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Storia "poconormale" del cinema: puntata 79

Una rilettura non convenzionale della storia del cinema.
di Pino Farinotti

Sequenze e modelli: dal libro al film

venerdì 3 settembre 2010 - Focus

Sequenze e modelli: dal libro al film
Collaborazione, contaminazione, mutuo soccorso: sono questi i concetti che ho espresso raccontando il rapporto fra letteratura e cinema. In uno dei miei precedenti interventi scrivevo: "Il rapporto libro-film è molto intenso: tutti i grandi romanzi sono diventati film. Poi c'è un assunto: il libro è sempre migliore del film. Poi ci sono le eccezioni che portano a un altro assunto: qualche film "pareggia il libro" e, estendendo, si arriva a: nessun film è migliore del libro da cui è tratto."
Questa è la regola generale, poi ci sono naturalmente le eccezioni a contraddire parzialmente. La prima, decisiva, è questa: c'è un grande libro, anzi, un libro-eroe che non è diventato film, "Il giovane Holden". Questo argomento mi è strutturalmente caro. Come docente, come romanziere e critico, lo conosco dall'interno. Un rapporto che mi porta a seguire con attenzione le vicende che riguardano la letteratura che si connette al cinema.

Tolstoj
E' di questi giorni una notizia che arriva dalla Russia. Una fondazione intitolata a Lev Tostoj, che ha sede a Jasnaja Poljana, non lontana da Mosca, dove visse il grande scrittore, in occasione della celebrazione della sua morte ha decretato che i Magnifici Sette della letteratura di ogni tempo sono: Dante, Shakespeare, Cervantes, Goethe, Hugo, Joyce, Tolstoj. Non c'è alcun dubbio che si tratti di giganti. Ed è benemerita la selezione, anzi, coraggiosa, perché non è davvero facile assumersi responsabilità così assolute. C'è sempre l'aspetto dei... dimenticati. Ma per affrontare una dialettica in quel senso non basterebbe lo spazio di una Treccani. Premetto che questa classifica è per me un richiamo irresistibile, parlo di cinema e di rapporto naturalmente. Poi un paio di indicazioni di getto, che credo legittime, voglio concedermele.

Preistoria
Manca il Magnifico... più "magnifico", Omero. Può darsi che i compilatori lo abbiano ritenuto troppo lontano, una sorta di preistoria, di antropologia peraltro con contorni un po' nebulosi, come se Omero fosse un marchio più che un autore che si metteva a tavolino. E comunque Omero è stato ben servito dal cinema, e dalla fiction, che evidentemente lo hanno considerato scrittore, non preistoria o antropologia. L'Odissea (Rai), Ulisse (Kirk Douglas) e Troy, fra gli altri, sono segnali forti in quel senso. La seconda considerazione: manca un americano. E adesso mi espongo come hanno fatto i russi. Dico che la letteratura americana del novecento vale come "massa" quella europea con in più la cifra della modernità, e anche quella della concretezza. Può anche essere comprensibile che i russi, che tradizionalmente non amano gli americani, abbiano voluto fare... un dispetto. Ho detto "un paio di indicazioni" dunque qui mi fermo.

Tema Rimanendo nello stretto contenitore del capitolo sequenze e modelli, dovendo scegliere un'istantanea, una sola a rappresentare il tema, dico che l'ho fatto a suo tempo studiando la copertina di un'edizione (Garzanti) del Farinotti. Certo, una sola immagine è una pazzia, ma in questo senso il cinema, costringendoti alla connessione e dunque a togliere, ti soccorre. Se un maestro, nel corso dei decenni, fosse riuscito a fare un film adeguato alla Divina Commedia, non avrei chiesto di meglio. Potrei rifarmi all'arte, come ho fatto col bacio di Hayez, evocando un'illustrazione del Doré. Oppure creare un fotogramma virtuale con Gassman che fa Dante e Gérard Philipe che fa Virgilio.
Tutto un gioco, ma tutto legittimo visto che di cinema trattasi e di classifica tanto arbitraria da essere a sua volta un gioco. Per quella copertina scelsi un'immagine di Robert Redford nel Grande Gatsby (Clayton 1973). I codici di selezione furono: uno dei più importanti romanzi americani del novecento, firmato da un autore, Fitzgerald, eroe di quella letteratura. La trasposizione molto aderente al testo. L'uso del racconto fuori campo (di Coppola) adattato alle esigenze del cinema che offre uno spazio minore: devi tenere in dieci righe il contenuto di due pagine di scrittura. E poi, naturalmente, il Cinema. Redford è smagliante, indossa un abito bianco che sembra acceso dall'interno, ha le mani in tasca ed è triste, come se fosse al corrente del proprio destino. Una sola immagine per tutti i libri e tutti i film di tutti i tempi. Sì, una pazzia.

(continua)

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