C'è stato un tempo in cui Clara Kimball Young era una delle attrici più amate dal pubblico nordamericano, che trovava in lei una serena bellezza, ne aveva fatto un'icona della «american beauty» e per lei aveva adottato un appellativo molto suggestivo, «Darle Madonna». Quel tempo lo si può collocare tra l'inizio della prima guerra mondiale e la fine degli anni Dieci, sei o sette anni in cui Clara si trovò ad interpretare un nutrito insieme di film, arrivando a ben nove titoli nel solo 1916. Anche se la sua carriera cinematografica aveva avuto inizio nel 1912 e addirittura molti dei suoi film del 1913 erano stati girati on location in Giappone, Cina, India ed in vari paesi europei, tra cui l'Italia e la Francia, la sua presenza non era stata per nulla notata; questa trasferta proposta dalla Vitagraph per un gruppo di suoi scritturati era stata organizzata per l'attore-feticcio della Casa, Maurizio Costello. La Kimball era solo una del gruppo, una giovane dai lineamenti duttili, che poteva rivestire indifferentemente i goffi panni di una contadinotta in Poet and Peasant (1912) e quelli raffinati di una damina settecentesca in Beau Brummel (1913). Fu solo con My Official Wife (1914), un film di lungometraggio, versione cinematografica di un fortunato lavoro teatrale ambientato in Russia, in cui l'attrice affrontava un «complicated and deeply interested character», il personaggio di una nichilista intenzionata ad assassinare lo Zar, che Clara poté rivelare quanto sensibile potesse essere la sua abilità di interprete.
My Official Wife (che oggi si ricorda più che altro perché in esso vi compare come attore Leone Trotsky), riportò all'epoca un vasto successo e, come si può leggere nella biografia di ogni attrice americana, per prima cosa il budget ebbe una impennata e subito dopo vi fu il passaggio ad un'altra casa di produzione, la World, dove la seguì il marito, il regista James Young.
Alla World, Clara interpreta film dal successo assicurato come Trilby (1915), The Common Law (1916), ennesima versione di La signora dalle camelie (Camille), The Yellow Passport (1916).
Nella voce dedicata all'attrice sull'Enciclopedia dello Spettacolo, Davide Turconi ravvisa nelle interpretazioni della Kimball una sempre maggiore precisione del tipo di donna borghese, afflitta da problemi sentimentali e familiari, la quale riesce a superare ogni difficoltà grazie alla propria forza d'animo, all'inflessibilità del carattere e alla intangibilità della virtù.
Verso la fine del 1916, l'attrice accetta un'offerta ancora più sostanziosa da parte di Lewis Selznick che ha l'ambizione di fare di lei una stella internazionale di prima grandezza; e per la Clara Kimball Young Film Corporation produce film come The Easiest Way, Shirley Kaye, Magda, The House of Glass che, diretti da registi come Paul Capellani o Emile Chautard, hanno in effetti un ottimo riscontro nel mercato interno, ma non riescono a raggiungere gli schermi europei. Quando questi ultimi verranno sommersi dai film hollywoodiani alla fine delle ostilità, l'astro di Clara Kimball si sarà già spento. L'ultimo suo film di qualche rilievo sarà Eyes of Youth (1915 al fianco di un Rudolph Valentino non ancora promosso al rango di latin lover universale. Quando il suo agente, che aveva portato l'onorario dell'attrice al suo apogeo a 7000 dollari la settimana, ne chiese 700 alla MGM per un ruolo di secondo piano, all'inizio degli anni Venti, si sentì rispondere che 200 erano più che sufficienti. Fallita la Film Corporation, lentamente il nome di Cara Kimball Young venne dimenticato. Solo un esperto fisionomista avrebbe potuto conoscerla in qualche marginale comparsata negli ultimi film muti o in quelli del primo sonoro.

Da Le dive del silenzio, Le Mani, Genova, 2001.