Anno | 2019 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Hong Kong, Cina |
Durata | 92 minuti |
Regia di | Ray Yeung |
Attori | Paco Ignacio Taibo II, Ben Yuen, Patra Au, Lo Chun Yip, Kong To, Yiu-Sing Lam Hiu Yee Wong, Yixin Hu, Lau Ting Kwan, Wai-Keung Chu. |
Tag | Da vedere 2019 |
MYmonetro | Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 2 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 15 giugno 2020
Due uomini si innamorano in tarda età.
CONSIGLIATO SÌ
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Un giorno, in un parco di Hong Kong, Pak, un tassista sulla settantina, incontra Hoi, un padre single ormai in pensione. Nonostante pressioni sociali e personali, i due vanno fieri di quello che si sono strenuamente costruiti negli anni: una famiglia. Ma, per tutto il film, li vediamo sgattaiolare via dalle loro case - e proprio da quelle famiglie - per essere, insieme e in libertà, quello che sono veramente, omosessuali. Il loro più intimo legame, oltre il sentimento, è quindi il segreto di una vita.
Suk Suk, presentato tra l'altro all'ultima Berlinale, non è il primo film di Ray Yeung e neanche una voce solitaria nel panorama del cinema LGBT cinese o internazionale, se solo pensiamo a Lan Yu di Stanley Kwan e a Happy Together di Wong Kar-wai nel primo caso o a I segreti di Brokeback Mountain nel secondo.
Ciononostante, forse, sfoggia un primato: quello di essere la prima storia raccontata sul grande schermo a ritrarre i semplici, ordinari, momenti di una storia d'amore, omosessuale e tra anziani, senza aggrapparsi a colpi di scena platealmente melodrammatici, scenari stravaganti o momenti strappalacrime.
È un affresco delicato, onesto e tenero, proprio come l'inaspettato sentimento che si fa strada tra i cuori dei due protagonisti. Cuori, paradossalmente giovani, che rifuggono e smentiscono il luogo comune della vecchiaia come ultima stazione d'arrivo dove le prorompenti e febbricitanti emozioni sono solo un lontano, sbiadito, ricordo. Se non fosse per qualche ruga e quella pelle un po' aggrinzita dagli anni, Pak e Hoi potrebbero avere vent'anni. Si incontrano e si rintracciano di nascosto come ragazzini, si parlano con sguardi dolci ed eloquenti, si accarezzano e si desiderano
come se scoprissero i loro corpi per la prima volta.
Ma altrettanto puerili sono nelle loro rispettive case, che case, poi, non sembrano esattamente essere. Pak è sposato da decenni ma il suo rapporto moglie-marito sfocia nel madre-figlio, fatto di piccoli rimproveri, striminzite comunicazioni di servizio e, probabilmente, un accordo tacito di reciproca accettazione, di non-amore. Rituali, cene di famiglia, quasi imposte, che riuniscono intorno a un tavolo soltanto ruoli preconfezionati e talvolta ribaltati, censuranti personalità di facciata.
Ed ecco che la definizione di casa come rifugio da un mondo ingombrante dove smascherarsi senza timori svanisce qui nel mentire sistematicamente su chi si è davvero, lasciando il tableau della famigliola canonica intatto, così com'è, o come la società - ancora - impone che sia.
Seguendoli negli anfratti della classe operaia di Hong Kong, con una macchina da presa attenta spesso anche alle minuzie, ai colori e alle atmosfere di mercati alimentari, appartamenti affollati, ristoranti modesti, sale da banchetto o locali queer underground, questo film dolceamaro non fa che decostruire cliché mai troppo lontani - neanche e soprattutto da noi occidentali - pur senza illuderci: l'amore genuino e autentico fra Pak e Hoi, in realtà, rimane intrappolato in se stesso, perde in partenza contro un incancrenito sistema di aspettative sociali.
A Hong Kong, Pak e Hoi si incontrano per caso. Oggi sono nonni, hanno vissuto una lunga vita coniugale, provvedendo alle loro famiglie. Un film appassionato e delicato sull'amore che arriva anche in tarda età.