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Storia "poconormale" del cinema: puntata 97

Una rilettura non convenzionale della storia del cinema.
di Pino Farinotti

Anne Wiazemsky 14 maggio 1947, Berlino (Germania) - 5 Ottobre 2017, Parigi (Francia). Interpreta Veronique Superviele nel film di Jean-Luc Godard La cinese.

venerdì 31 dicembre 2010 - Focus

Il sociale
La seconda parte degli anni sessanta continua a riconoscere il cinema italiano oltre confine, anche se il movimento magnifico della "commedia" si va esaurendo. De Sica, Visconti, Fellini hanno ripetutamente ricevuto i grandi premi, con opere autonome, fuori dai generi. Il decennio registra alcune new entry interessati, come Zurlini e Rosi e, sempre in chiave di riconoscimenti, accrediterà Antonioni come autore internazionale. Nella vicenda politica il protagonista continua ad essere Aldo Moro, con la sua capacità di mediazione fra destre e sinistre. Nel maggio del 1966, a Roma, accade qualcosa che potrebbe passare inosservato ma che, a posteriori, assume un significato importante: la polizia sgombera l'università La sapienza di Roma, che gli studenti hanno occupato per cinque giorni.

Riparatore
Nel '65 Visconti vince il Leone d'oro al festival di Venezia con Vaghe stelle dell'Orsa, un'opera non in linea con le sue migliori, un premio in un certo senso riparatore. Anche il '66 è un anno felice del nostro cinema. Si accredita un autore di grande personalità ma, secondo la critica di allora, di minore nobiltà, Pietro Germi, che coglie un premio universale, la Palma d'oro di Cannes, appena in tempo. Signore e signori è infatti il suo ultimo film. Un titolo che richiama la nostra tradizionale commedia, e che diventerà, nel tempo, un autentico culto. In quello stesso anno vinciamo anche il Leone d'oro di Venezia con un titolo che si inserisce benissimo del concetto "sociale&politico". Si tratta de La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo. Film "oltre confine" in assoluto, abbrivio di un genere che avrà fortuna negli anni a venire, il docu-fiction.

Arte
Nel quadro hollywoodiano, in quel decennio, prevale un genere molto caro agli americani, il musical, l'unica forma d'arte tutta e solo americana. Ci tengono. Sono ben quattro i titoli che vincono l'Oscar assoluto: West Side Story, My Fair Lady, Tutti insieme appassionatamente, Oliver. I musicals, come momento di evasione, di disimpegno, un'apnea di coriandoli, in attesa di prepararsi invece all'impegno, e che impegno, che attraverserà la fine degli anni sessanta e il decennio successivo. Nel 1967 il cinema italiano ottiene un unico riconoscimento al massimo livello, la Palma d'oro con Blow-Up di Antonioni. È la conferma di una conferma.

Ovest
I Sessanta avevano "inaugurato" due grandi personaggi del cinema. Uno partito dall'Italia, Clint Eastwood, che accreditava il suo uomo dell'ovest, silenzioso con poncho, con altri due titoli a seguire Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più e Il buono il brutto e il cattivo. Il cinema inglese aveva introdotto due fenomeni: James Bond, il più lungo serial di tutti i tempi, soprattutto la stella scozzese Sean Connery. Già in quel decennio Connery si preoccupava di affrancarsi da 007, un modello che avrebbe potuto distruggerlo, lavorando, con difficoltà, con Hitchcock, che lo aveva scelto come protagonista di Marnie. Ma la scelta coraggiosa lo scozzese la fece, nel '65 con La collina del disonore, firmato da un autore vero, Sidney Lumet. Per la prima volta l'attore si mostrò al naturale, parvicrinito. Gli andò bene. Connery e Eastwood, divi coetanei (classe 1930) partiti allora, sono arrivati al loro sesto decennio di attività.

Unica
Ma dovendo indicare, di getto, come selezione fulminante, un'unica vicenda del 1967, estraggo Jean-Luc Godard con la sua "Chinoise". Film sociale e politico.
"Un gruppo di studenti parigini si applica su una revisione del pensiero comunista, quello russo, nella chiave maoista. Véronique, la leader, propone l'uccisione di un ministro sovietico che verrà in visita. I ragazzi vanno a conferenze, dibattono fra loro e coi maestri filosofi, hanno la stanza invasa dai libretti rossi di Mao, analizzano e contestano tutto, attraverso metafore volutamente astratte, artatamente incomprensibili. Era la cultura ed erano i sentimenti di quella generazione del sessantotto. Godard applica a quel film tutta la sua potenza. Lui sì, l'aveva. Citazioni letterarie, da Puskin a Brecht, e poi cinefile, Fellini e Ray, con un richiamo al linguaggio di Ejzenstejn. Godard cerca e trova, propone l'idea utopica, anche della rivoluzione delle armi e della cultura, che può appartenere ai giovani, magari senza la speranza che il tutto si attui. Ho detto "il sessantotto" e qui viene il bello: Godard sapeva già tutto... un anno prima. La Cinese infatti è del '67. Cinema sociale e politico, e addirittura pre-instant. Senza televisione. Confusione, contraddizione, ma entusiasmo e stile. Un cinema che anticipava non solo la letteratura, disciplina antica e nobile, ma anticipava la Storia. Il cinema di un artista colto, studioso vero, scrittore vero, maestro. Un inciso: ci volevano i francesi, arroganti, antipatici, ma ciclicamente, i primi ad arrivare. Com'era bella, com'era intelligente, com'era confusa ma affascinante quella sinistra di Godard. "Confusa" come può essere una licenza del cinema, anche al massimo livello. Ecco come un grande autore leggeva quel momento storico."
L'anno dopo, nel sessantotto, sarebbero cambiate molte cose, dovunque.

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