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Se la notte di Natale uno spettatore…

Guida per riconoscere i tuoi film e affrontare (senza perdere la testa) la ricca proposta natalizia.
di Marzia Gandolfi

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lunedì 24 dicembre 2007 - News

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Se la notte di Natale uno spettatore si trovasse a scorrere le affiche di un Multiplex, desideroso di mettere ordine in un mondo di immagini sovraffollato e ridondante, quale sarebbe il suo destino? In un contesto modificatosi, in cui si perdono i sacri rituali di una visione controllata e limitata da confini spazio-temporali, per passare a una fruizione più quotidiana che abolisce le distanze a favore della casualità, della frammentarietà e dell'immediatezza, MYmovies propone una mappa di navigazione per il cinefilo, per l'appassionato meno sprovveduto e per un pubblico familiare alla ricerca di punti di riferimento e appigli pratici. Scelta ragionata, dunque, e nessuna tentazione verso l'inventario. Garantendo un complesso informativo rapido e, speriamo, affidabile, siamo certi di fare cosa gradita e di incrementare qualitativamente l'approccio del pubblico al "film di Natale". Un ultimo suggerimento: al momento di scegliere provate a sgombrare la vostra preferenza cinematografica da tutte le chiacchiere e le bugie redatte dai giornali e reclamizzate in televisione, emancipatevi dal marketing e dall'ideologia, dimenticatevi delle battaglie degli incassi combattute sui media prima ancora che i film escano in sala, perché l'identità di un singolo film è un fatto di verifica prima ancora che di comunicazione. Buona visione e Buon Natale.

Cinepanettone: Fratelli d'Italia (Natale in crociera, Una moglie bellissima, Matrimonio alle Bahamas)
Ogni anno a Natale Capitan Christmas (Christian De Sica) & Compagni (Massimo Boldi e Leonardo Pieraccioni) danno vita a una comicità innocua e demenziale, che nasce da una complicità regressiva, una cosa da compagni di scuola (e di banco). Mai apertamente provocatorio, mai crudelmente politically uncorrect, mai coraggioso nell'assunzione della trivialità, quello dei cinepanettoni è un approccio che può essere ridotto a uno schema e che quindi produce una serialità ripetitiva, ripiegata su se stessa, facilmente imitabile e, alla lunga, prevedibile. Per gli "irriducibili" niente è veramente importante e meno importante di tutto è crescere. Immancabilmente i loro film rispolverano la tradizione della più becera "commedia all'italiana", quella che da cinquant'anni a questa parte assolve i peggiori difetti degli italiani (l'opportunismo, il machismo, il sessismo, l'omofobia, il vittimismo, la furbizia ipocrita, l'arte di arrangiarsi) con la scusa e il pretesto di riderci su. E ancora ogni anno la cultura ufficiale arcigna decreta pollice verso. Se per una volta provassimo a vincere l'esitazione e osassimo rendere giustizia delle approssimazioni e dei pregiudizi che i critici hanno fin qui dimostrato nei confronti di queste pellicole? Il Natale esotico di De Sica e Boldi (i film comici di Pieraccioni sono di categoria diversa) è un film che funziona una volta all'anno e da numerosi anni, che gode di una distribuzione vantaggiosa e redditizia, che frequenta bellone e star straniere. È un rito che ti libera e che ti consente di fare quello che nel resto dell'anno non faresti: ridere di battute finto trash e para goliardiche, di situazioni tormentone o delle esercitazioni sui materiali basso corporei e delle loro variazioni sul tema. Il modello narrativo di riferimento è quello vecchissimo dell'italiano all'estero, che lavora costantemente sui confini dell'equivocità sessuale (bigamia, incesto, omosessualità) e della perversione (travestitismo e bondage), sulla necessità dei legami e sull'inevitabilità della separazione (non è forse sempre una storia di matrimoni, tradimenti, divorzi, di padri che devono concedere le figlie in spose, di famiglie che si formano e poi si separano?). La consapevolezza antropologica dei cinepanettoni e la loro reclamata autorevolezza come specchio dei costumi non è sfuggita agli accademici, che da tempo assegnano ai loro discenti tesi su De Sica e Boldi, sdoganando una volta per tutte il bistrattato stracult natalizio. Perciò quest'anno non siate timidi: ridete bene, ridete di gusto, su tutto, su niente.

