Kevin Costner (Kevin Michael Costner ) è un attore statunitense, regista, produttore, produttore esecutivo, scrittore, sceneggiatore, è nato il 18 gennaio 1955 a Lynwood, California (USA). Kevin Costner ha oggi 69 anni ed è del segno zodiacale Capricorno.
Nelle vene di Kevin Costner scorre sangue indiano: la sua bisnonna Tig, da cui prenderà il nome la società di produzione dell'attore, era una Cherokee che aveva sposato un immigrato tedesco. Questo avveniva in Oklahoma, la terra natale della famiglia Costner, il luogo ingrato in cui erano stati deportati i Cherokee, cacciati dalla Georgia e trascinati in una massacrante trasferta lungo la "piste delle lacrime". La siccità degli anni trenta ha spinto i Costner, come molti altri, verso la California, in una migrazione che è stata resa celebre dallo Steinbeck (e poi dal Ford) di Furore. E in California, a Lynwood (un quartiere proletario di Los Angeles), è nato nel 1955 Kevin che, raccontano le biografie, non ha pensato a fare l'attore fino al 1978 quando, durante il volo di ritorno dal viaggio di nozze, incontra Richard Burton, passa una mezz'ora a parlare con il divo e rimane folgorato. Quando Kevin annuncia alla moglie che avrebbe lasciato il lavoro per la recitazione probabilmente Cindy ha pensato a uno scherzo. Invece, in pochi anni è diventato uno degli attori di maggior successo del cinema americano. Per Kevin la gavetta non dura molto, dal 1979 al 1984, anni in cui si alternano esperienze insignificanti, come il soft pomo di Malibu Hot Summer (1979), e momenti importanti, come le riprese di Amore e morte al tavolo da gioco (1981), un filmetto diretto da Jim Wilson (che ritroveremo come produttore di Balla coi lupi) e scritto da Michael Blake (cui si deve la storia e la sceneggiatura dell'esordio alla regia di Costner). Per arrivare a mettere in piedi l'enorme produzione di Dances, un film in cui nessun produttore credeva, Kevin si è dovuto prima affermare come divo e sex symbol in pellicole come Fandango (1984, più amato in Europa che negli States), Silverado (1985) e Gli intoccabili (1987). Dopo Balla coi lupi Costner è ormai una potenza a Hollywood e, oltre a poter scegliere a piacimento i film in cui lavorare - ne interpreta di notevoli, dal JFK- Un caso ancora aperto (Stone, 1991) a Un mondo perfetto (Eastwood, 1993), da Le parole che non ti ho detto (Mandoki, 1999) al recente Dragonfly il segno della libellula (Shadyac, 2002) - può anche produrre l'enorme Waterworld (1995) e dirigere il discutibile L'uomo del giorno dopo (1998).
Nelle vene di Kevin Costner scorre sangue indiano: la sua bisnonna Tig, da cui prenderà il nome la società di produzione dell'attore, era una Cherokee che aveva sposato un immigrato tedesco. Questo avveniva in Oklahoma, la terra natale della famiglia Costner, il luogo ingrato in cui erano stati deportati i Cherokee, cacciati dalla Georgia e trascinati in una massacrante trasferta lungo la "piste delle lacrime". La siccità degli anni trenta ha spinto i Costner, come molti altri, verso la California, in una migrazione che è stata resa celebre dallo Steinbeck (e poi dal Ford) di Furore. E in California, a Lynwood (un quartiere proletario di Los Angeles), è nato nel 1955 Kevin che, raccontano le biografie, non ha pensato a fare l'attore fino al 1978 quando, durante il volo di ritorno dal viaggio di nozze, incontra Richard Burton, passa una mezz'ora a parlare con il divo e rimane folgorato. Quando Kevin annuncia alla moglie che avrebbe lasciato il lavoro per la recitazione probabilmente Cindy ha pensato a uno scherzo. Invece, in pochi anni è diventato uno degli attori di maggior successo del cinema americano. Per Kevin la gavetta non dura molto, dal 1979 al 1984, anni in cui si alternano esperienze insignificanti, come il soft pomo di Malibu Hot Summer (1979), e momenti importanti, come le riprese di Amore e morte al tavolo da gioco (1981), un filmetto diretto da Jim Wilson (che ritroveremo come produttore di Balla coi lupi) e scritto da Michael Blake (cui si deve la storia e la sceneggiatura dell'esordio alla regia di Costner). Per arrivare a mettere in piedi l'enorme produzione di Dances, un film in cui nessun produttore credeva, Kevin si è dovuto prima affermare come divo e sex symbol in pellicole come Fandango (1984, più amato in Europa che negli States), SiIverado (1985) e Gli intoccabili (1987). Dopo Balla coi lupi Costner è ormai una potenza a Hollywood e, oltre a poter scegliere a piacimento i film in cui lavorare - ne interpreta di notevoli, dal JFK- Un caso ancora aperto (Stone, 1991) a Un mondo perfetto (Eastwood, 1993), da Le parole che non ti ho detto (Mandoki, 1999) al recente Dragonfly il segno della libellula (Shadyac, 2002) - può anche produrre l'enorme Waterworld (1995) e dirigere il discutibile L'uomo del giorno dopo (1998).
