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Silvio Orlando: «avevo smesso col cinema. Il bambino nascosto è il film giusto nel momento giusto»

Il successo internazionale arrivato dopo i sessant’anni, i premi alla carriera, l’infanzia in una Napoli che non regala niente e gli incontri fortuiti con Sorrentino e Andò. Orlando si racconta a MYmovies in occasione dell’uscita del suo nuovo film, Il bambino nascosto, dal 3 novembre al cinema.
di Ilaria Ravarino

venerdì 29 ottobre 2021 - Incontri

Il successo internazionale è arrivato dopo i sessant’anni, con il personaggio del Cardinal Voiello nella serie di Paolo Sorrentino The Young Pope (e nel sequel The New Pope), ma in Italia Silvio Orlando - 64 anni, due David di Donatello, quattro Nastri d’argento, sei premi alla carriera solo lo scorso mese - è una leggenda da tempo. Al cinema accanto a Toni Servillo in Ariaferma di Leonardo di Costanzo, Orlando torna in sala dal 3 novembre con Il bambino nascosto di Roberto Andò, storia di un maestro di musica napoletano la cui vita viene sconvolta dall’improvvisa irruzione nel suo appartamento di un bambino in fuga (Giuseppe Pirozzi).

Come ha costruito il rapporto con Pirozzi?
Non si costruisce un rapporto a tavolino. Ho fatto un po’ più del solito lavoro: mi sono messo in ascolto, cercando di capire l’animaletto che avevo di fronte e cosa gli passasse per il cervello. Ma con lui è stato facile. È un piccolo professionista che ragiona già in una logica d’attore. Farà quello nella vita. Stare sul set gli piace.

Lei da piccolo come se la cavava sui palchi?
Ricordo il mio primo imprinting, con la maestra che ci fece fare una piccola recita improvvisata su Pinocchio. Mi fece fare Pinocchio e impazzì: l’interesse medio che aveva nei miei confronti, quello per un bambino bravo che non si impegna abbastanza, si accese all’improvviso. Feci un figurone. Poi dopo le vacanze di Natale mi diede il ruolo di Bruto in un'altra recita, e lì capii il senso del mestiere: alti e bassi, trionfi e cadute. Fu un disastro.

La Napoli criminale da cui proviene il bambino nel film, lei l’ha mai incrociata?
Napoli per fortuna, o dannatamente, è una città stratificata. In ogni quartiere, anche quelli più borghesi e tutelati, non puoi prescindere dal rapporto con il sottoproletariato urbano, violento e selvaggio. In classe un po’ le prendevi e un po’ le davi, ma soprattutto le prendevi. Eppure si trattava di uno scambio vitale. Studiavi a scuola e imparavi dalla strada.

E con Andò? Come vi siete trovati?
Trovati è la parola giusta. Dal 2016 ero fuori dal cinema. Non che se ne fosse accorto nessuno, per carità.

E la serie di Sorrentino?  
Sì, ma quella era una serie. Il cinema non lo facevo più. Mi è arrivato questo copione e io, che ho sempre miliardi di dubbi e angosce, non ci ho pensato nemmeno cinque minuti. Il personaggio era in linea con quello che sento oggi.

In che senso?
Ho superato la mezza età e sento il peso della competizione. Ho la saggezza della senilità, il tempo mette un orologio sulla tua faccia. Sento la goccia sulla testa, capisco che non ho più voglia di sgomitare, di fare la fila.

Premi alla carriera, il riconoscimento internazionale. Deve ancora sgomitare?
Tutto questo arriva a ridosso di un periodo in cui avevo praticamente smesso col cinema. Dimostra che bisogna tenere duro in questo lavoro: un minuto c’è la consacrazione, quello dopo finisce tutto. Sono mestieri da prendere con moderazione.

Il successo del suo Cardinal Voiello all’estero se lo aspettava? 
Fin dall’inizio tutti dicevano che Voiello era il personaggio più bello della serie, cosa che mi metteva addosso un’incredibile ansia. Funziona all’estero perché ha una italianità riconosciuta, è un personaggio molto concreto, uno che forse hai conosciuto o che pensi possa esistere. Una grande personalità con molte oscurità, un carattere denso. Scritto come solo Paolo sa fare. Lui riesce a creare personaggi incredibili che diventano credibili su un altro livello, il piano del mito.

Cosa le manca adesso? Fare un cattivo? Guadagnare di più?
Il problema per noi attori è che non puoi prevedere niente. Anche l’incontro con Paolo Sorrentino è avvenuto per caso, a dispetto forse del reciproco interesse. Sono incastri astrali che mi fanno credere al fatalismo. Sarà anche che sono meridionale. Ma preferisco non pensare al domani. Perché magari è meglio di come me lo immagino.


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