Alto, bianco di pelle, garbatissimo, il polacco Krzysztof Zanussi, 66 anni, non dirigeva da troppo tempo un film bello, profondo, commovente e forse autobiografico come Persona non grata. Dietro le vicende quotidiane nell’ambiente cosmopolita delle ambasciate a Montevideo, il film racconta l’inestirpabile ossessione del sospetto, le ferite a morte della delusione politica nell’Europa dell’Est. L’ambasciatore polacco e il viceministro degli Esteri russo, amici, si sono battuti per la libertà nei rispettivi Paesi. Per la loro militanza democratica hanno ricevuto incarichi importanti nei governi post-comunisti. Troppo tardi. Le personalità formate ormai per sempre non sanno adeguarsi ai tempi nuovi, capire un mondo quattrinaio o truffaldino, senza entusiasmo né principii. Non hanno nostalgie né rimpianti, ma ciascuno a suo modo diventa sospettoso, aggressivo, disperato.
Zanussi è nato a Varsavia, ha fatto studi di fisica e di filosofia prima di diplomarsi alla famosa scuola di cinema di Lodz: e le due attitudini mentali (razionalità, dialettica) sono presenti in molti suoi film o personaggi, magari in lui stesso. Ha debuttato nel cinema nel 1969 con La struttura di cristallo, portatore di altri elementi della sua personalità: attenzione alla moralità e dignità umane, cattolicesimo sommesso, formalismo figurativo, perfetta eleganza, dubbi esistenziali, vite irrisolte, commedia sociale grottesca. Illuminazione, La spirale, L’anno del sole quieto (Leone d’oro a Venezia 1984, mai distribuito in Italia), L’imperativo, Contratto di matrimonio sono suoi film ammirevoli. Maximilian Kolbe, Paradigma sono meno ammirevoli. Da un Paese lontano - Giovanni Paolo II non è ammirevole, nonostante il plauso del Papa.
Affabile, ironico e capace di stordire con la sua facondia, poliglotta, ricco di amicizie internazionali, il regista ha saputo resistere con abilità e vigore a ogni censura, lamentandosi pochissimo. Con Persona non grata è l’unico cineasta che abbia affrontato (con una metafora, ma così trasparente) il problema che milioni di comunisti e di dirigenti politici nel mondo hanno cercato soltanto di rimuovere: la perdita del proprio passato, la cancellazione di sé, la difficoltà o impossibilità di accettare un’altra etica, un’altra società, un’altra cultura, altri fini, un’altra vita.
da Lo Specchio , 4 febbraio 2006