Titolo originale | Adoration |
Anno | 2019 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Belgio, Francia |
Durata | 98 minuti |
Regia di | Fabrice Du Welz |
Attori | Thomas Gioria, Fantine Harduin, Benoît Poelvoorde, Anaël Snoek, Gwendolyn Gourvenec Peter Van den Begin, Béatrice Dalle, Laurent Lucas. |
Uscita | giovedì 19 maggio 2022 |
Tag | Da vedere 2019 |
Distribuzione | Wanted |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,23 su 9 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 18 maggio 2022
Il dodicenne Paul vive con sua madre nell'istituto dove lei lavora come infermiera. Quando incontra Gloria, decide di fuggire con lei. In Italia al Box Office Adorazione ha incassato nelle prime 2 settimane di programmazione 6,7 mila euro e 4 mila euro nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
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Paul ha dodici anni e passa le sue giornate nei boschi che circondano la clinica psichiatrica in cui lavora sua madre. I due vivono soli nelle vicinanze dopo l'abbandono del padre di Paul. Al ragazzo piace prendersi cura degli uccelli del bosco, e tra gli alberi incontra un giorno Gloria, una ragazza in cura presso la clinica il cui fascino è pari solo alla sua instabilità mentale. Paul si lascia convincere a seguirla e insieme scappano dalla clinica, in cerca di una misteriosa salvezza.
Due adolescenti in fuga, verso il confine tra infanzia ed età adulta, tra amore e follia.
L'ultimo lungometraggio di Fabrice Du Welz è un'opera di grande intensità sensoriale, che eleva una premessa narrativa piuttosto standard attraverso un tono, uno stile visivo e una prossimità al nervo emotivo dei personaggi che si vede raramente sullo schermo.
Strenuo difensore dell'uso della pellicola, il regista belga cattura il viaggio nella natura di Paul e Gloria con realismo poetico, tra fiumi e boschi bagnati di luce come una rugiada estiva. I due ragazzi sono in fuga tanto dalle autorità quanto dal tempo stesso, in un'atmosfera che rifiuta la contemporaneità e sembra nascondersi in un passato sospeso.
Adoration non è però soltanto comunione dei sensi: quello sui protagonisti è un lavoro di caratterizzazione raffinato e singolare, in equilibrio sul ripido crinale delle due età abitate da Paul e Gloria. Uno è certo di non voler fare male a nessuno, l'altra gli assicura che presto cambierà idea. Uno è pervaso da una purezza ancora infantile, che inventa dialoghi con gli uccellini e non vuole vederli morire; l'altra non abbassa mai lo sguardo e ha una storia inquietante sempre pronta. Eppure sono entrambi precisamente a metà tra l'essere bambini e giovani adulti, uno stato mutevole, cangiante, che Du Welz fa risaltare come un riflesso del sole sul fiume, e che aggiunge un senso di disagio e verità alla loro attrazione.
Thomas Gioria e Fantine Harduin, gli interpreti (in ruoli che aprono nuove prospettive dopo la partecipazione a film corali come, rispettivamente, L'affido - Una storia di violenza di Legrand e Happy End di Haneke), riempiono l'inquadratura dando l'impressione che davvero non ci sia nulla al mondo di vivo come il loro momento insieme, fatto sì di psicosi e manipolazione, ma per Paul rivelatorio e irresistibile.
Il film rischia di alienare parte del pubblico per il modo unico, insistito e anticonvenzionale con cui interpreta la sua premessa di base, ma al tempo stesso dona nuova enfasi alla filmografia di Du Welz dopo la parentesi statunitense di Message from the king; il ritorno a un'idea di cinema così chiara e prepotente è una notizia sempre positiva.
C’è già tutto, volendo, nelle prime immagini. Un ragazzino che cura un uccellino impigliato dentro dei fili, in un groviglio inestricabile. È una storia di vite impigliate, di vite prigioniere, di vite intrappolate Adorazione di Fabrice Du Welz, presentato e premiato a Locarno, e ora nelle sale italiane. E ci sono dei motivi per andarlo a vedere.
Prima di tutto, perché è una grande e pazzesca storia d’amore. Un amore folle, impossibile, illogico e dalle conseguenze impressionanti. Poi perché ha due protagonisti adolescenti bravissimi, Thomas Gioria e Fantine Harduin. Oltre all’apparizione, più tardi nel film, di Benoit Poelvoorde, l’attore belga che ci aveva provato, qualche anno fa, che Dio esiste e vive a Bruxelles.
Poi perché, con pochi mezzi, con una regia quasi cronachistica, in un 16 millimetri torbido, stando sempre addosso ai suoi due protagonisti, Du Welz costruisce una storia piena di tensione, di pathos. Che racconta, dei suoi due adolescenti, la dolcezza, la ferocia, lo smarrimento, la fragilità, la violenza.
Adorazione è una storia di solitudini che si incrociano. Ed è una storia estrema, di amore senza limiti.
Lui, che ha tratto in salvo l’uccellino, vive con la madre in un’ala di un istituto psichiatrico, dove la madre lavora. Vive in una solitudine pressoché totale, perché non può avere contatti con i pazienti. Ma un giorno, mentre corre inseguita dagli infermieri, lo travolge – letteralmente, facendolo cadere a terra – Gloria, bella come un dipinto di Botticelli. Una visione che lo cattura, che lo ossessiona: nasce una complicità immediata, e – per lei – il balenare della chance di una fuga impossibile.
Quello di Paul e Gloria è un viaggio disperato, dentro una natura di corsi d’acqua, boschi, ferrovie che spuntano dal nulla, barche lungo il fiume, come nei libri di Georges Simenon – che viene citato nel film, quando il ragazzino legge alla madre “Il borgomastro di Fournes”. Un viaggio disperato, con il ragazzo sospeso fra la voglia di proteggere quella creatura bella e impigliata in mille fili invisibili, e un amour fou che tutto travolge.
