto preconfenzionato offerta agli spettatori del teatro tradizionale kabuki, le cui rappresentazioni si estendono per durate di quattro ore (nota a margine: il bento sarebbe stato pure una bella idea per le proiezioni a Tokyo di From What Is Before di Lav Diaz che dura quasi cinque ore e quaranta - proponiamola a festival a venire!). E il pasto in scatola non era una cena qualunque, ma una raffinata riproposizione del Makunouchi bento popolare nell'era Meiji (1868-1912), epoca di fondazione del Kabuki-za ('makunouchi' significa 'intermezzo'). Dopo un'introduzione che si è permessa una parentesi di propaganda turistico-politica, allorchè la 'musa' del festival, la bellissima Miki Nakatani, abbigliata in un raffinato kimono nero, ha sostenuto che il kabuki si può guardare anche in jeans, perché il kabuki è cool - diretto riferimento alla campagna promozionale governativa "Japan is cool", si è dato inizio alle danze. Ichikawa Somegoro, erede di una stirpe di interpreti kabuki, ha incantato la platea con la sua danza del leone in "Shakkyo" (o "Il ponte di pietra"), uno dei più celebri pezzi del teatro tradizionale giapponese. In particolare, Ichikawa ha protratto il roteare della criniera del leone nel finale innevato del pezzo: un momento di innegabile suggestione esotica che ha suscitato un protratto applauso.

Nell'introduzione a Luci della città, si è menzionato l'amore di Chaplin per il Giappone, rivelando che i bastoni preferiti erano di fattura nipponica e che, in una delle sue visite a Tokyo, Chaplin aveva visitato il Kabuki-za, incontrando il bisnonno di Ichikawa. Si è anche spiegato che proprio Luci della città aveva ispirato negli anni Trenta un kabuki d'ambientazione contemporanea "Koumoni no Yasu-san" (o "Yasu il pipistrello"). Ovviamente, la proiezione dell'immortale classico ha trasportato il pubblico tra le risate e la commozione che il genio di Chaplin sa regalare a pubblici d'ogni epoca e latitudine.

Nel pomeriggio, s'era potuto per contro esperire un altro tuffo nell'immaginario classico nipponico, con il lungometraggio in costume A Courtesan with Flowered Skin di Toyoshima Keisuke. Tratto da un acclamato romanzo erotico di Miyagi Ayako, il film racconta la parabola della cortigiana Asagiri, educata alla professione sin dall'infanzia e prossima all'affrancamento; mai ceduta alle lusinghe dei suoi clienti, la giovane donna consiglia alle colleghe meno scafate di non credere mai alle promesse degli uomini. Senonché, allorché incontra il talentuoso tintore Hanjiro, anche lei cade preda del sentimento amoroso. Ma il suo 'patrono' Yoshidaya è tutt'altro che intenzionato a cederla al baldo giovane. Ne seguirà la prevedibile tragedia. Girato in un digitale dalla tavolozza smunta che pare davvero non rendere giustizia all'ambientazione d'epoca della vicenza (e anzi, accentua una certa ordinarietà dell'impianto scenografico/costumistico), il film si accende sorprendentemente a metà via, allorché il dramma viene esacerbato dalla fortissima scena in cui Yoshidaya prende Asagiri sotto lo sguardo impotente di Hanjiro. E il climax della parata da cortigiana di Asagiri viene magnificato in bellezza ed eleganza proprio dai cromatismi smorzati che l'hanno preceduto. Possibili riserve estetiche a parte, quel che è certo è che il film di Toyoshima vanta un'interpretazione semplicemente incredibile di Adachi Yumi: al contempo infantile e spregiudicata, contegnosa e passionale, la sua Asagiri è un'eroina tragica difficile da dimenticare.

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