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Voce del verbo amore: l'amore non è coniugabile

Dopo aver esordito al cinema nel 2002 con Il fuggiasco, storia di ordinaria follia giudiziaria, Andrea Manni approda alla commedia dirigendo un cast allegro andante - Giorgio Pasotti, Stefania Rocca, Cecilia Dazzi, Simona Marchini - traducendo in immagini un soggetto di Maurizio Costanzo.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Da quale idea è partito per scrivere il soggetto di Voce del verbo amore?
Maurizio Costanzo 28 agosto 1938, Roma (Italia) - 24 Febbraio 2023, Roma (Italia). Regista del film Voce del verbo amore.

mercoledì 18 aprile 2007 - News

Da quale idea è partito per scrivere il soggetto di Voce del verbo amore?
Maurizio Costanzo: Mi sono chiesto "perché dobbiamo continuare a far guadagnare miliardi agli avvocati divorzisti?". Una volta esisteva la crisi del settimo anno, poi il matrimonio ha cominciato a reggere un paio di anni, oggi è già tanto se arriva al primo cambio di stagione. Mi piaceva l'idea del "riproviamoci", non è detto che l'amore sia finito quando due decidono di lasciarsi. Ho voluto raccontare la storia di una coppia che affronta la separazione con tutto quello che implica: il coinvolgimento dei genitori, gli amici che vogliono dire la loro, i figli che in qualche modo usano il divorzio come un elemento del ricatto...

Ha mai pensato di tornare alla regia? O di scrivere una sceneggiatura che non sia una commedia?
Maurizio Costanzo: L'ho fatto solo una volta, nel 1977, e mi sono ripromesso che non l'avrei fatto più. Tra l'altro si tratta di un film che non è rimasto nella storia del cinema italiano, un Melodrammone di nome e di fatto. La regia richiede un impegno totale mentre io ho un limite, non riesco a concentrarmi su una sola cosa alla volta, devo fare cose diverse durante la giornata. Per quanto riguarda la commedia, io ho una certa età ormai, che mi metto a fare l'avventuroso? Mi do al thriller? Per carità, quando ho partecipato alla scrittura de La casa dalle finestre che ridono giuro che per alcune scene particolarmente cruenti mi sono dovuto far spiegare che si trattava di cinema, perché mi terrorizzavano.

Ti senti in sintonia con il personaggio che interpreti?
Stefania Rocca: Io appartengo a quella generazione che ancora non ha abbracciato la teoria del "riproviamoci". Tuttavia mi piaceva poter dare il mio contributo alla storia di due personaggi che hanno deciso di lasciarsi per non farsi del male, per non ingannarsi, e vivono questa nuova fase della relazione come sorella e fratello. Sono convinti di riuscire a lasciarsi alle spalle il loro matrimonio in maniera pacifica ma in realtà non si allontanano mai. E nel momento in cui pensano che potrebbero riprovarci non riescono a dirselo. Mi piaceva conferire al mio personaggio questo stereotipo femminile fortemente italiano di donna isterica, separata e con figli, così ho chiesto ad Andrea Manni di poter dare sfogo a questo luogo comune.

Torni alla commedia dopo aver lavorato in film drammatici e thriller. Cosa ti ha attratto della sceneggiatura?
Giorgio Pasotti: Voce del verbo amore vuole spezzare una lancia a favore di quelle persone che dicono basta e scelgono la libertà e il disimpegno. Fare questo film è stato un po' come andare in terapia: in quest'ultimo anno solare ho partecipato a film forti, intensi, e avevo bisogno di un po' di leggerezza. Monicelli una volta mi disse "voi attori giovani siete troppo seri e vi prendete troppo sul serio". Ed è vero, in Italia si rischia di essere scissi in due categorie: quelli che fanno commedie e quelli che fanno film seri. È bello potersi anche divertire ogni tanto ed è per questo che scelgo sempre ruoli così diversi da come sono io. La cosa che mi incuriosiva di più di questa commedia era il rapporto tra il mio personaggio, Ugo, e i figli, un rapporto che si rafforza dopo la separazione.

Perché questo titolo e come mai si è dato alla commedia dopo un esordio nel genere storico?
Andrea Manni: Quella del titolo è stata un scelta che abbiamo dibattuto a lungo, ma io mi sono impuntato su Voce del verbo amore perché trattandosi di sostantivo, amore non è coniugabile, ed è così anche nella vita, o si ama o non si ama. Devo dire che è stato meno faticoso fare Il fuggiasco che non questo film, perché la commedia ha una cifra stilistica che devi riuscire a mantenere fino alla fine. Ho cercato di fare un film generoso e ho chiesto anche agli attori di esserlo, di non adagiarsi su ruoli che avevano già interpretato in passato.

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