Soderbergh si serve dell'ironia per denunciare i vizi endemici del sistema fiscale americano. Ora a Venezia 76 e prossimamente al cinema e su Netflix.
di Marianna Cappi
Quando Ellen Martin perde il marito in un tragico incidente durante una crociera sul Lake George, ha inizio per lei un altro viaggio, di diverso genere: la scoperta di una matrioska di assicurazioni fasulle che fanno capo ad uno studio legale, Mossack Fonseca, proprietario di un paio di centinaia di migliaia di società offshore, con sede a Panama. E sono proprio gli stessi, elegantissimi, Jurgen Mossack e Ramon Fonseca a guidarci in una tragicomica storia del credito che porta dall'epoca antica del baratto di beni di primaria necessità a quella contemporanea, in cui la ricchezza è affare di pochi, contenuta nominalmente dentro impalpabili fogli di carta e assicurata dalla teoria e dalla pratica dell'evasione fiscale.
Sceglie lo strumento dell'ironia, Steven Soderbergh, per raccontare il marcio del sistema fiscale americano e le kafkiane conseguenze che esso sparge a cascata su ogni strato della popolazione, in ogni angolo del mondo globalizzato.