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È morta Suso Cecchi d'Amico: è morto il cinema italiano

Ha avuto il tempo di attraversare tutto il cinema italiano.
di Pino Farinotti

Il grande cinema era grande anche perché c'era lei
Suso Cecchi d'Amico (Giovanna) Altri nomi: (Cecchi) 21 luglio 1914, Roma (Italia) - 31 Luglio 2010, Roma (Italia).

sabato 31 luglio 2010 - Focus

Il grande cinema era grande anche perché c'era lei
Il titolo è un po' estremo, magari provocatorio, ma il concetto non è davvero lontano dalla verità. Suso Cecchi d'Amico aveva 96 anni, ha avuto il tempo di attraversare tutto il cinema italiano, soprattutto il grande cinema, che era grande anche perché c'era lei. Per cominciare va detto che era nata e si era sposata benissimo. Suo padre era Emilio Cecchi, uno dei critici di cinema decisivi, di quelli che sapevano, il cinema, come prenderlo, e come raccontarlo alla gente. Fondò e collaborò a testate che hanno fatto testo, appunto, come L'italia letteraria, Cinema, e Bianco e nero. È stato anche produttore di film come 1860 di Blasetti e Piccolo mondo antico di Soldati. Il marito di Suso era Fedele d'Amico, uno dei più importanti critici musicali del Paese, direttore di accademie e autore di pubblicazioni fondamentali in quel panorama. Dunque a Suso non mancarono modelli di ispirazione, e gli ambienti da frequentare. Vanno citati, in questo senso, l'iscrizione al liceo francese Chateaubriant di Roma e i corsi di letteratura inglese che la studentessa frequentò a Cambridge.
Le prime sue applicazioni sono traduzioni da Hemingway, La quinta colonna, e da Caldwell, La via del tabacco, per le riduzioni teatrali di Visconti. Con opportunità e trascorsi come quelli, Suso era dunque pronta ad affrontare il cinema, a leggerlo e a cambiarlo. E lo fece. I titoli che ha firmato sono moltissimi.
Nella prima fase Suso si pone come sceneggiatrice diciamo classica, cioè “a disposizione” dell'autore principale, che è il regista, ma poi, quando sarà il momento, la d'Amico sarà al fianco dell'altro autore. Se dici L'onorevole Angelina, insieme a Luigi Zampa citi Suso Cecchi d'Amico. La grande attitudine della scrittrice stava nel saper guardare la realtà piccola, normale, ma con inserti creativi e poetici che altri non sapevano trovare. In questo senso era un po' francese. E in quella chiave collaborò magnificamente con un altro che sapeva scovare nel reale magnifici accenti poetici, Zavattini. Basta ricordare due titoli, Ladri di biciclette e Miracolo a Milano. I grandi registi furono, per Suso, sponde perfette. La capivano e si capivano. E la sceneggiatrice non aveva bisogno di indicazioni. Ci si mettevano quattro mani che avrebbero prodotto il capolavoro. Con Visconti raccontò un melò tenendolo nelle righe corrette, e non era semplice, il film era Senso. Non si può non ricordare l'istantanea tragica del mondo del cinema di Bellissima, con quella Magnani che cerca di esorcizzare le proprie frustrazioni cercando di spingere la figlia a fare un film. Fasi popolari e fasi colte. Suso si muoveva benissimo dovunque. Con Antonioni per esempio, per il quale scrisse, fra gli altri film, Le amiche, da Pavese e La signora senza camelie. Per Rosi sceneggiò Gli indifferenti, il primo romanzo di Moravia. Altra grande sponda è stato Zeffirelli, col quale ha collaborato in La bisbetica domata, Fratello sole, sorella luna e Gesù di Nazareth.

Rispetto al cinema mi appartiene un concetto che è quasi un grido di dolore, quello dell'innamorato tradito “eravamo i più bravi del mondo e adesso...”. Molti di quei film “più belli del mondo”, sono stati scritti da Suso Cecchi d'Amico.

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