Buono, bello, sfortunato. A cinquant’anni, per usare dall’ultima crisi, Kevin Costner interpreta una «commedia per signore» d’altri tempi, un clone di Voglia di tenerezza chiamato Litigi d’amore e diretto da Mike Binder: de maturi vicini di casa, lui ex campione di baseball lei madre di 4 figlie abbandonata dal marito (Joan Allen),che rissosamente s’innamorano e magari resteranno insieme. Il film è stupido, i due protagonisti sono bravissimi: ma non è questo il tipo d’amore che emoziona Kevin Costner.
Costner ama l’America, la sua Storia, i suoi personaggi leggendari, i suoi paesaggi sterminati e solitari, il suo passato, il suo fascino, il suo terribile futuro. I film che ha diretto raccontano la guerra feroce e la pace possibile tra amencani immigrati e americani nativi pellerossa (Balla coi lupi), l’eroismo quotidiano dei vecchi portatori di corrispondenza e la loro funzione sociale(The Postman),la lotta dei cow-boy contro i proprietari terrieri che vietavano il pascolo degli animali ( Terra di confine). Nei film altrui ha interpretato spesso figure di coraggio e grandezza, allenatori sportivi (Bull Durham), magistrati irriducibili (JFK),funzionari pugnaci (Gli intoccabili), sceriffi del West (Wyatt Earp), eroi solitari di un mondo avvenire sommerso dalle acque (Waterworld). Da Il grande freddo, amato film di Lawrence Kasdan,la sua piccola parte venne tagliata (era Alex, l’amico suicida), ne resta appena un’inquadratura nella bara; ma in Fandango di Reynolds, rievocazione nostalgica degli anni 70, e nel western di Kasdan Silverado è magnifico, e in Un mondo perfetto di Clint Eastwood è più che perfetto, come simbolico evaso in fuga senza meta.
C’è chi dice che Kevin Costner«ha tutta la gamma delle espressioni, dalla A alla B».. La battuta è copiata da Lillian Hellman, il giudizio è ingeneroso. Nato a Los Angeles, figlio di un operaio della Edison e di un’assistente sociale, studente di Economia & commercio, debuttante al cinema nel 1981 con Indiziato di assassinio, Kevin Costner ha avuto qualche difficoltà di carriera sempre pervia del suo amore per l’America, passione che a volte ha stonato in profezia o predicazione, dedizione che si vieta ogni accenno di critica, sentimento obsoleto che lo ha isolato dal mondo hollywoodiano e anche dal mondo politico, giacché il suo amor di patria non ha neppure una sfumatura di destra. Non è ammirevole, uno così?
Da Lo Specchio, 23 aprile 2005
Buono, bello, sfortunato. A cinquant’anni, per usare dall’ultima crisi, Kevin Costner interpreta una «commedia per signore» d’altri tempi, un clone di Voglia di tenerezza chiamato Litigi d’amore e diretto da Mike Binder: de maturi vicini di casa, lui ex campione di baseball lei madre di 4 figlie abbandonata dal marito (Joan Allen),che rissosamente s’innamorano e magari resteranno insieme. Il film è stupido, i due protagonisti sono bravissimi: ma non è questo il tipo d’amore che emoziona Kevin Costner.
Costner ama l’America, la sua Storia, i suoi personaggi leggendari, i suoi paesaggi sterminati e solitari, il suo passato, il suo fascino, il suo terribile futuro. I film che ha diretto raccontano la guerra feroce e la pace possibile tra amencani immigrati e americani nativi pellerossa (Balla coi lupi), l’eroismo quotidiano dei vecchi portatori di corrispondenza e la loro funzione sociale(The Postman),la lotta dei cow-boy contro i proprietari terrieri che vietavano il pascolo degli animali ( Terra di confine). Nei film altrui ha interpretato spesso figure di coraggio e grandezza, allenatori sportivi (Bull Durham), magistrati irriducibili (JFK),funzionari pugnaci (Gli intoccabili), sceriffi del West (Wyatt Earp), eroi solitari di un mondo avvenire sommerso dalle acque (Waterworld). Da Il grande freddo, amato film di Lawrence Kasdan,la sua piccola parte venne tagliata (era Alex, l’amico suicida), ne resta appena un’inquadratura nella bara; ma in Fandango di Reynolds, rievocazione nostalgica degli anni 70, e nel western di Kasdan Silverado è magnifico, e in Un mondo perfetto di Clint Eastwood è più che perfetto, come simbolico evaso in fuga senza meta.
C’è chi dice che Kevin Costner«ha tutta la gamma delle espressioni, dalla A alla B».. La battuta è copiata da Lillian Hellman, il giudizio è ingeneroso. Nato a Los Angeles, figlio di un operaio della Edison e di un’assistente sociale, studente di Economia & commercio, debuttante al cinema nel 1981 con Indiziato di assassinio, Kevin Costner ha avuto qualche difficoltà di carriera sempre pervia del suo amore per l’America, passione che a volte ha stonato in profezia o predicazione, dedizione che si vieta ogni accenno di critica, sentimento obsoleto che lo ha isolato dal mondo hollywoodiano e anche dal mondo politico, giacché il suo amor di patria non ha neppure una sfumatura di destra. Non è ammirevole, uno così?
