Un viaggio psicanalitico nella cultura militarista di Israele, e in quella gioventù che ad essa viene sacrificata. Documentario, Danimarca, Israele, Finlandia, Islanda2022. Durata 100 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Ci sono voluti più di dieci anni di lavoro per realizzare Innocence, una storia che racconta Israele tramite il suo esercito. Espandi ▽
Attraverso frammenti di video casalinghi ed estratti dai diari privati, l’infanzia innocente dei giovani israeliani che crescono nel culto di una società militarizzata viene messa a contrasto con l’esperienza dell’esercito, alienante e psicologicamente devastante. Le storie di tanti ragazzi si incrociano nella loro fase iniziale, destinate a rimanere tragicamente corte perché appartenenti a giovani soldati che hanno scelto di togliersi la vita dopo aver servito nell’esercito, che nel paese è uno sbocco obbligatorio e fa intensamente parte della costruzione dell’identità di ciascun individuo. Particolarmente doloroso vista l’attualità dell’anno 2024 in cui esce, il film dell’israeliano Guy Davidi ibrida documentario e raccolta di materiali d’archivio per guardare nell’animo oscuro della società israeliana e dei valori assoluti a cui essa sacrifica le sue generazioni che si affacciano all’età adulta: le armi, il dominio, la sopraffazione. Recensione ❯
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Sette ritratti di immigrate raccolti con immediatezza per celebrare la coppa di chi non arriva primo. Documentario, Italia2022. Durata 80 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Un gruppo di donne immigrate a Roma, quasi tutte sudamericane, lavorano come badanti e domestiche e hanno in comune la passione per il calcio. Espandi ▽
Nel campo di calcio Vis Aurelia, a Roma, si disputa, a parecchia distanza dall’attenzione dei tornei maggiori, un campionato amatoriale di calcio femminile a otto. Le giocatrici che militano nelle sei formazioni in gara provengono da ogni parte del mondo. L’obiettivo delle documentariste concentra su sette di loro, inoltrandosi con successo e discrezione nelle loro origini familiari, in ascolto di aspirazioni e rinunce. La sintesi di un montaggio serrato, tra confessioni riposte e situazioni ordinarie, eppure avvincenti, e l’ottimo lavoro sul suono in presa diretta trasmettono un senso di immediatezza e trascinano in percorsi molto lontani tra loro ma accomunati da una tenerezza di fondo e un attaccamento ai legami affettivi, non solo di sangue. Senza sdolcinature e al minimo tasso di retorica. Dedicato “alle nostre figlie”, Las Leonas celebra e riconosce, come una coppa assegnata a chi non arriva primo, la molto sottovalutata intelligenza di adattarsi a un contesto ostile, non arrendersi a una sconfitta, rialzarsi nonostante il pronostico avverso. Recensione ❯
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Un curioso mix di docufilm, travelogue e visual art ricco di informazioni sulla Città Eterna. Documentario, Italia2022. Durata 83 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Edoardo Leo esplora la sua stessa città con occhi nuovi tra incontri divertenti, fughe, svolte sorprendenti e momenti onirici nei quali si lascerà catturare dai volti e dalle voci degli "Dei di Roma" Espandi ▽
Un attore che deve impersonare Giulio Cesare abbandona il set della produzione americana appena prima di soccombere alla congiura delle idi di marzo e va in giro alla scoperta della sua Roma, città "cinica, beffarda violenta, fondata sul sangue eppure capace di risorgere ogni volta nel nome della bellezza". L'attore, che interpreta se stesso, è Edoardo Leo, nato proprio il 21 aprile, data mitica della fondazione di Roma. Leo diventa la nostra guida attraverso la Capitale mostrandocene i luoghi più o meno noti, e rivelandoci i segreti anche delle attrazioni più conosciute nel mondo. Allo stesso tempo rivisita la Storia romana, lasciando che siano molte figure dell'antichità - da Romolo e Remo ai grandi imperatori, da Agrippina ai gladiatori - a ripercorrere le tappe di un passato ricco e sfaccettato.
Power of Rome è un curioso incrocio di docufilm, travelogue e visual art, costellato di ardite ricostruzioni, materiali d'archivio, brani teatrali e inseguimenti in motorino.
