Cover Story - 20 Anni di Vanity Fair

La versione italiana di una delle testate giornalistiche più note al mondo ha festeggiato nel 2023 i vent'anni di vita, dopo aver rivoluzionato con il suo arrivo la realtà piuttosto tradizionale, fino ad allora, dei settimanali cosiddetti femminili. Per l'occasione Simone Marchetti, dal 2018 direttore responsabile e direttore editoriale europeo di Vanity Fair, traccia un consuntivo dell'esperienza e il regista Cosimo Alemà incontra e filma la redazione per tre mesi, con l'intento di individuare "l'ingrediente segreto che ha permesso al giornale di attraversare questi vent'anni in mezzo a mille cambiamenti". Dove per cambiamenti si intende principalmente l'ingresso massiccio dei social, il passaggio all'online e la conseguente rimodulazione delle strategie editoriali nonché delle abitudini di consumo dei lettori, oggi diversamente indicati da termini di marketing.

Accompagnano il racconto numerosi interventi dello staff editoriale e le immagini di backstage e di eventi organizzati dalla testata, mentre Marchetti incontra i "copertinati", cioè le celebrità, nostrane e non, che hanno avuto l'onore di associare il loro volto alla testata.

Tra tutti Kasia Smutniak, Beatrice Borromeo, Monica Bellucci, Annalisa, Tiziano Ferro, Michela Murgia, Pierfrancesco Favino, Chiara Baschetti, Drusilla Foer, Miriam Leone, Madonna, Gianna Nannini, Francesca Fagnani, Chiara Ferragni e Fedez. E a parte, in dialogo con la condirettrice Cristina Lucchini e la vicedirettrice Antonella Bussi, il direttore commenta e ricorda i singoli incontri alla luce dell'evoluzione del magazine.

È piuttosto rapido l'excursus sulle precedenti direzioni di Marisa Demichei, Carlo Verdelli, Daniela Hamaui e Luca Dini, rappresentanti di una scuola di giornalismo e di stagioni editoriali novecentesche: perché l'autocelebrazione, che passa ovviamente attraverso gli archivi fotografici e video dell'editore (la media company globale Condé Nast, che qui produce insieme ad Emma Film), si sofferma sulla direzione di Marchetti, che ha impresso una svolta decisiva alla testata in un delicatissimo passaggio epocale per l'editoria globale. Un momento in cui la concezione della cover (dal 2022, anche digitale, in alternativa a quella in edicola) gioca un ruolo cruciale nella creazione di quella community che nelle redazioni è il verbo. E nell'avvicinare la celebrity, e tutto ciò che ruota attorno alla sua immagine, a chiunque possieda uno smartphone.

Filmmaker dalle origini indipendenti e dalla versatilità spiccata - numerosissimi i videoclip musicali realizzati, ma anche spot, cortometraggi, fiction RAI e i lunghi At the End of the Day - Un giorno senza fine, La santa, Zeta - Una storia hip hop - Alemà, che firma soggetto e sceneggiatura insieme a Matteo Menduni, entra nella redazione milanese di piazzale Cadorna come in missione su un pianeta sconosciuto, incontrando le giornaliste, spesso in un controcampo muto.

Dopo un inizio promettente sulle rotative e la consegna del fresco numero dell'anniversario, Cover story sceglie presto la linea di una successione compilativa di scampoli di backstage, fulminei scorci di vita di redazione, tra retroscena rari (ma gustosi, uno riguarda i Savoia, l'altro Sharon Stone) e riprese video di eventi (tra cui si distingue la sfilata autunno/inverno 2023/2024 di Valentino). La ricchezza e la varietà della "fiera della vanità" - portatrice, oltre che di interviste memorabili, di una nuova disinvoltura e ironia nel condurle e di un'intimità speciale con i personaggi incontrati - è chiarissima nelle intenzioni e negli interventi esplicativi dell'entusiasta e appassionato Marchetti e della redazione ma, nonostante lo score dinamico di Dardust, arriva solo a tratti dal film, che inframmezza la narrazione con didascalie a paragrafo che riprendono il lettering della rivista, inanella un'antologia di apparizioni di guest stars e, nella sfida di entrare in un settore tradizionalmente protetto, impenetrabile e autoreferenziale, scende di rado nei dettagli della produzione dei servizi fotografici del titolo.

Un discorso a parte invece vale per i segmenti che riguardano Michela Murgia, chiamata a dirigere un numero e fotografata in copertina a testimoniare una nuova idea di fisicità, di felicità e di famiglia (queer, nel Paese del Vaticano): l'aver raccolto la sua voce, il suo riconoscere il coraggio della testata nel promuovere un'idea diversa di società è il successo più evidente del film. 