Una denuncia della perversa ostinazione dell’uomo nel procurare dolore su vasta scala. In Concorso alla Berlinale 2020.
di Giancarlo Zappoli
Un viaggio nel dolore. Lo schermo si divide in tre parti per dare un rimo alla sofferenza e moltiplicarla. Ogni dolore è unico ma lo schermo ce ne prova l'universalità.
Rithy Panh è da sempre un Maestro nel mettere a nudo gli abissi di crudeltà che l'essere umano sa raggiungere talvolta senza neppure averne una totale consapevolezze talaltra convinto che ciò sia funzionale a un Bene Supremo. In questa occasione non si limita però a rimanere legato al titolo. Monta infatti immagini di tutti gli eventi bellici o di massacri etnici che hanno costellato la Storia da quando i Lumière hanno inventato il 'cinematografo'.
Panh accompagna le immagini con un commento musicale a cui si aggiungono considerazioni su quanto la cosiddetta umanità è in grado di mettere in atto.