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Massimiliano Bruno contro Bellocchio?

Quinto potere, errori e stranezze della critica cinematografica.
di Robert Bernocchi

In foto Massimiliano Bruno e Paola Cortellesi, rispettivamente regista e interprete della fortunata commedia Nessuno mi può giudicare.
Massimiliano Bruno (53 anni) 4 giugno 1970, Roma (Italia) - Gemelli.

lunedì 26 settembre 2011 - BIZ

Cos'è Quinto potere? A parte ovviamente il riferimento all'omonimo film (Network in originale), è una rubrica che segnala gli errori, le stranezze, gli esempi di chiara incompetenza e magari anche gli spoiler commessi dai giornalisti italiani impegnati in campo cinematografico.

Nessuno li può giudicare (i mass media)
Ultimamente, su molti quotidiani sono uscite delle dichiarazioni forti di Massimiliano Bruno, riprese da un'intervista dell'Ansa, in cui il regista commentava il fatto che il suo film Nessuno mi può giudicare fosse uno degli otto a contendersi il ruolo di portabandiera italiano agli Oscar. Per esempio, frasi come "Questa candidatura ha un valore simbolico forte, se ne facciano una ragione i puristi del cinema d'autore". Peccato che questa frase non sia mai stata detta, come ci ha confermato il regista stesso. E la polemica con Bellocchio di cui parla anche Trovacinema nel suo titolo? Bruno sostiene di aver detto all'Ansa in maniera scherzosa "sarà contento Bellocchio", non esattamente una dichiarazione di guerra nei confronti del regista de I pugni in tasca. Ovviamente, inventato anche il titolo del Messaggero "Bruno: sfido Moretti nella corsa agli Oscar". Peccato che sia il solito vezzo di tanti quotidiani di far finta che ci sia una dichiarazione polemica che in realtà non è mai stata fatta (e ormai i litigi inventati tra questi due registi sono infiniti, complice l'ironia su Ecce Bombo presente nel film di Bruno).
Detto questo, è anche il caso di specificare che, a differenza di quanto pensano Messaggero e Trovacinema, il comitato che selezionerà il titolo italiano per gli Oscar non ha invece scelto gli otto titoli in lizza, che si sono autocandidati (e che semplicemente dovevano rispettare alcuni criteri). Non ha quindi molto senso giudicare l'inclusione di Nessuno mi può giudicare come un segnale di attenzione alla commedia o cose del genere.

Soft porno agli Oscar
Cinzia Romani sul Giornale mostra nuovamente i suoi problemi ideologici con I ragazzi stanno bene e, già che c'è, sbaglia anche il titolo del film: "Va da sé che Blumberg è attratto dal soft-porno, già illustrato in Stanno tutti bene, dove lei amava lei e il donatore di seme per formare la tipica famiglia da Mulino Bianco era Mark Ruffalo". I ragazzi stanno bene (titolo corretto) sarebbe un soft porno? Speriamo si riferisca all'abitudine delle due protagoniste di vedere un certo tipo di film. Comunque, sempre meglio di Julianne Moore etichettata in passato come "finocchia"...

L'alba della recensione
Curzio Maltese dà sempre più l'impressione di vedere distrattamente i film che recensisce per Repubblica. Nell'articolo su L'alba del pianeta delle scimmie, a parte spoilerare pesantemente la storia, scrive (leggero spoiler): "Ma quando con l'età adulta in Caesar emerge la natura aggressiva, Franco si convince a portarlo in una specie di pensione per scimmie". Peccato che Franco non si convinca per nulla, anzi lotta strenuamente per liberarlo e arriva a corrompere i responsabili della 'pensione'...