La costruzione narrativa si impegna a stratificare, ispirandosi all'impianto architettonico di una città che ha visto sovrapporsi molti secoli, dati, immagini, artifici, testi e riprese che rivelano, tra l'altro, il background pubblicitario del regista Giovanni Troilo. Il tentativo è un formalismo che rimanda al plastico iniziale della Città Eterna. Recensione ❯
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Un racconto corale sobrio e conciso che è anche indagine antropologica. Documentario, Italia2022. Durata 90 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Documentario girato in Polesine, nella memoria dell'alluvione che lo sommerse nel 1951. Espandi ▽
Il 14 novembre 1951 il fiume Po straripò a Occhiobello, un piccolo Comune in provincia di Rovigo, causando l'allagamento del Polesine, regione già poverissima. Una catastrofe ambientale che fece centodue vittime e oltre centomila sfollati e che ebbe come effetti l'immediata evacuazione della zona, l'emigrazione coatta in cerca di lavoro, una ricostruzione e un ritorno difficili. Alcuni anziani, allora bambini, intervistati oggi ricordano quei fatti, rievocando ricordi, choc, lutti ma anche episodi di un'esistenza oltre l'essenziale, in simbiosi con il fiume.
Scritto da Andrea Segre e dal giornalista e scrittore asolano Gian Antonio Stella, Po mette in dialogo, nel montaggio di Luca Manes e Chiara Russo, alcuni testimoni oculari dell'alluvione con i filmati in pellicola e le fotografie di Archivio Luce, Archivio storico Luce Cinecittà e Rai Teche (in una scena si riconosce anche un giovane Corrado Mantoni, nella sua prima veste di annunciatore radiofonico).
In questo racconto corale sobrio e conciso c'è chi confessa di non aver mai visto una forchetta prima che gli venisse offerta della carne; chi ha ancora i brividi a ripensare alla solitudine dello sfollamento, lontano dai familiari, o al bagno "collettivo" effettuato nella stessa acqua. Ma anche la compostezza di chi visita le tombe dei fuggiaschi su un camion travolto dall'acqua a Frassinelle Polesine e la dignità di chi non si vergogna di aver patito la fame, ricordando una madre pronta a bollire la testa di un animale infetto, pur di mettere qualcosa a tavola. Recensione ❯
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Gianfranco Rosi ripercorre i viaggi del Papa impostando un dialogo a distanza tra il flusso dell'archivio dei viaggi del Papa, le immagini del suo cinema, l'attualità e la storia recente. Espandi ▽
A nove anni dall’inizio del suo pontificato, Papà Francesco ha compiuto trentasette viaggi, dal primo a Lampedusa agli ultimi in Medio Oriente e in Canada. Gianfranco Rosi ripercorre le missioni del Pontefice facendo dialogare le immagini ufficiali con i filmati d’archivio, alcuni frammenti dei suoi film e riprese effettuate per l’occasione. Da documentarista Rosi osserva, confronta, amplia la prospettiva e usa le immagini per confrontarsi con il proprio soggetto. Il suo racconto non sta dalla parte di Francesco, bensì dietro, o di fronte, provando a scorgere debolezze e incertezze che sovente spezzano l’ufficialità dei discorsi scritti e delle riprese ufficiali. Grande comunicatore, Papa Francesco non si tira indietro di fronte ai problemi, soprattutto quando è lui ad avere la parola. E anche Rosi dunque non si tira indietro, accettando l’idea che il suo film prosegua in modo meccanico, di viaggio in viaggio, in modo piuttosto compilativo e didascalico, ma in questo modo riuscendo contestualizzare e verificare le parole del Papa. Recensione ❯
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Il sogno di Genova 2001 è ancora vivo, perché presenti sono ancora i temi e i problemi di quei giorni. Espandi ▽
Serve un tempo di sedimentazione, è necessario prima dimenticare per poter ricordare e cercare di rimettere in fila, superare le tappe di un trauma. Anche se il quadro non si ricomporrà, se le immagini che riemergeranno non daranno mai pace né troveranno armonia. Con buona sintesi di montaggio, una distanza pudica e grande rispetto per il dolore, è questa l'idea che ad ogni inquadratura ci ricorda il film di Collizzolli e Gaglianone.
