La fondazione dello Studio Ghibli è stata probabilmente la più grande impresa, e contemporaneamente il più clamoroso trionfo industriale, che due artisti puri siano mai riusciti a portare a termine. Con buona approssimazione l'idea imprenditoriale più influente e determinante nel mondo del cinema (e non della sola animazione) degli ultimi 30 anni.
È infatti impossibile comprendere come sia stato possibile dare vita a film liberi, innovativi, complessi e geniali come Il castello nel cielo, Porco rosso, Una tomba per le lucciole o La città incantata, senza conoscere l'innovativo ambiente produttivo ideato da Hayao Miyazaki e Isao Takahata in cui si sono sviluppate.

Lo Studio Ghibli nasce infatti alla stessa maniera nella quale sono nate la United Artist, la Dreamworks, la Zentropa, la morettiana Sacher Film e qualsiasi altra casa di produzione che un artista, o un gruppo di artisti, abbiano messo in piedi per non dover sottostare ai dettami degli uomini d'affari. E nasce con quell'idea che anni dopo ispirerà anche la Pixar (che a Miyazaki e al suo mondo deve tanto in tutti i sensi possibili), ovvero uno studio in cui i dirigenti siano uomini di cinema e non uomini d'affari, in cui i produttori siano registi e capiscano le regioni artistiche di un film. E come i cartoni Pixar anche i cartoni Ghibli prima di loro hanno cambiato le regole del gioco, riscritto i flussi produttivi e costretto tutti ad adeguare le tecniche e le storie raccontate a quei clamorosi successi di pubblico e di critica.

Quando alla metà degli anni '80 decidono di rischiare il tutto per tutto, fondando la società a cui hanno dato il nome di un vento caldo del deserto, Hayao Miyazaki e Isao Takahata non erano certo dei novellini. Nonostante tra i due ci siano circa 10 anni di differenza (a favore del primo, il più giovane), avevano spesso lavorato insieme lungo i 15 anni passati nell'industria dell'animazione televisiva, del fumetto e del cinema animato giapponese, il più giovane solitamente alla sceneggiatura, il più anziano alla regia. Separatamente avevano anche portato avanti progetti personali (il più notabile dei quali la serie a fumetti di Nausicaa della valle del vento, dalla quale Miyazaki realizzò anche un film), si stimavano ma non è che fosse tutto sempre rose e fiori, c'erano dissapori e momenti di forte distacco.
Non a caso probabilmente il primo film dello studio, Il castello nel cielo, il più rischioso in assoluto, quello che doveva trionfare per forza (per fare un cartone animato ci vogliono anni e soldi, un fallimento era impensabile) è stato diretto e scritto dal solo Miyazaki, lasciando a Takahata il ruolo di produttore, per sfruttare il mostruoso successo che il maestro aveva riscosso con il suo lungometraggio precedente Nausicaa della valle del vento. I due non si sono dunque sovrapposti come erano soliti fare in passato ma si sono lasciati liberi.

In quel primo lavoro c'è tutto il Ghibli che verrà. Lo studio infatti, nonostante sia formato da diversi autori e cineasti ha una sua poetica precisa. Si tratta di opere in cui la natura si contrappone all'intervento umano, in cui la forza delle immagini passa attraverso il dinamismo e la velocità (solitamente espressa nel volo), in cui le parti in gioco sono presentate solo per essere poi rivoltate, costringendo gli spettatori a passare dall'avversione al favore e poi di nuovo all'avversione verso le medesime figure, e infine in un'idea di mondo nella quale l'uomo ha senso solo in quei rari casi in cui sa vivere in armonia e subordinazione all'ordine naturale delle cose.
Il risultato di quest'idea di factory lo si vede soprattutto nelle opere minori e più recenti. In quelle di Goro Miyazaki (figlio di Hayao) o in quelle di Hiromasa Yonebayashi (Arrietty) opere di medio livello rischiarate dal modus operandi e dal metodo Ghibli fino a diventare piccoli gioielli.