Warrior

Ah Sahm è un fenomenale artista marziale che dalla Cina arriva a San Francisco, sul finire degli anni 70 dell'Ottocento. È in cerca di sua sorella Mai Ling, sposata con Long Zii un boss delle Tong, le bande cinesi che dominano parte crescente della città e in una di queste, gli Hop Wei, entra suo malgrado anche Ah Sahm. Tra loro fa amicizia con Young Jun, il figlio del capo, e con Ah Toy, la "madame" a capo del bordello, inoltre conosce lo scaltro uomo d'affari Wang Chao e la bella e insoddisfatta moglie del sindaco Penelope Blake. Due poliziotti, una recluta della Georgia e un veterano irlandese con il vizio del gioco, si ritrovano incaricati di portare la legge tra i cinesi, osteggiati anche dal boss della comunità irlandese Dylan Leary.

Tratta da un soggetto di Bruce Lee e prodotta anche da sua figlia Shannon, Warrior fonde il period drama occidentale e le arti marziali orientali, con l'azione a farla da padrona.

Prodotta da Justin Lin (che però non ne ha diretto alcun episodio), la serie ha per showrunner Jonathan Tropper, l'autore preferito della premium cable Cinemax (una consociata di HBO) dove era andata in onda anche la sua precedente creazione, Banshee. Come allora l'azione è ancora al centro della scena e la sceneggiatura sembra avere soprattutto la funzione di legare un combattimento all'altro. Sul versante della coreografia degli scontri il protagonista Andrew Koji fa un buon lavoro, e la sua nemesi è interpretata dal formidabile indonesiano Joe Taslim, noto per il primo The Raid e che già aveva collaborato con Justin Lin in Fast & Furious 6.

Tropper segue la pista del mélo ai tempi del #metoo, con un tris di donne costrette in un ruolo difficile ma decise a emanciparsi senza bisogno di aiuto. Da una parte l'ambiziosa Mai Ling ha trasformato un matrimonio riparatore in una posizione di forza e sul fronte opposto lo stesso cerca di fare Penelope, sposata senza amore al sindaco, mentre Ah Toy utilizza la sua posizione al bordello per fini di diplomazia e spionaggio, ma non disdegna di agire in prima persona come vendicatrice abilissima nella spada. L'attrice che la interpreta del resto è la canadese Olivia Cheng, che era già stata concubina e assassina in Marco Polo. Anche Tom Weston-Jones, che in Warrior è un poliziotto dal passato misterioso, è già rodato in una parte analoga per i suoi trascorsi di protagonista in Copper, dov'era sempre un poliziotto nella New York del 1860. E naturalmente Hoon Lee è ben noto a Tropper, che l'ha avuto tra i protagonisti di Banshee nei panni dell'hacker transessuale Job.

Un casting dunque intelligente da tutti i punti di vista, dove paradossalmente è proprio il protagonista a creare una strana anomalia: Andrew Koji, nippoamericano, non è chiaramente un cinese anche se tutti sembrano crederlo. Quando poi, verso metà stagione, viene rivelato che ha una discendenza anglosassone il suo amico cinese si stupisce pure, come se non fosse evidente. Si tratta comunque di una bizzarria di poco conto, che si archivia in fretta.

A tenere banco sono le scene d'azione, dove purtroppo il montaggio tende alla frammentazione, anche comprensibilmente per proteggere gli attori, con alcuni combattimenti però più coraggiosi nella messa in scena. Il primo arriva nel terzo episodio, nello spazio ristretto di una cella in prigione, ed è davvero impressionante. Lo scontro migliore comunque non può che essere quello contro Joe Taslim, artista marziale tra i migliori del grande schermo, che presto vedremo anche nel Mortal Kombat prodotto da James Wan.

Tropper conosce le regole della serialità televisiva, incluso il vecchio adagio per cui spesso le puntate migliori sono le più autonome. Così ne realizza una totalmente lontana da San Francisco, una specie di western con una taverna assediata, che ricorda dichiaratamente The Hateful Eight di Tarantino e dà corpo all'amicizia tra Ah Sahn e Young Jun, non a caso la relazione più convincente dell'intera serie. L'autore evita anche di rendere il protagonista invincibile per tenere alta la tensione e non manca di contaminare le arti marziali con la boxe occidentale, destinata probabilmente ad avere più peso nella già confermata seconda stagione. L'intrigo politico infine risulta a volte farraginoso, ma riesce anche a essere molto attuale, perché tratta il tema dell'immigrazione e dell'integrazione, centrale allora come oggi, così come il dialogo tra Oriente e Occidente. 