The Pursuit of Love

Film 2021 | Drammatico

Regia di Emily Mortimer. Una serie con Emily Beecham, Beattie Edmondson, Lily James, Emily Mortimer, Andrew Scott. Cast completo Genere Drammatico - Gran Bretagna, 2021, - MYmonetro 2,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. STAGIONI: 1 - EPISODI: 3

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Ultimo aggiornamento venerdì 23 settembre 2022

Una miniserie incentrata su una famiglia inglese dell'alta società tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale.

Consigliato nì!
2,25/5
MYMOVIES 1,50
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO NÌ
Una rincorsa senza traguardo per raccontare la condizione femminile.
Recensione di Gabriele Prosperi
venerdì 23 settembre 2022
Recensione di Gabriele Prosperi
venerdì 23 settembre 2022

Linda Radlett (Lily James) e Fanny Logan (Emily Beecham) sono due cugine molto unite, benché i loro caratteri siano esattamente all'opposto: la prima carismatica, bellicosa e coraggiosa, la seconda invece più seria, intellettuale e propensa a costruire uno stabile focolare domestico. Entrambe costrette a seguire le regole di una famiglia aristocratica e fondata sulla tradizione, nonché ai limiti della condizione femminile dell'Inghilterra a cavallo tra gli Anni '30 e gli Anni '40, le due protagoniste cercheranno di trovare un nuovo senso di libertà, proprio negli anni in cui un'altra, temibile, costrizione sta per calarsi su di loro: la guerra.

La miniserie in tre puntate prodotta dalla BBC e basata sul romanzo "Rincorrendo l'amore" di Nancy Mitford del 1945, propone uno sguardo potenzialmente interessante sui grandi cambiamenti che caratterizzano la condizione femminile nell'Europa occidentale della prima metà del secolo scorso.

Fondata fortemente - e in maniera fin troppo palese - sulla dualità delle due protagoniste, poste ai poli opposti di uno spettro caratteriale riconoscibile e facilmente accessibile, le due personalità inevitabilmente si attraggono e si respingono, andando - come nel testo originale - a sviluppare una dinamica interessante. Lo scontro/incontro tra i due caratteri, dal punto di vista storico, incorpora nei due personaggi il riconoscimento di una condizione "di partenza", la necessità di un cambiamento e le spinte che portarono a un reale, primo, capovolgimento della condizione femminile.

Malgrado le buone interpretazioni del cast e soprattutto di Andrew Scott, qui nel ruolo di un eccentrico artista bohémien, e di Emily Mortimer, nel ruolo della madre di Fanny e per la prima volta regista, ogni personaggio risulta, purtroppo, stilizzato, facendo sì che ogni attore e ogni attrice non sia mai realmente approfondito, complesso, quindi diventando psicologicamente bidimensionale e appiattito.

Lo stesso stile registico - che ricorda vagamente i virtuosismi di Luhrmann o la voluta, e funzionale, artificiosità di Bridgerton - tenta timidamente di svecchiare un periodo storico e uno stile narrativo (attraverso musiche e coreografie) con scelte che appaiono gratuite, data la complessità dei temi affrontati. Tentativo già proposto da HBO con The Gilded Age (nato anch'esso conseguentemente, o in risposta, al successo della serie di Shonda Rhymes ambientata nella Regency Era) e che, similmente, mina il processo di immedesimazione, relegando i personaggi a funzioni narrative.

La spensierata e istintiva Linda diventa, così, un soggetto incapace di abbracciare appieno la spinta evolutiva e di maturazione sociale che dovrebbe personificare nella narrazione; ne deriva una forte stilizzazione che ricorda, tristemente, il paradigma discriminatorio della "donna isterica". Similmente, all'altro polo, Fanny risulta una donna casa e chiesa, bruscamente convenzionale e, seppur attratta dal nuovo e dallo sfavillio dell'età contemporanea, chiude il racconto in una rinnovata convenzione che relega la donna al ruolo di madre e moglie.

La battaglia tra i due fronti, incarnati dalle due cugine, confermata da un finale in cui, a vincere, sono donne che parlano di uomini, proiettate verso la loro funzione in relazione alle controparti maschili, non ha più ragion d'essere e risulta, inoltre, astorica.

Benché sia percepibile l'intento di "dare una lezione" agli spettatori e, soprattutto, alle spettatrici del nuovo secolo sul giudizio e su cosa sia la società patriarcale, a causa di una regia imberbe la miniserie risulta pedante, altezzosa e, purtroppo, fuori tema.

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