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Busan Film Festival, si parte!

Al via oggi la 17.ma edizione di una la rassegna sempre più internazionale.
di Emanuele Sacchi

In foto una scena di Cold War, film d'apertura della 17.ma edizione del Busan Film Festival.

giovedì 4 ottobre 2012 - News

Una 17.ma edizione all'insegna dell'internazionalizzazione. È noto che il BIFF, o Busan International Film Festival, rappresenti il più importante festival asiatico e una vetrina d'eccezione per il cinema sudcoreano; passano di qui le anteprime più attese del paese sotto il 38° parallelo. Ma è altrettanto evidente come, di anno in anno, il profilo del festival stia assumendo una nuova forma, con l'ambizione di primeggiare nel sempre più affollato panorama delle rassegne cinematografiche mondiali.

Non è un caso, quindi, se, per la prima volta, i film di apertura e di chiusura del BIFF non sventolano bandiera coreana, pur rimanendo di provenienza asiatica. A chiudere - e già la curiosità serpeggia - sarà il Bangladesh, con la satira surreale di Television di Mostofa Sarwar Farooki, mentre ad aprire è Hong Kong, la nazione a cui forse il cinema coreano deve di più in termini di influenze esercitate sulla new wave di inizio millennio. Il titolo è Cold War e non può che trattarsi di un noir, specialità della casa dell'ex-colonia: ancora affari interni e infiltrati tra Triadi e polizia, alla maniera di Infernal Affairs, ancora psicologie di poliziotti uniti da una missione ma divisi da tutto il resto. La materia che ha reso Hong Kong protagonista di un'indimenticabile era aurea e che resta ancora un unicum per una cinematografia che assomiglia sempre più a un panda, schiacciata dalla macchina industriale della Cina Popolare, che tenta di fagocitarla e omologarla definitivamente. Produzione importante, affidata a un duo di registi inedito, Sunny Luk e Leung Long Man, dei veterani rimasti sempre dietro le quinte: l'uno transitato dal set di Vendicami e l'altro coinvolto da Christopher Nolan per le scene hongkonghesi de Il cavaliere oscuro. Nel cast il gotha di Hong Kong, con i sempiterni Andy Lau (Detective Dee, A Simple Life), Aaron Kwok (The Detective, Throw Down) e Tony Leung Kar-fai (L'amante, Election) a garantire lo spettacolo.

Cold War è il primo di ben 304 film in programma a Busan, di cui 93 anteprime mondiali, provenienti da 75 nazioni differenti. Un'abbuffata di titoli, che si snoda tra anteprime di gala ("Gala Presentation"), ricognizioni sullo stato della Corea del Sud di oggi ("Vision" e "Panorama") e sbirciate a ciò che offre il resto del mondo ("World Cinema"), pescando anche titoli dalle selezioni di Cannes, Venezia e Toronto.

Al solito pregevoli le retrospettive, che privilegiano Arturo Ripstein, Sergei Parajanov, il cinema dei maestri polacchi e addirittura rare perle provenienti dagli archivi dell'Afghanistan, occasione unica per saperne di più su una landa nota più per le invasioni altrui che per l'arte.

Dal canto suo l'Italia può vantare presenze illustri, come Bella addormentata di Bellocchio, Reality di Garrone e una proiezione speciale, all'aperto, per Pinocchio di Enzo D'Alò. Madrina della diciassettesima edizione la bellissima Tang Wei di Lussuria - seduzione e tradimento, mentre il tradizionale premio per il cineasta asiatico dell'anno, consegnato a inizio festival, quest'anno va a Wakamatsu Koji, simbolo del cinema come ribellione e iconoclastia, autore di pellicole scandalose e rivoluzionarie, innovative ma estreme.

Benché l'attenzione dei più si concentri sui film, non mancano gli appuntamenti che rendono più variegato il BIFF: le Master Class, gli incontri con gli autori ("Talk To Talk") o gli eventi che si tengono sulla spiaggia di Haeundae. (Anche) tutto questo è Busan Film Festival, sempre più vicino ad assumere un ruolo di egemonia che, partendo dall'Asia, possa estendersi anche oltre.

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