Advertisement
La guerra del cinema secondo David Puttnam

Il cinema è una cosa troppo importante perché lo facciano i registi.


lunedì 6 dicembre 2010 - Libri

A 69 anni David Puttnam, mitico produttore inglese di Mission (Palma d'Oro a Cannes), I duellanti, Momenti di gloria (Premio Oscar per il Miglior Film), Urla del silenzio (vincitore di tre premi Oscar), Local hero (solo per citarne alcuni) diventato anche capo della Paramount e Lord, arriva in Italia, a più di dieci anni dall'uscita nel mercato statunitense, con un libro, edito da Dino Audino, che racconta la sua personale versione della storia del cinema, dal dopoguerra a oggi: La guerra del cinema. E che è destinata a far discutere.
Non a tutti piacerà sentirsi raccontare, per esempio, che Godard usava fare rapine ai "Cahiers du Cinéma". Oppure come siano stati sperperati gli interventi europei nei confronti dell'industria cinematografica, con un sottotesto critico nei confronti di quelle posizioni assistenzialistiche dominanti in Italia negli anni passati; argomenti, questi, di grande attualità oggi, alla luce delle proteste dei lavoratori dello spettacolo contro i tagli del Fondo Unico per lo Spettacolo. Sempre criticamente Puttnam guarda all'eredità della Nouvelle Vague trasformata dalla critica e dal mondo accademico in ideologia del "cinema d'autore". E tutto ciò lo fa con dati, cifre, documenti e soprattutto con l'esperienza personale di un grande produttore che, per la sua origine inglese e per la sua professione, è stato forse il più importante tramite tra la cultura cinematografica europea e quella americana.
Culture che davvero si sono scontrate come in una guerra; uno scontro epico tra la potente armata dei produttori hollywoodiani, sempre supportata dal potere politico, e le fragili e divise cinematografie europee, sempre in cerca di sussidi statali e di leggi protezionistiche. Da una parte negli USA, un apparato industriale che, con l'ambizione di sviluppare il mercato interno e conquistarne di nuovi all'estero, ha saputo realizzare storie sempre più emozionanti e portatrici di valori universali capaci di creare un immaginario collettivo sovranazionale. Dall'altra in Europa, un cinema, inteso innanzitutto come arte, che ha prodotto capolavori assoluti, ma ha anche generato un'ideologia del cinema d'autore che, sfornando centinaia di film autoreferenziali, ha progressivamente allontanato per decenni il pubblico europeo dal proprio cinema. «I film si rivolgono a una, forse due persone», disse sempre Godard nel 1993.
La ricerca dei diritti del libro, racconta l'editore, che alla pubblicazione del libro teneva come se fosse un «obbligo morale», per l'importanza del suo autore e per gli argomenti trattati, è durata diversi anni: ha persino scritto alla Camera dei Lord per cercare di mettersi in contatto con Puttnam. Ora cercherà di farlo venire in Italia per raccontare direttamente la sua esperienza e le sue opinioni, nella speranza di aprire un dibattito serio su questi argomenti. Solo per l'edizione italiana del libro ha scritto una post-fazione inedita nel resto del mondo: «Anche se Puttnam non arriva mai a dirlo esplicitamente - e dunque mi assumo la responsabilità della provocazione - l'affermazione che percorre silenziosa tutto il libro è questa: il cinema è una cosa troppo importante perché lo facciano i registi. Come dice la quarta di copertina, è molto più che puro business, e forse è anche più che arte».
È una passione, che Puttnam ha vissuto sulla sua pelle, e questa passione trasuda dalle pagine del libro, intriganti come un romanzo di spionaggio ambientato nelle sale del potere degli studi hollywodiani e quelli europei. Ma è anche un fatto di responsabilità culturale, non da poco. Nel 1985 Puttnam venne invitato a Kiev subito dopo la vittoria di Urla del silenzio di tre premi Oscar. Scrive Puttnam: «Non tardai a rendermi conto di essere stato piuttosto male informato riguardo all'Ucraina. Non ero a conoscenza delle tensioni politiche, religiose e culturali che in quel momento attraversavano il paese. Proiettammo il film un sabato mattina, in un enorme e cupo cinema, a un pubblico di quasi 2000 persone, prevalentemente giovani. Durante il terribile dibattito che seguì la proiezione nessuno menzionò la Cambogia. La discussione verteva sull'Ucraina e i suoi problemi, e i presenti si chiedevano se quegli eventi tragici avrebbero potuto toccarli direttamente». Vent'anni dopo, in un hotel a Davos, Puttnam conobbe il nuovo presidente ucraino, Viktor Jušenko. «Non aveva un inglese particolarmente buono e sentii uno degli interpreti menzionare il fatto che io ero il produttore di Urla del silenzio. A quel punto, mi afferrò e mi spiegò entusiasta che poco dopo la mia visita, il film aveva iniziato a circolare nelle scuole e nelle università; non disse esplicitamente che la copia in circolazione era piratata: non era necessario! A quanto pare, nelle scuole ucraine giravano numerose copie in VHS di Urla del silenzio. Di fatto, per quanto ero riuscito a capire, tutti i ragazzi dell'Ucraina, a un certo punto della loro carriera scolastica, avevano visto il film. Jušenko mi chiese se non avessi notato come, durante la Rivoluzione arancione, mai, in nessun momento nel dibattito politico, si fosse neanche accennato all'eventualità di far scoppiare una guerra civile. "Grazie al suo film abbiamo capito fin troppo bene quali sono le conseguenze di una guerra civile per una nazione. Abbiamo visto quello che è accaduto in Cambogia e abbiamo fatto in modo che non succedesse lo stesso in Ucraina". Per la prima volta in vita mia ho toccato con mano l'eccezionale potere del cinema».

Gallery


{{PaginaCaricata()}}

Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | MYMOVIESLIVE | Dvd | Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | Colonne sonore | MYmovies Club
Copyright© 2000 - 2024 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Accedi | Registrati