La contrapposizione tra la bellezza salvifica della musica e il dramma dell'Olocausto. Da oggi al cinema.
di Simone Granata
Durante la Seconda Guerra Mondiale, Antonio, clarinettista italiano trasferitosi a Praga, e la sua compagna Martina, violinista cecoslovacca, vengono deportati nel vicino campo di concentramento di Theresienstadt, più noto come ghetto di Terezin. Si tratta del 'campo di detenzione modello' scelto dalla propaganda nazista per ingannare la comunità internazionale attraverso un 'programma di abbellimento', concedendo ai musicisti anche la possibilità di suonare i propri strumenti. La musica può diventare un'ancora di salvezza nel mezzo dell'orrore dell'Olocausto.
La contrapposizione tra la bellezza salvifica della musica e il dramma dell'Olocausto non è resa al meglio dalla medietà dei toni e da una confezione non sempre all'altezza.
Il contrasto paradossale e fortemente suggestivo tra la poetica speranza, potente e delicata, simboleggiata dalla musica, e il dramma insensato della Shoah (le cui nefandezze non vengono mai mostrate) non può essere reso da una medietà di fondo poco appropriata, che attutisce senza conferire al racconto la giusta intensità.