Anno | 2023 |
Genere | Fantascienza, |
Produzione | Francia, Canada |
Durata | 145 minuti |
Regia di | Bertrand Bonello |
Attori | Léa Seydoux, George MacKay, Guslagie Malanga, Philippe Katerine, Parker Henry Tiffany Hofstetter, Jiselle Henderkott, Tom Neal (II), Lottie Andersen, Veronica Szawarska, Joa Jappont, Kester Lovelace, Thomas Hayward, Julia Faure. |
Tag | Da vedere 2023 |
Distribuzione | I Wonder Pictures |
MYmonetro | 3,46 su 16 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento domenica 3 settembre 2023
Una donna decide di liberarsi da tutte le emozioni tornando alle vite precedenti.
CONSIGLIATO SÌ
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Nel futuro, la tecnologia e l'intelligenza artificiale hanno creato un mondo sicuro ed efficiente ma scarno di emozioni. Come tutti, Gabrielle ha la possibilità di "purificare" il suo DNA dai traumi delle vite passate, ma l'incontro con Louis creerà un legame tra tre periodi temporali - 1910, 2014, 2044 - in cui diverse versioni dei due personaggi si trovano a confrontare un grande amore secondo i codici di ciascuna epoca.
Grande affresco spazio-temporale in cui l'amore diventa questione metafisica, e il melò si fa fibra connettiva del tempo.
Ci restituisce un Bertrand Bonello che torna a spiegare le ali della sua ambizione di cineasta, e questa è una buona notizia a ormai diversi anni dal capolavoro Nocturama. Più dei successivi Zombi Child e Coma, infatti, La bête gioca su un campo ampio e dà a Bonello la possibilità di mescolare fantascienza e period drama, di fare uno studio meticoloso di un volto e di un corpo attoriale di donna (con Léa Seydoux che risponde alla chiamata forte del suo fascino mai veramente conoscibile, in grado di sostenere qualunque sguardo), e anche di muoversi rapido sulla rotta Parigi - Los Angeles - Parigi, lui che è un superbo regista di geografie urbane e che nel lamento pandemico di Coma sembrava non desiderare altro. In un film denso e ricco di ispirazioni, parte dell'anima viene da "La bestia nella giungla" di Henry James, novella dall'attrattiva inesauribile perché deliziosamente allegorica. In questa versione se ne prendono saggiamente solo alcune parti (un adattamento più pieno arriva con il contemporaneo La bête dans la jungle di Patric Chiha) ma rimane l'idea evocativo-paranoica di una catastrofe sempre dietro l'angolo, la "bestia" ineluttabile e sfocata che un secolo dopo lo scritto di James si adatta perfettamente ai timori della nostra epoca.
E difatti Bonello - con la sua sensibilità letteraria - ci va a nozze, dipingendo tre presenti senza futuro, collegando la vera alluvione di Parigi del 1910 all'angoscia di guerre civili potenziali nel presente, fino a un domani "pacificato" in cui la risorsa a rischio di estinzione sono i turbamenti imperfetti dell'animo umano. Un'impalcatura elegante che fa risplendere il film intero, per quanto dia il meglio se lasciata sfocata; come già in Coma, più l'analisi sociale di Bonello scende nei particolari e più inizia a mostrare un qualunquismo tecnologico non degno del suo enorme talento. Per fortuna che in La bête la società è al massimo uno sfondo, con il centro della scena saldamente in mano a due anime che non sanno mai come abbandonarsi l'una nell'altra. Un'equazione del sentimento inespresso che in ogni periodo sfocia nell'errore, vittima delle rigidità del matrimonio, della paura, forse della Bestia in arrivo. George MacKay (che ha sostituito il compianto Gaspard Ulliel a cui doveva andare il ruolo di Louis, e a cui il film è dedicato) diventa nel 2014 un incel dai proclami omicidi sui social media, Seydoux un'attrice che cerca di invitarlo nella sua casa di vetro. La memoria persiste, si trasforma, in qualche modo permane, ma ogni volta bisogna ricominciare da capo in un mondo in cui era meglio "iniziare dalla fine". Sontuoso nel disseminare leitmotiv visivi e poetici qua e là (l'acqua, le bambole, il locale che scorre tra gli anni), mozzafiato nel disegnare istantanee di vita urbana futura e deserta per le strade di Parigi, Bonello fa un film vulnerabile e imperfetto, opera non del tutto compiuta ma nella cui anima riconosciamo inconfondibile i meriti di un grande autore.
La bestia ci abita, se me sente la presenza, la si percepisce come pericolo senza vederla. Gabrielle (Léa Seydoux) incontra un giovane uomo a cui sei anni prima ha comunicato il suo disagio: siamo ai primi del novecento, la donna è sposata con un altro, è una musicista famosa, un'artista che gli stilisti vogliono vestire. È bellissima, levigata, pacifica.