La pellicola che spoilero
Sono molti a spoilerare il film di Almodovar La pelle che abito. Per esempio, Gian Luigi Rondi sul Tempo, che racconta pressoché tutto. Vincenzo Cerami su Domenica del Sole 24 ore non solo rivela l'elemento fondamentale della pellicola, ma anche l'ultima scena. La svolta della pellicola viene raccontata anche da Beatrice Bertuccioli su Nazione/Carlino/Giorno e Giacomo Vallati su l'Avvenire. Su Libero, probabilmente è Giorgio Carbone a scrivere "Il dottor Ledgard vive nell'ossessione di trovare un sistema per impiantare la pelle negli ustionati gravi. Perciò batte la città scorticando belle ragazze". Trama che in realtà non corrisponde proprio a quella della pellicola...

3D contro le storie
Agghiacciante articolo ultrareazionario su Repubblica a difesa dei cartoni 2D, delle fiabe, del rapporto figli-genitori contro il 3D cattivo fatto solo di effetti speciali e non di storie, a firma dello scrittore Pierdomenico Baccalario. Titolo: "Fate uscire le favole dal 3D – Bentornato vecchio cartoon". Già lo strillo è il trionfo della retorica e del qualunquismo: "Basta con computer ed effetti speciali, i cartoni animati tornano all'antico: disegni a mano e storie capaci di far sognare. Perché se la tecnologia ha prodotto capolavori, a lungo andare è diventata una foglia di fico per nascondere l'assenza di fantasia. Ora invece, i creativi hanno riscoperto gli strumenti del mestiere e la forza dell'immaginazione. Nascono nuovi racconti che i genitori possono condividere con i figli. Proprio come è bello e doveroso fare con le fiabe della buonanotte. Un grande scrittore ci spiega perché".
Baccalario scrive che "Questo non significa che spariranno all'improvviso tutti i mostriciattoli programmati al computer con ossessivo realismo, ma che forse vedremo più nuove Heidi colorate a pastello da nuovi Miyazaki che eroi digitali che si muovono come manichini". Curioso che oggi Heidi diventi un prodotto da difendere, visto che i trentenni si ricorderanno come si parlava dei cartoni giapponesi all'epoca, praticamente il Male assoluto che distruggeva i bambini. Ma da dove prende l'autore l'idea che "si è assistito a un vero e proprio ritorno e a una voglia di disegni tradizionali"? Da un Festival in Polonia, in cui la maggior parte dei lavori era in 2D. Bella forza, sono prodotti più autoriali e da tutto il mondo, che spesso non si possono permettere i costi del 3D. Che comunque questo indichi una tendenza è molto discutibile (come in parte si accorge lo stesso autore, quando dice che si tratta di un "meeting di avanguardia").
In seguito, si arriva a dire che "Dopo la sbronza digitale di un 3D cacciato a forza in tutte le produzioni, il pubblico ha ricominciato a scegliere storie, e non effetti speciali. La tecnologia, nel tempo, è diventata una foglia di fico per nascondere l'assenza di immaginazione: ti fa ballare gli occhi ma non accende i pensieri". Attendiamo impazienti di sapere perché Up, Toy Story 3 e Dragon Trainer siano solo effetti speciali, senza storie e impossibilitati ad accendere i nostri pensieri.
In generale, è quasi inutile far notare quanto si tratti di un articolo pretestuoso. Basti pensare che la Disney negli anni Ottanta ha fatto una serie di cartoni deludenti che ne hanno messo in pericolo la sopravvivenza, poi per fortuna è arrivato Katzenberg e ha tirato fuori tanti prodotti importanti. Stessa società, tutti film in 2D, nel giro di dieci anni ci sono stati titoli mediocri e capolavori. Poi è divertente far finta che i cartoni 2D attuali vengano fatti come Disney li realizzava negli anni trenta e magari vengono anche montati tagliando la pellicola a mano. Come no... E i cartoni 3D sempre da storyboard concreti partono, chi fa 3D la sa tenere in mano una matita. Ricorda tanto certi discorsi a inizio anni Novanta sulla realtà virtuale, che avrebbe dovuto rendere falsa tutta la nostra vita...

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