Da Lo Specchio, 23 aprile 2005
Costner attore è ormai un’istituzione. Bello, grande, con la faccia perbene e l’aria di chi non sa mentire, si è presentato ed è stato proposto come il Gary Cooper dei nostri anni, incarnando da solo un’intera banda di onesti: l’impavido Eliott Ness in Gli intoccabili di De Palma (1987), l’idealista Ray Kinsella in L’uomo dei sogni di Phil Alden Robinson (1989), Wyatt Earp - al posto di Henry Fonda - nell’omonimo film di Lawrence Kasdan (1994), l’innocente in trappola di Senza via di scampo di Roger Donaldson (1987), il bandito buono di Un mondo perfetto di Clint Eastwood (1993), per non parlare ovviamente di Jim Garrison, attorno a cui ruota tutta la ricostruzione di JFK di Oliver Stone (1991).
Ci sono anche molti buchi neri nella carriera di Costner, a partire dall’orribile Revenge - Vendetta di Tony Scott (1990), un incredibile film comico che non intendeva affatto esserlo. C’è la stravagante avventura di essere stato completamente tagliato (piedi a parte) nel ruolo del morto Alex, al cui funerale si riuniscono e si ritrovano gli amici di Il grande freddo di Kasdan (1983). C’è almeno un film in cui la sua bellezza ha colpito al cuore: ed è Fandango di Kevin Reynolds (1985) - quando Reynolds aveva ancora un po’ di gusto. Ci sono anche almeno due film in cui, nonostante una complessiva assenza di doti di interprete - e una voce piatta e acuta che per fortuna gli spettatori italiani non conoscono -, ha funzionato bene come attore a prescindere dalla sua prestanza: e sono Il vincitore di John Badham (1985) e Bull Durham - Un gioco a tre mani di Ron Shelton (1988). E ci sono infine due avventure di segno e di successo opposto: Balia coi lupi (1990), con cui Costner ha audacemente e nobilmente riaperto la stagione del western, e Waterworld (1995), un film ambiziosissimo e un record assoluto di costo (175 milioni di dollari), che, diretto dall’amico Kevin Reynolds, ha ricevuto una pessima accoglienza da parte del pubblico (per tacere della critica), senza tuttavia trasformarsi, per le misteriose alchimie delle prevendite, nella catastrofe che si poteva pensare.
Da Irene Bignardi, Il declino dell’impero americano, Feltrinelli, Milano, 1996
Costner attore è ormai un’istituzione. Bello, grande, con la faccia perbene e l’aria di chi non sa mentire, si è presentato ed è stato proposto come il Gary Cooper dei nostri anni, incarnando da solo un’intera banda di onesti: l’impavido Eliott Ness in Gli intoccabili di De Palma (1987), l’idealista Ray Kinsella in L’uomo dei sogni di Phil Alden Robinson (1989), Wyatt Earp - al posto di Henry Fonda - nell’omonimo film di Lawrence Kasdan (1994), l’innocente in trappola di Senza via di scampo di Roger Donaldson (1987), il bandito buono di Un mondo perfetto di Clint Eastwood (1993), per non parlare ovviamente di Jim Garrison, attorno a cui ruota tutta la ricostruzione di JFK di Oliver Stone (1991).
Ci sono anche molti buchi neri nella carriera di Costner, a partire dall’orribile Revenge - Vendetta di Tony Scott (1990), un incredibile film comico che non intendeva affatto esserlo. C’è la stravagante avventura di essere stato completamente tagliato (piedi a parte) nel ruolo del morto Alex, al cui funerale si riuniscono e si ritrovano gli amici di Il grande freddo di Kasdan (1983). C’è almeno un film in cui la sua bellezza ha colpito al cuore: ed è Fandango di Kevin Reynolds (1985) - quando Reynolds aveva ancora un po’ di gusto. Ci sono anche almeno due film in cui, nonostante una complessiva assenza di doti di interprete - e una voce piatta e acuta che per fortuna gli spettatori italiani non conoscono -, ha funzionato bene come attore a prescindere dalla sua prestanza: e sono Il vincitore di John Badham (1985) e Bull Durham - Un gioco a tre mani di Ron Shelton (1988). E ci sono infine due avventure di segno e di successo opposto: Balia coi lupi (1990), con cui Costner ha audacemente e nobilmente riaperto la stagione del western, e Waterworld (1995), un film ambiziosissimo e un record assoluto di costo (175 milioni di dollari), che, diretto dall’amico Kevin Reynolds, ha ricevuto una pessima accoglienza da parte del pubblico (per tacere della critica), senza tuttavia trasformarsi, per le misteriose alchimie delle prevendite, nella catastrofe che si poteva pensare.
Da Irene Bignardi, Il declino dell’impero americano, Feltrinelli, Milano, 1996