È un documento naturalmente scioccante ma che la distanza temporale dai fatti consegna con generosa fiducia a chi ai tempi del Social Forum non era ancora nato: il film si apre infatti con un confronto con giovani invitati a riflettere sul senso di quel movimento. Se le didascalie finali ci ricordano la prescrizione per i colpevoli del processo di Bolzaneto, iniziato nel 2005, piace tenere in mente, per la tensione ideale che nonostante tutto trasmette, la citazione da Eraclito che apre il film: "Chi non spera l'insperabile non lo scoprirà, poiché è introvabile e ad esso non apre nessuna porta". Recensione ❯
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Un documentario sul gol negato a Maurizio Turone della Roma, durante un Juventus-Roma. Quell'errore arbitrale valsa alla Juve lo scudetto. Espandi ▽
Maurizio "Ramon" Turone non riesce a rivedere le immagini più importanti della sua vita. Non lo fa da quarantuno anni, non l'ha mai fatto. Roberto Pruzzo diventa di fuoco se gli succede. Enrico Vanzina perde un pezzo di cuore ogni volta che incappa in quell'azione. Paolo Calabresi sprofonda nella tristezza più cupa. Domenico Marocchino invece dice che è andata come è andata. Paolo Rossi che era tutto regolare. Luca Beatrice gode ancora. Era il 10 maggio 1981, e si giocava Juventus-Roma, terzultima giornata del campionato e partita decisiva per lo scudetto - i bianconeri avevano una lunghezza di vantaggio sui giallorossi. Al 72° Bruno Conti mette una palla in mezzo all'area juventina, Pruzzo la spizza per Turone in volo infila Zoff. Il Comunale di Torino esplode, i romanisti vanno fuori di testa e l'arbitro Paolo Bergamo annulla il gol su segnalazione del guardalinee Giuliano Sancini. Ma era davvero fuorigioco? Lo ricordano tutti. Chi c'era allo stadio e chi no. Chi è venuto dopo e chi arriverà più avanti. Gioiscono e negano gli juventini Domenico Marocchino, Luca Beatrice e Paolo Rossi. Si deprimo e attaccano i romanisti Enrico Vanzina e Paolo Calabresi. E poi tutti gli altri: Riccardo Viola, Alberto Maldolesi, Cesare Prandelli, Roberto Pruzzo, Paulo Roberto Falcão. E, in un'epifania finale, Maurizio "Ramon" Turone. Questi sono alcuni dei nomi e delle emozioni messe in fila dai registi Francesco Micciché e Lorenzo Rossi Espagnet. Recensione ❯
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L'incredibile storia del primo dirottatore di un volo transatlantico, veterano del Vietnam, emigrato italiano. Documentario, Italia2022. Durata 90 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
L'incredibile storia di Raffaele Minichiello che ha ispirato il personaggio di Rambo. Espandi ▽
Il 31 ottobre del 1969, Raffaele Minichiello, ventenne di Melito Irpino, Campania, emigrato a Seattle nel 1962, reduce dal Vietnam in credito con l’esercito degli Stati Uniti di 200 dollari, dirotta a Los Angeles un Boeing 707 della TWA diretto a San Francisco: è il primo caso di dirottamente aereo intercontinentale, e sarà anche il più lungo, visto che terminerà a Roma solo 19 ore più tardi. Da tempo Minichiello è un uomo libero e al regista Alex Infascelli racconta la sua vita con uno distacco e un sottile divertimento, quasi a sfidare un destino che per lui ha avuto in serbo terremoti, guerre, tragedie personali e guai di ogni sorta. Se nel film sono restituiti il pathos e l’enormità dell’azione più eclatante di Minichiello, ricostruita con materiali d’archivio, testimonianze e cronologia, il vero interesse di Infascelli, che gestisce il racconto con ritmo pur cedendo a un montaggio troppo televisivo, è ovviamente per la figura del dirottare improvvisato ma straordinariamente deciso, un soldato che si rivolta contro le stesse istituzioni che l’hanno formato. Recensione ❯
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Un'autofiction rigorosa che riscrive e rimette a fuoco un decennio di conquiste sociali supersoniche. E altrettante contraddizioni. Documentario, Drammatico - 2022. Durata 61 Minuti.
La scrittrice francese Annie Ernaux, Premio Nobel 2022 per la Letteratura, ci apre il baule dei ricordi, tirando fuori video amatoriali girati tra il 1972 e il 1981. Espandi ▽
Nel 1972 Annie Ernaux e suo marito Philippe, rispettivamente insegnante (non ancora scrittrice) e segretario comunale, vivono ad Annecy. Quando acquistano una cinepresa Super 8, tra le novità tecnologiche portatili di quegli anni, a filmare è quasi sempre Philippe. Dopo la separazione tra i due, nei primi anni '80, quelle immagini rimangono a lungo non viste, finché non vengono riportate alla luce dal figlio David. Si tratta di istantanee di vita familiare, ricorrenze, escursioni all'aperto e di alcuni viaggi compiuti dai quattro tra il 1972 e il 1981. Il figlio David (1968) ne immagina un nuovo assemblaggio, se pure osservando l'ordine cronologico e propone alla madre di apporre ad esse un commento critico, antidescrittivo, da incidere con la propria voce narrante.
