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Suk Suk, un affresco delicato, onesto e tenero

Ray Yeung affronta tematiche già care al cinema da una prospettiva del tutto inedita. Al Far East Film Festival. 
di Sara Gelao

sabato 4 luglio 2020 - Far East Film Festival

Un giorno, in un parco di Hong Kong, Pak, un tassista sulla settantina, incontra Hoi, un padre single ormai in pensione. Nonostante pressioni sociali e personali, i due vanno fieri di quello che si sono strenuamente costruiti negli anni: una famiglia. Ma, per tutto il film, li vediamo sgattaiolare via dalle loro case - e proprio da quelle famiglie - per essere, insieme e in libertà, quello che sono veramente, omosessuali. Il loro più intimo legame, oltre il sentimento, è quindi il segreto di una vita.

Suk Suk, presentato tra l'altro all'ultima Berlinale, non è il primo film di Ray Yeung e neanche una voce solitaria nel panorama del cinema LGBT cinese o internazionale, se solo pensiamo a Lan Yu di Stanley Kwan e a Happy Together di Wong Kar-wai nel primo caso o a I segreti di Brokeback Mountain nel secondo.

Ciononostante, forse, sfoggia un primato: quello di essere la prima storia raccontata sul grande schermo a ritrarre i semplici, ordinari, momenti di una storia d'amore, omosessuale e tra anziani, senza aggrapparsi a colpi di scena platealmente melodrammatici, scenari stravaganti o momenti strappalacrime.

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