Cinemanimato: La bella e la bestia (Come d'incanto, Bee Movie)
Un tempo Disney era sinonimo di Natale e il tradizionale lungometraggio che la factory americana preparava con pazienza era frutto di un lungo lavoro di avvicinamento al pubblico, quello su cui puntavano le strategie di mercato per imporre il film come prodotto di punta. Oggi tutto questo non avviene (quasi) più. La Disney è diventata nel corso del Novecento qualcosa di più grande di uno studio di animazione e i suoi indotti comprendono non solo film per adulti con attori in carne e ossa ma anche parchi di divertimento dislocati in varie città del mondo. Così il film della Disney che vedrete nelle sale in questo mese di dicembre non ha più niente di unico, perché è solo un frammento dell'attività di una società di produzione, né di misterioso, perché in America è uscito a novembre e in Italia è stato presentato in ottobre alla seconda edizione della Festa del Cinema di Roma. Se questa strategia diminuisce il peso dolce dell'attesa, questo non significa che il prodotto in sé sia meno piacevole e ben fatto. Anzi.
Come d'incanto non mancherà di incantarvi perché il disegno animato irrompe nella realtà incarnandosi. Il film obbedisce ai segni tradizionali dell'iconografia della celebre casa di produzione americana: attenta cura dei particolari, rotondità del disegno (l'animazione del prologo), adeguamento della messa in scena ai moduli stilistico-narrativi di Hollywood, analogie di comportamento fra uomini e animali (si osservi il rapporto tra la protagonista e lo scoiattolo antropomorfizzato). Le indubbie valenze spettacolari della Disney e la bella principessa materializzata d'incanto a New York dovranno vedersela con l'ape "laureata" e digitale della DramWorks di Spielberg e Katzenberg, decisa a sfidare il sistema lasciando il suo mondo esagonale per trovare il vero scopo della vita. L'evoluzione della tecnologia permette all'azione di raggiungere livelli di realismo e di credibilità mai visti sullo schermo: sarete sempre al centro dell'evento, godrete il piacere gioioso dei numeri musicali e vi abbandonerete al ritmo dei dialoghi, affidati anche quest'anno alla voce delle star (Renée Zellweger e Jerry Seinfeld), più vicine ai personaggi per produrre sorpresa e familiarità nello spettatore. Nella battaglia poco "animata" di Natale, almeno un foyer della sala cinematografica sarà piacevolmente affollato di creature immateriali, capaci di esprimere emozioni e sussulti e di tenere incollate le platee adulte e piccine.

