Lo avevamo dato per morto il western, scomparso dopo l'ultima grande ubriacatura di Sam Peckinpah. Diventato un latitante già a partire dagli anni '80, era considerato un genere inadatto alla modernità. Tuttavia, il western è sparito senza andarsene mai davvero. Come Obi Wan Kenobi, nel momento in cui il western è morto è diventato più vivo che mai.
Se i film con cavalli ambientati nella Monument Valley durante la conquista dell'Ovest degli Stati Uniti sono ad un certo punto usciti di moda, le loro idee e il loro "genere" no.
L'atteggiamento che il western ha verso le storie, il modo di raccontarle, i suoi personaggi tipici e tutto quello che di meglio ha da offrire sono rimasti, si sono infilati nella fantascienza o nel poliziesco, nel cinema d'azione e di avventura.
È una tendenza così reale che è arrivata anche la parodia. Perché un film come The Ridiculous 6 (2016), che prende in giro nel titolo The Hateful Eight (2016) ma nella sostanza il West in tutti i sensi, può essere prodotto solo se esiste anche la materia prima da canzonare.
Le parodie sono un genere cannibale, che si nutre non delle storie ma di altro cinema, che ha bisogno di mangiare altre produzioni per esistere.
In sé la storia di questi 6 fratelli che non sanno di essere tali, in cerca di un padre ma ognuno con i propri problemi, può essere girata solo a partire da altri successi. Questa produzione originale Netflix, disponibile quindi solo sulla piattaforma, mette insieme molto di quello che il western ha prodotto negli ultimi anni, quella che cioè sembra la sua nuova ondata.
Si tratta del medesimo piacere ripreso da Kim Jee-woon in Il buono il matto il cattivo (2008), fin dal titolo ispirato a Leone ma in realtà cinema coreano molto personale e dinamico, più tarantiniano che leoniano (le differenze ci sono e sono materia per appassionati di linguaggio).
Nonostante si tratti di cinema che viene dalla Corea, il film di Kim Jee-woon è ambientato nel vero West ed è un film di frontiera espressionista pieno di ironia e divertimento contemporanei.
Con tutte le sue deviazioni e concessioni, quest'esperimento è una pillola che contiene molto più che il solo principio attivo del genere americano per eccellenza, ma è anche il rigoroso frutto di una gran conoscenza in materia.
Non stupisce quindi che, arrivati a quest'annata, ci siamo potuti permettere ben 4 western: il dramma da camera di Quentin Tarantino The Hateful Eight, la sua parodia firmata da Adam Sandler The Ridiculous 6 e poi quel viaggio metafisico tra morte e vendetta di Revenant, pienamente pionieristico, fiero narratore di un mondo di scoperta e violenza, di morte e grandi scenari. Infine, un lavoro meno noto, che con il film di Tarantino ha in comune il protagonista (Kurt Russell) ma che tra tutti forse è il più filologico. Si chiama Bone Tomahawk, non ha avuto ancora una distribuzione in Italia e porta in sé i germi del classico mescolati con il moderno.
Se la voglia di western sta tornando nei panni dello spaghetti western, Bone Tomahawk è una piccola eccezione che cerca invece di recuperare il classico.
Come Appaloosa si rifà alla narrazione secca, dalle pochissime parole e dai valori virili. È un viaggio verso la salvezza di una donna intrapreso da un gruppo di uomini consapevoli di poter andare incontro alla morte.
Tra i volti noti presenti nel film c'è Taylor Lautner, che dopo Twilight ha cercato con poca fortuna di affermarsi come action hero in film di serie B un po' spenti, e qui invece cambia completamente immagine, diventando un villico scemo e spensierato.
Non ci sono vere star in Ridiculous 6 ma un ensemble di volti in cerca di conferma, scelti in antitesi ai loro ruoli usuali.
C'è il grandissimo Jorge Garcia, già Hugo di Lost, sovrappeso come sempre ma irriconoscibile dietro un barbone ingombrante. Per lui niente dolce e paffuto antieroe come sull'isola, ma squallido e lurido uomo-animale. Infine, tra i noti, c'è Luke Wilson, fratello di Owen dalla stella meno brillante, che qui rigetta tutte le sue caratteristiche da bello di commedia.
Adam Sandler, approdato ad un tipo di cinema che è l'unico a fare, quello dei grandi gruppi che vivono e lavorano come una famiglia sul set e producono film che sono grandi scampagnate, questa volta realmente mette in scena un'unica grande famiglia.
Sono assortiti in maniera strana - per esigenza di trama ma anche come casting - i protagonisti di Ridiculous 6, tutte spalle al servizio dell'indiano dalle paradossali abilità di Adam Sandler, corpo e mente dietro al film.
La famiglia messa in scena è formata da sei fratelli che non sanno di essere tali, in cerca di un padre beffardo che li ha abbandonati ma al quale, in un modo o nell'altro, si sentono legati. Come in Il mago di Oz, i protagonisti del viaggio sentono di avere qualcosa da chiedere al padre, qualcosa che lui solo potrà risolvere. Diversamente dal classico di Fleming però non è sempre qualcosa di indispensabile.