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Obama: che film!

La storia di Obama come una fiction.
di Pino Farinotti

Tra fiction, striscia e playstation

lunedì 26 gennaio 2009 - Focus

Tra fiction, striscia e playstation
Ho scritto molti romanzi e sceneggiature. Conosco i meccanismi della fiction della carta e dello schermo, anche della 'fantafiction'. Nel 1990 nel romanzo "La grande ambizione", vincitore di un premio Bancarella, immaginavo che un grande imprenditore ed editore italiano - il modello, lontano, era Citizen Kane di Welles - diventasse Presidente del consiglio e fosse poi abbattuto da varie lobbies e alleanze: nel '90, dunque quattro anni prima del Berlusconi politico. Nel 2005 ho scritto "7 km da Gerusalemme", un bestseller tradotto nel mondo che continua ad esaurire un'edizione dopo l'altra, così come accade al dvd del film. È la storia di un pubblicitario (quasi) agnostico che incontra un tale che dice di essere Gesù. Nel 2008 ho pubblicato "L'eroe" - molte traduzioni e altro futuro film - dove un sociologo milanese, a contatto con l'Islam, messo di fronte alla debolezza occidentale rispetto all'energia, alla fede, all'applicazione e al coraggio dell'altra cultura, decide di indossare una cintura esplosiva e di attivarla in una moschea. Non posso non rivelare che alla fine non lo farà. L'indicazione viene capovolta e il romanzo diventa così un segnale di solidarietà, di rispetto delle differenze e di cammino comune fra le due civiltà. Trattasi certamente di storie particolari, forse inquietanti, con una forte cifra di fantasy, se così vogliamo chiamarla. Anche i riconoscimenti che arrivarono da Ratzinger (già Papa) e del Gran Muftì di Damasco, dunque 'opposti', entrano perfettamente in quel 'genere'.

Esistere
Questa premessa personale, per dire che la fiction Obama, in quella chiave intendo leggerla, riesce a incantare persino me, professionista di fiction. L'assunto sarebbe dunque che Obama, politico, istituzione, carne e ossa, estetica, è troppo perfetto per essere vero, non può esistere: è il disegno di una striscia o un eroe da play station, ma soprattutto una fiction, un film. Il più grande dei film. Se a determinare personaggio e destino di quell'uomo ci si fosse messo uno staff di creativi, meglio, di autori veri, ispirati come poeti ispirati, ebbene non avrebbe potuto inventare e prevedere una vicenda più esatta e perfetta: la leggenda del messia firmato, firmata dal pool di nuovi evangelisti laici.
Dunque lo staff si è riunito nel 1961, in qualche parte della terra o del cielo e ha predisposto una scheda. Obama avrà colore scuro naturalmente, ma non troppo scuro, si chiamerà (anche) Hussein, sarà un segnale, un'insinuazione all'Islam. Ma quel nome potrebbe non essere gradito in America; ma no sarà un altro segnale creativo di discontinuità, piacerà ai progressisti e servirà per battere Hillary, che è sì una democratica, ma convenzionale, 'conservatrice'. L'uomo assomiglierà, anche fisicamente, a Sidney Poitier quando fa Indovina chi viene a cena. Poitier, bello e aitante, primo divo e primo premio Oscar (protagonista) di colore e grande simbolo del sentimento antirazziale negli anni Sessanta, quelli di Luther King. Il futuro Presidente avrà una famiglia etnica, non una ma due generazioni prima. Ci vuole una nonna etnica, sarà collocata alle Hawaii, con Barack bambino eccetera, ed è opportuno che muoia in un momento utile, proprio sotto l'election day, e sarà il nipote triste a darne notizia: approvato. La moglie deve essere omologa di Barack, alta quasi come il marito, facciamo 7 cm di meno, in modo che la testa dell'uomo sopravanzi quella della moglie ma non di molto. Michelle sarà moderatamente aggressiva, al fianco del marito, non dietro. Le bambine saranno, naturalmente, molto belle, educate, figlie perfette di genitori perfetti. Occorre ricordarsi di mostrare un piccolo dettaglio intimo, un educato promemoria sessuale, il torso nudo magari. Una piccola azione domestica? Una passata di colore a una parete? Non è un gran che ma può servire per un certo target. Gli abbiamo dato Hussein, diamogli anche la bibbia, che sia enfatizzata nel giuramento, che sia quella di Lincoln, e che ricordi, Barack, di pronunciare la parola "dio" almeno due volte. I discorsi naturalmente saranno curati, saranno perfetti, un assoluto. Ideale, attitudine pragmatica e romantica, affabulazione: Kennedy, Roosevelt, Lincoln e Washington riuniti. E quando verrà il grande momento, la prima azione quale sarà se non quella attesa da tutto il mondo progressista e intelligente, se non Guantanamo cancellata? E la seconda e la terza non potranno che essere, sempre in virtù dei progressisti intelligenti, i fondi per gli aborti e l'autorizzazione alle staminali. Conosciamo questa parte del progetto, fin qui il film ha funzionato. La premessa è finita. Adesso c'è il mondo, sappiamo. Adesso subentra il reale. Ci sono le guerre, le differenze, le economie dell'est, i criminali, i poveri, i trust, gli avversari, i nemici. Il pubblico rimarrà nella sala ad assistere al secondo tempo oppure uscirà e il biglietto verrà rimborsato?

Utopie
Chi fa il mio mestiere non può non essere innamorato delle grandi manifestazioni, del sogno e delle utopie. Faccio parte del consenso intorno a quest'uomo particolare. Ho detto sopra "troppo perfetto per esistere", tuttavia spero con tutto il cuore che esista. Mito su mito, favola su favola, coro che sale al cielo, corteo compatto che lega i continenti. Anche il consenso generale è un altro assoluto che rimanda alla fiction. Abbiamo assistito: tutta la gente, tutti i media, tutti i politici di tutte le civiltà, con la mano sul cuore di fronte al neopresidente. Non una voce, non una sola voce, fuori dal coro gioioso. Collaboro e ho collaborato alla maggiori testate, quotidiani, magazine, network, conosco tanta gente. E ho sentito giornalisti e politici. Gran parte di loro non sono così euforici, sono in attesa. In pubblico e in privato: parole diverse. Se devo sintetizzare in una frase, in una didascalia generale, eccola: "mah, non saprei, tutto troppo bello, esagerato, staremo a vedere, speriamo..." E io domandavo: "ma perché non lo hai detto nei servizi, o in pubblico?" Altra sintesi di risposte: "Andare contro questa corrente travolgente? Non sono mica matto. Sarei reazionario e razzista. Se fosse un bianco, magari...". Da quando King faceva il suo discorso storico in quella stessa location dell'incoronazione di Obama, sono passati 40 anni. Sembrerebbero pochi per la realizzazione del grande auspicio, forse neppure Luther sperava che molti suoi coetanei sarebbero stati in vita al compimento dell'auspicio. Ma gli americani in queste cose sono bravi, sanno sorprendere e accelerare. Non dimentichiamo che hanno fatto la rivoluzione, quella grande, adulta, tredici anni prima dell'Ottantanove francese, e hanno fatto il Sessantotto 'giovanile' ... nel '67. Questi sono dati di fatto, è storia, non si tratta di film. E allora... allora Obama, uscito dal suo contenitore fragoroso, costoso e abbagliante, uscito dalle sue dieci feste, non sarà magari l'uomo del film e dell'assoluto, ma forse saprà rileggere le azioni dei suoi predecessori nei 233 anni di storia americana, e saprà leggere le vicende di adesso da uomo nuovo, perché su questo davvero non ci sono dubbi: nuovo, lo è.

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