Cinefantasy: Il mondo salvato dai ragazzini (La bussola d'oro)
La favola è un genere letterario antico e denso di significati, una sorta di racconto parabolico e allegorico che produce una morale, un insegnamento. Le favole tradizionali in particolare, coi loro draghi, orchi, streghe, delitti efferati, magie e incantesimi, servono a prendere coscienza che la realtà non è esattamente quella sognata dai bambini o dagli ingenui e, allo stesso tempo, che a tutto c'è rimedio, a volte perfino alla morte. In tempi recenti il piccolo universo di asteroidi solitari del visionario Antoine de Saint-Exupéry (l'autore del Piccolo Principe) è stato arricchito di più ardite cosmogonie da Philip Pullman, che con la sua trilogia Queste oscure materie ha inventato un mondo parallelo abitato da streghe, orsi polari, ragazzini coraggiosi e uomini congiunti allo spirito di un animale (daimon). La bussola d'oro, primo episodio della trilogia, tradotta per lo schermo da Chris Weitz, si avventura nel territorio del fantasy alla ricerca di tempi, luoghi e oggetti perduti, incrociando miti e riti dell'economia simbolica e di quella reale. L'universo fantastico di Pullman propone una serie di valori, raramente affioranti in una società laica e secolarizzata: il senso del sacro, il rispetto della natura, l'amicizia, il dovere, il sacrificio per il bene comune, l'azione disinteressata, l'accettazione del proprio destino, la consapevolezza della diversità. Una "bibbia" per chi ha caro il tema dell'amicizia e fatica a trovare sentimenti autentici nel mondo reale. Agli appassionati lettori della saga spetterà pronunciarsi sul valore dell'adattamento. Possiamo però suggerire che generalmente per fare un buon film da un libro bisogna essere capaci di tradirlo. Certo, ci vuole molto coraggio per distaccarsi dalla materia che si ama e osservarla da lontano, ma solo dalla periferia si può davvero vedere il centro. Questo è l'unico modo per narrarla, trasmetterla, comunicarla. Con l'approssimarsi dell'uscita del film la tensione è salita: voci, echi di parole si dipanano su un'immensa rete. Commenti pacati, riflessioni di carattere generale, apprezzamenti e qualche critica relativa al cast, ammirazione per chi si è imbarcato in una titanica impresa. Dimenticate. La bussola d'oro, con i suoi travolgenti effetti speciali, i vertiginosi movimenti di macchina, gli sconfinati e glaciali paesaggi, le energiche scene di combattimento, chiede anche a noi spettatori di fare come Lyra, la piccola protagonista, di lasciarci stupire, di prostrarci davanti alla magnifica potenza della natura, di chiudere gli occhi al gretto realismo per riaprirli all'immaginazione.

Cineautore: Assassini paranoidi (La promessa dell'assassino, Paranoid Park)
In spregio alla rinnovata volontà di abbattere la sacralità degli autori nel cinema contemporaneo, chiedendo la rimozione della sudditanza psicologica di critica e addetti ai lavori nei loro confronti, il Natale 2007 torna a dirsi autoriale contro il blockbuster americano, il cinepanettone nazionale e la rivalutazione della serie B (movie). David Cronenberg (La promessa dell'assassino) e Gus Van Sant (Paranoid Park) hanno dimostrato che il territorio più suggestivo e sorprendente resta proprio quello autoriale, in barba alla distribuzione italiana, che di questi autori non dice nulla, dimenticando di praticarli o ignorandoli volutamente. Entrati di diritto nei circuiti ufficiali e nella battaglia natalizia, La promessa dell'assassino e Paranoid Park hanno un obiettivo preciso: mostrare che sotto la crosta dell'apparenza, degli stereotipi socio-commerciali e dell'immaginario meraviglioso alla Frank Capra (rispolverato ogni Natale dagli archivi televisivi), c'è un side B mostruoso che spinge per venire fuori. Paranoid Park dichiara il forte radicamento del cinema di Van Sant nella cultura della provincia, lo spiccato interesse per la figura della ripetizione, il gusto ossessivo per alcuni temi (l'affezione per il mondo dei perdenti) e la predilezione per l'universo giovanile, diseredato ed emarginato (o autoemerginato). Agli adolescenti di Van Sant, che partiti alla ricerca di un sogno promesso, finiscono stroncati dalla morte o rassegnati alla forza di un destino marcato, senza reazione apparente, Cronenberg oppone i "cattivi padri", effettivi in A History of Violence, potenziali nella Promessa dell'assassino. Cronenberg, pur impiegando gli stilemi e gli stereotipi del cinema di genere, affronta in modo esplicitamente sociale il tema della malsanità e del male, deviato altrove nella dimensione individuale della malattia mentale (Spider) o in quella metonimica del feticcio tecnologico (Crash, eXistenZ). Nella Promessa dell'assassino (come in A History of Violence) sono invece intere società a specchiarsi e a finire sotto giudizio: le identità psichiche americana e russa basata sul mito rigenerativo della violenza come strumento di successo e di risoluzione dei problemi. Se desiderate fare un viaggio nel presente coi Figli e/o un viaggio nel genere coi Padri, è il cinema di Van Sant e Cronenberg che dovete raggiungere e abitare. Buon Cinema a tutti, anche agli anti-autorialisti.

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