Una nuova narrazione, con l'occhio dell'autrice riconosciuta, che ha il lusso e l'onere di potersi riguardare con la distanza non solo temporale ma emotiva con cui scrive i propri libri.
Una autofiction rigorosa, quasi un documentario naturalista, scientifico, non privo di punti di tensione, che sul piano della colonna audio non lascia spazio a facili commozioni - moderati gli interventi sonori e rumoristici sulle immagini altrimenti mute (ma la playlist di riferimento è nominata, a favore di chi vuole recuperarla). Recensione ❯
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Filmati privati, interviste a chi lo ha conosciuto nella sua intimita`, repertorio delle sue prove piu` straordinarie e testimonianze dei suoi momenti piu` difficili. Espandi ▽
Nasce a Prato il 23 settembre 1956 da una famiglia proletaria. Ha un fisico gracile ma una tecnica sublime, come ha sottolineato il suo allenatore Piero con cui ha mosso i primi passi come calciatore. Si trasferisce giovanissimo a Torino per giocare nelle giovanili della Juventus ma si rompe il menisco tre volte e la sua carriera non sembra decollare mai. Poi esplode nel Lanerossi Vicenza dove è stato anche capocannoniere con 24 reti e viene portato a 21 anni in Argentina da Bearzot per i Campionati del Mondo di Calcio dove da Paolino diventa Pablito.
La sorte sembra accanirsi ancora contro di lui quando viene fermato due anni per il calcio scommesse. Bearzot decide di portarlo comunque ai Mondiali in Spagna del 1982 anche con quasi tutta la stampa contro. Il resto rimarrà per sempre nella storia del calcio, dalla tripletta con il Brasile, una delle nazionali più forti di sempre, all'apoteosi della finale contro la Germania con il Presidente della Repubblica Sandro Pertini raggiante in tribuna.
C'è tanto materiale in È stato tutto bello. Storia di Paolino e Pablito. Ma come si deve affrontare? La storia di Paolo Rossi è già di per sé emozionante e il merito del documentario di Veltroni è quello di averla raccontata in modo semplice e diretto. Può bastare? Forse sì, forse no. Recensione ❯
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Un accorato e potente documentario su Vincenzo Agostino, monumento vivente al dolore di Palermo. Documentario, Italia2022. Durata 65 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Vincenzo Agostino da ormai trentuno anni si batte con forza e determinazione nella richiesta di verità e giustizia sull'uccisione da parte della mafia del proprio figlio e della nuora. Espandi ▽
Io so chi siete: il documentario del regista Alessandro Colizzi e della sceneggiatrice Silvia Cossu, prende il titolo dalle parole che Ida Castelluccio, prima di morire per via di una pallottola nel cuore, urla agli assassini del marito. Da quel momento l'omicidio Agostino rimane avvolto per troppi anni nel mistero e nel silenzio, e da pochi anni è stato ripreso e ridiscusso in processo. a a muoversi nell'immobilità e a urlare a gran voce la necessità di un cambiamento, in Sicilia ci sono da anni i parenti delle innumerevoli vittime di omicidi a stampo mafioso; figli, genitori e nipoti di persone che si sono battute nel silenzio contro Cosa Nostra. Uno di questi è Vincenzo Agostino, vero e proprio “monumento vivente al dolore di Palermo” come viene definito nel documentario. Io so chi siete è un documentario privo di particolari picchi registici o pretese estetiche, è potente l'impatto. Perché il punto centrale è davvero l'urgenza del messaggio e della storia raccontata che, molto più che sulle immagini o sulle interviste riportate, passa attraverso il corpo e gli occhi di Vincenzo Agostino. Recensione ❯
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L'influenza de Il mago di Oz su Lynch: un'analisi critica che incuriosisce, una collezione di suggestioni messa al servizio della ricerca. Documentario, USA2022. Durata 108 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Alexandre O. Philippe indaga i legami tra Il mago di Oz (1943) di Victor Fleming e l'universo
inquietante e fiabesco di David Lynch. Espandi ▽
Tra gli autori di cinema più amati dal pubblico e studiati dalle accademie, David Lynch ha ammantato la sua opera, già pervasa di un forte senso di inquietudine, del mistero più fitto. Con un movimento contrario, il regista Alexandre O. Philippe ripassa la filmografia lynchiana come lo si potrebbe fare solo in una sala di montaggio, per dimostrare il suo stretto e duraturo debito di ispirazione con un classico statunitense del 1939, altrettanto ricco di significati e livelli di lettura: Il Mago di Oz di Victor Fleming.
