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Millennium: Uomini che odiano le donne in anteprima

Tutto sull'adattamento hollywoodiano firmato David Fincher.


giovedì 5 gennaio 2012 - News

L'articolo è pubblicato su Best Movie di gennaio

Un caso letterario clamoroso. Una prima versione cinematografica interessante ma insoddisfacente. E ora, finalmente, Uomini che odiano le donne arriva al cinema in una nuova veste. Ancora più shockante, ancora più estrema, firmata dal "mago" David Fincher e con stelle come Daniel Craig e Robin Wright ad arricchire il cast. E soprattutto Rooney Mara/Lisbeth, personaggio indimenticabile e pronto a segnare l'immaginario collettivo, tra look punk, genio e follia.

David Fincher non è un uomo che odia le donne.
Semmai odia i suoi attori, a dare ascolto a coloro che lo dipingono come uno spietato dittatore. O forse odia tutti, a giudicare dalla crudezza con cui ha dipinto, in vent'anni di carriera, le pieghe più turpi dell'animo umano. Ma un misogino? No, quello no. Eppure tra un mese lo vedremo far torturare e stuprare la protagonista del suo ultimo film, un'hacker svedese fragile e asociale a cui presta corpo e anima uno scricciolo di nome Rooney Mara, scelta dal regista con un eloquente: «È lei la mia Lisbeth». Che sia diventato anche lui un uomo che odia le donne?
Un passo indietro, per non perderci. Chi sia David Fincher – cioè il più grande regista vivente di thriller – lo sappiamo bene. Anche il nome di Lisbeth Salander, forse, vi dice qualcosa, a giudicare dai dati di vendita del romanzo "Uomini che odiano le donne", primo capitolo di una trilogia (pubblicata postuma) a opera dello svedese Stieg Larsson: quindici milioni di copie vendute negli Stati Uniti, oltre due milioni solo in Italia, un caso editoriale da fare concorrenza a "Harry Potter" e "Twilight". Ma chi è Rooney Mara e cosa c'entra con il regista di Fight Club? Per la risposta bisogna risalire all'inizio del 2010, quando le insistenti voci che circolavano su una seconda trasposizione del romanzo di Larsson presero forma sempre più concreta, fino a cristallizzarsi su David Fincher, forse l'unico nome di Hollywood che non avrebbe fatto storcere il naso ai fan duri-e-puri della saga. Da allora notizie, indiscrezioni e particolari sul progetto sono andate accumulandosi; con loro, il ghiaccio intorno ai cuori degli "uomini che odiano i remake" ha cominciato a sciogliersi, fino a trasformarsi in una bruciante curiosità (che per noi italiani verrà soddisfatta il 3 febbraio).
Non è facile raccontare a chi non l'ha letto cosa sia Uomini che odiano le donne, e forse è proprio questo che ha attirato Fincher. È un classico giallo dall'impianto americano, certo: un giornalista d'inchiesta che si improvvisa detective con un pizzico di legal thriller alla John Grisham. Ma è anche uno spaccato della società svedese, tra benessere apparente e disagio sotterraneo, misoginia e rigurgiti neonazisti. È una storia d'amore, o di amori, ma anche di sesso, violenza, violenze sessuali e sesso violento. Ed è il ritratto di uno dei personaggi più straordinari della letteratura moderna, che lo script della versione fincheriana descrive così: «Vent'anni. Capelli corti, piercing al sopracciglio, tatuaggio sul collo. Maglietta, jeans e anfibi neri. Non un look studiatamente punk, ma l'aspetto di una che sta dicendo: "Stai fuori dalle palle"». Un'icona, anche se lei non apprezzerebbe, che ha trasformato un bel romanzo ricco di tensione in uno di quei libri che non si può non aver letto.
La vicenda si spiega in poche parole: Mikael Blomqvist, direttore della rivista Millennium, accetta, per uscire dalla crisi in cui il suo giornale è piombato, il compito offertogli dal magnate Henrik Vanger, e cioè indagare sulla morte della nipote Harriet; all'indagine partecipa anche, quasi suo malgrado, l'hacker Lisbeth, ingaggiata per il suo talento informatico. L'intreccio, come si conviene a un thriller, è ben più complesso, e coinvolge sette segrete, sadici stupratori e misteri di famiglia. Un potenziale pasticcio nelle mani di un regista qualunque. Oro puro per Fincher, che è già riuscito nell'impresa di rendere appassionante un giallo quasi privo d'azione e in cui alla fine non si scopre neanche il nome del colpevole (lo straordinario Zodiac). E così, dopo aver arruolato Steven Zaillian (Schindler's List) per scrivere la sceneggiatura, il regista si è messo in cerca dei "suoi" protagonisti.
O meglio, i suoi potenziali protagonisti sono andati a cercarlo: perché se per il ruolo di Lisbeth la fila fuori dalla sua porta era lunga chilometri (e ci torneremo), anche per la parte di Mikael le autocandidature non mancavano. Brad Pitt, George Clooney e Johnny Depp, nientemeno, si sono offerti per raccogliere l'eredità dello svedese Michael Nyqvist, ma invano, perché Fincher aveva un solo nome in testa: il James Bond degli anni '00 Daniel Craig. Sarà lui a interpretare il giornalista-virato-detective che fugge da ogni relazione ma ha un'amante nella sua stessa redazione (Erika Berger, e chi meglio di Robin Wright per la parte?) e non disdegna scappatelle con clienti e amiche, Lisbeth compresa. Un uomo debole e pieno di difetti, ma proprio per questo quello con cui è più facile identificarsi. Craig ha il physique dû role adatto, quello dell'adorabile bastardo che sotto la scorza nasconde un cuore d'oro. Il suo rapporto (d'amicizia? Di freddezza professionale? Sessuale? Tutti e tre insieme, in effetti) con Lisbeth è la spina dorsale dell'intera saga, ed è di buon auspicio scoprire che «quando ho incontrato Rooney mi sono spaventato, perché mi è venuto il sospetto che fosse così anche nella vita di tutti i giorni!». E "paura" è il termine giusto da usare riferendosi a- Lisbeth, tanto che dopo aver letto il libro la stessa Mara non era sicura di poter interpretare un personaggio così spaventoso.

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