Camminano lungo l’acqua, in una progressione che pare inesorabile, come il viaggio dell’imbarcazione di Apocalypse Now verso la fine, verso la follia. Sembra quasi di vedere l’Aguirre di Werner Herzog, il “furore di Dio”, anche lui in caduta libera verso l’acqua e la follia.
I ragazzini si prendono tutta la storia, e non sono dolci, carini, teneri. Sono una forza selvaggia, primitiva. Thomas Gioria – era il bambino de L’affido, premiato a Venezia 2017 – con i capelli rossicci e gli occhi ardenti è bravissimo nell’incarnare un bambino smarrito nella terra di nessuno tra l’infanzia e l’età adulta, tra la felicità e la sensazione di peccato. Destabilizzante.
Eppure, c’erano tutte le premesse per un “già visto” che brucia. L’incontro fra un ragazzino sensibile e un uccellino ferito, quello fra il ragazzino e una ragazza affascinante perché mentalmente instabile. L’idea della coppia che urla di fronte alla natura immensa, per esprimere la gioia di aver ritrovato la libertà. Ma in realtà non c’è retorica, c’è furore selvaggio, c’è una purezza che se ne frega di tutto, in quei due bambini stretti in un abbraccio violento. In cui lei sa come suscitare e gestire il desiderio di lui: e lui sa che quella tensione finora ignota che lo pervade la avrà vinta su tutto.
Fra gli attori, le crisi di lei sono terrificanti, così come sono inquietanti e irresistibili i momenti di dolcezza. E lui sa interpretare in modo perfetto i turbamenti di un ragazzo che non sa più cosa è giusto e cosa è sbagliato: sconcertato, sconvolto, delicato, travolto dallo sguardo, dalla determinazione di lei. Che, quando ha girato il film, aveva solo tredici anni. E non è un caso se, ancora prima, l’aveva scelta per Happy End un genio come Michael Haneke.
Credi in me? Chiede Gloria a Paul. Lui annuisce, sembra non poterne fare a meno, di guardarla, di seguirla, spinto e attratto da una forza interiore che pare ricevere un contorno e una sostanza nei rigidi paesaggi offerti dalle Ardenne. Paul crede a Gloria perché la vede in un altro modo intercettando il suo mondo fatto di tenerezza, rabbia, visioni, incubi, grovigli e dolore: volto dolce, corpo spigoloso, [...] Vai alla recensione »
Paul è il figlio di un'inserviente di una clinica psichiatrica, Gloria una giovane paziente. Hanno entrambi dei problemi, ma questa loro diversità li lega a tal punto che decidono di scappare, alla ricerca di una libertà che sia solo loro. La loro fuga è contrassegnata da una scia di sangue a causa delle esplosioni d'ira di Gloria, ma, nonostante ciò Paul non riesce a staccarsi da lei.
Quello fra il cinema e la follia è un rapporto di vecchia data, e anzi sostanzialmente psicologia e cinema sono nati nello stesso momento, una con lo scopo di far guardare dentro di sé, l'altro, il cinema, con l'intento di riuscire a farci guardare verso l'esterno, verso l'altro. Un gioco di sguardi, dentro e fuori, e in fondo una reale incapacità di guardare, che sono raccontate anche in questo film [...] Vai alla recensione »
Fabrice Du Welz ha qualche potere magico se in poche inquadrature riesce a risucchiare lo spettatore nel mondo solitario e magico di un ragazzo che sta per entrare nell'adolescenza. Paul (Thomas Gioria) vive con sua madre nella clinica psichiatrica in cui lei lavora. Il ragazzo vaga nei boschi che circondano l'istituto. Siamo in Belgio ma potremmo essere in una foresta vergine, come quelle immaginate [...] Vai alla recensione »
Paul è il figlio adolescente di una impiegata in una casa di cura. Quale sia la collocazione della donna all'interno della struttura non è dato sapere. Forse una ex paziente? Il rapporto con il figlio solleva non pochi dubbi. Il giovane si scontra con una bellissima fanciulla nella foresta, una «fata» con un subdolo e gravissimo disturbo psichiatrico.
Dopo il calvario e l'alleluia c'è l'adorazione. La trascendenza e l'immanenza sono ancora una volta in lotta nell'ultimo atto della trilogia ardennoise di Fabrice Du Welz, Adorazione. Quella spinta contrastante tra la verticalità di uno sguardo che invoca il cielo e l'orizzontalità terrena delle nostre più profonde pulsioni, quell'universo nascosto dei disordini del cuore e della mente, si fondono [...] Vai alla recensione »
Dopo l'Alleluia, Gloria. È questo il nome dell'oggetto adorato nel sesto film di Fabrice du Welz, fuori sede belga della fu New French Extremity, sommovimento anni Zero brutale, materico, politico del cinema dell'orrore d'oltralpe (che si ricorda, d'un tratto, l'insegnamento lacerante e frontale dell'horror settantesco americano). E chiude, questo film, una trilogia cominciata con Calvaire: un trittico [...] Vai alla recensione »
Il titolo originale è già una dichiarazione d'intenti: Adoration. L'amore passa attraverso l'adorazione dell'altro per il regista belga Fabrice Du Welz. Significa donarsi, fondersi, guardare il mondo con gli occhi dell'amante. Due giovani: Paul segue la madre che lavora in una clinica psichiatrica, Gloria è ricoverata, è instabile. Gli opposti si attraggono, la fuga è solo l'inizio di un nuovo viaggio. [...] Vai alla recensione »