Una donna (Léa Seydoux) e un uomo (George MacKay) colti nel tempo, nel 2044 di un mondo salvato dall'AI, nella Parigi della Belle époque, nella Los Angeles del 2014 (tra Lynch e il dimenticato Crimini invisibili di Wenders). Sono sconosciuti, amanti, vittima, carnefice. La loro storia d'amore e di morte, di ripetizioni e di scarti, occupa le quasi due ore e mezza di un melodramma distopico (vagamente [...] Vai alla recensione »
Tre epoche e tre volte Gabrielle (Léa Seydoux), musicista a Parigi all'inizio del novecento, house sitter nella Los Angeles del 2014 e infine disoccupata nel prossimo futuro, spinta dall'intelligenza artificiale a sottoporsi a un trattamento per cancellare le sue emozioni. In ogni epoca Gabrielle in- contra Louis (George MacKay), prima confidente, poi minaccioso stalker e infine amore impossibile. Vai alla recensione »
In un concorso veneziano che ha visto, finora, inclusioni discutibili (The Killer di David Fincher, solo per fare un esempio) e altrettanto incomprensibili estromissioni (e qui preferiamo restare sul vago, viste le rigide norme di embargo che inibiscono qualsiasi riferimento qualitativo a film non ancora mostrati al pubblico) questo nuovo lavoro di Bertrand Bonello si è rivelato senz'altro, in assoluto, [...] Vai alla recensione »
Un uomo e una donna raccontati attraverso tre identità differenti in tre segmenti temporali differenti che, dal 1910 al 2044 passando per il 2014, disegnano l'arco della progressiva rimozione sociale di ciò che ci spaventa, ci terrorizza, ci fa perdere la strada, ci rende umani: le emozioni, l'angoscia, la premonizione della morte, la paura legata all'amore e alla sua possibile perdita.
A ogni Mostra i suoi mostri. Quasiasi edizione festivaliera vede arrivare prima o poi quel film che frustra ogni legittima aspettativa e magari viene sbrigativamente considerato divisivo nella foga del mercato delle opinioni. La bête, terzo lavoro di Bonello in cinque anni, è quel film - almeno per l'ottantesima edizione della kermesse veneziana. Vagamente ispirato a La bestia nella giungla di Henry [...] Vai alla recensione »
Bertrand Bonello torna a parlare della contemporaneità come non luogo spazio-temporale contraddistinto dalla perdita di punti di riferimento, di ideologie, di speranze, di obiettivi. Se in Coma aveva trovato nella bolla della pandemia lo spazio per tradurre lo sgomento in una amorevole lettera alla figlia, con La Bête torna invece a leggere l'oggi con la feroce lucidità del suo cinema, pensando al [...] Vai alla recensione »
"La Bête" di Bertrand Bonello ci porta nel 2044, ma poi ci fa indietreggiare nel tempo: 2014, 1910, più qualche altro scampolo d'annata sempre del XX secolo. Racconta la storia d'amore tra Gabrielle (Léa Seydoux) e Louis (George MacKay), in piena era di intelligenza artificiale, che domina le nostre vite, ma non del tutto i sentimenti. Gabrielle deve purificare il DNA (quindi togliere l'ultima briciola [...] Vai alla recensione »
Il nizzardo Bertrand Bonello, classe 1968, fa un cinema molto sensoriale, postmoderno e ricco di simboli. In Italia i suoi film («Le pornographe», «Saint Laurent», «Nocturama», «Zombi Child», «Coma», tra gli altri) sono poco distribuiti e poco visti, e chissà se «La Bête» - ieri in Concorso a Venezia 80 - invertirà la tendenza. Al centro, c'è dichiaratamente l'attualissimo tema dell'Intelligenza Artificiale [...] Vai alla recensione »
Agita il «fantasma d'amore» - ma soprattutto lo spettro pauroso dell'intelligenza artificiale - anche il sofisticato e post pandemico «La bête» di Bertrand Bonello che, perso il treno per Cannes, sale sul diretto per Venezia dove sbarca in concorso con un film ambizioso e paranoico che si dipana in tre differenti momenti temporali - 1910, 2014, 2044 - destinati a contaminarsi l'uno con l'altro.
Assai meno risolto, sempre in competizione, è La Bête, che Bertrand Bonello ha mutuato da Henry James e ibridato con l'Intelligenza Artificiale: 2044, le emozioni sono bandite, il DNA da purificare tramite l'immersione in vite precedenti, ma qualcosa - lei è Seydoux, lui George MacKay - va storto, e l'emozione riaffiora. "Quando ho iniziato a scrivere la sceneggiatura, non potevo immaginare che il [...] Vai alla recensione »
Sarà invece difficile scordare quanto è brutto La Bête di Bonello con Léa Seydoux che rivive la sua storia d'amore sfortunata in tante realtà, città e lingue diverse. Due ore e mezza interminabili di pura prosopopea e volgarità visiva. Pare che sia sui pericoli dell'intelligenza artificiale. Noi siamo più preoccupati dalla stupidità organica che ha prodotto questo orrore cinematografico che scopiazza [...] Vai alla recensione »
Sulla carta l'idea del francese Bertrand Bonello di trasferire sullo schermo il racconto di Henry James La bestia nella giungla inserendovi il tema dell'intelligenza artificiale, poteva avere un senso. In fondo il protagonista della celebre novella è un uomo che, ossessionato dal presentimento di un'imprevedibile minaccia, rinuncia d amare per scoprire infine che la temuta "belva oscura" è la sua incapacità [...] Vai alla recensione »
"Riesci ad aver paura di qualcosa che non si vede?". Il vuoto intorno, il senso di una catastrofe imminente. È già tutto accaduto. Tutto deve ancora succedere. Chi è Gabrielle Monnier? Un'aspirante attrice nella Los Angeles del 2014, o un'affermata pianista del 1910 nei salotti bene di una Parigi che attende solo di essere inondata, o ancora una giovane donna che nel 2044 deve decidere se attuare [...] Vai alla recensione »
Per quasi tutta l'estate un nido di piccioni mi ha fatto compagnia, piazzato su di un angolo in alto del balcone di casa, incombente come il senso di tragedia imminente che per Betrand Bonello opprime chiunque non sia disposto ad annullare le proprie emozioni in cambio di una purificazione dei sentimenti decisamente più "funzionale", sul posto di lavoro, in società, nelle relazioni.