A sostegno di un'idea e di un testo di riferimento comune, il film può dispiegare così, nell'arco di oltre 100 minuti, un considerevole numero di immagini e suggestioni. E grazie allo split screen, la tecnica che moltiplica lo schermo in più parti, anche lo spettatore meno informato può apprendere con chiarezza i rimandi visivi e tematici.
Incorniciato in un'ambientazione teatrale mimetica di quell'immaginario, in un'ossessione cinefila al quadrato, se da una parte Lynch/Oz dà per scontata la conoscenza profonda dell'autore di Missoula e di un titolo fortemente allegorico come Il mago di Oz, dall'altra senz'altro incuriosisce a scoprirli o riscoprirli. Si pone, più che uno studio, come una collezione di suggestioni messa a servizio della ricerca. Recensione ❯
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Il trionfo dell'Italia nei mondiali dell''82 in un documentario dalle immagine inedite. Espandi ▽
Quando la nazionale italiana di calcio lascia il paese alla volta della Spagna, dove si giocano i campionati mondiali del 1982, il clima è prima disinteressato e poi, dopo tre pareggi iniziali, addirittura ostile nei confronti di una squadra che non convince e le cui convocazioni suscitano dubbi, a cominciare dal centravanti Paolo Rossi che non gioca da due anni. Messi di fronte all’ultimo appello in una partita decisiva contro l’Argentina di Maradona, gli azzurri si lanciano però in una cavalcata sorprendente e trionfale che nessuno si aspettava. Pochi momenti sportivi nella nostra storia sono così cinematografici come l’urlo di Tardelli, immagine simbolo di un torneo, di una generazione e di un’epoca intera. Ma tutto il mondiale del 1982 possiede in realtà la struttura drammatica perfetta, così imprevedibile nel suo rovesciamento che trasforma le tensioni e gli stenti iniziali in una incredibile vittoria finale, a Madrid contro la Germania Ovest. Lo racconta nel quarantennale del trionfo la Stand by me di Simona Ercolani, la quale rielabora per il cinema la ricetta televisiva che rese celebre Sfide. Un racconto minuzioso e le storie umane sono il trampolino che consente di abbandonarsi all’esaltazione una volta che la cavalcata si fa inarrestabile, e si finisce tutti a cantare “Cuccuruccucù Paloma” di Battiato con Bruno Conti. Recensione ❯
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Il film sull'artista veneziano che ha rinnovato l'arte del dipingere con l'uso del colore e della composizione. Documentario, Italia2022. Durata 90 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Biopic su Tintoretto con focus sull'innovazione da lui rappresentata nel campo della pittura. Espandi ▽
La figura artistica e umana di Jacopo Tintoretto (Venezia, 1518-1594) racchiude le più diverse peculiarità che, solitamente, sono dono di coloro nati geniali. Nel bene e nel male. Tintoretto era un talento nelle arti - dalla musica, fino alla pittura per cui è noto ancora oggi - e aveva una natura legata a un'ossessiva urgenza del fare, e dalla forte necessità di giungere in alto, di essere riconosciuto. Per questo motivo, già da giovane, si fa notare per le calli veneziane come l'incessante pittore che inizialmente non viene compreso poiché le sue opere erano diverse da ciò che si era abituati a guardare. Scene dense di movimento e numerosi soggetti; collettività spesso drammatiche, a indicare un malessere di classi sociali basse, a cui Tintoretto guardava, perché trovava più vivide e interessanti da replicare in pittura. Colori mischiati, sperimentazioni, luci studiate minuziosamente alla maniera di un regista cinematografico dal valore di un Visconti o Kubrick, ma con la velocità nella narrazione di un Christopher Nolan. Recensione ❯
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Il film documentario dedicato dalla "divina" del nuoto italiano. Espandi ▽
Quando a marzo 2020 in Italia vengono adottate le misure di isolamento, Federica Pellegrini si sta preparando per gareggiare nella sua quinta finale olimpica a Tokyo. Avendo disputato la sua prima ad Atene 2004, a sedici anni, la campionessa di nuoto si appresta così a chiudere la sua folgorante traiettoria nella sua specialità, i 200 metri stile libero. Nell'approssimarsi di questo appuntamento, minacciato dalla pandemia e da ostacoli fisici e psicologici, l'atleta si racconta affidando rapide riflessioni a un videodiario casalingo e in parallelo si lascia filmare durante trasferte e soprattutto allenamenti a bordo vasca, sotto le indicazioni e l'occhio severo e protettivo del trainer e compagno Matteo Giunta, con cui lavora dal 2012. Recensione ❯
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