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Creed come Star Wars: è il trionfo della old school

Reboot, sequel e insieme remake: Creed è il miglior film possibile per tornare a parlare di Rocky nel 2016. Dal 14 gennaio al cinema.
di Roy Menarini

Sylvester Stallone (Michael Sylvester Enzio Stallone) (78 anni) 6 luglio 1946, New York City (New York - USA) - Cancro. Interpreta Rocky Balboa nel film di Ryan Coogler Creed - Nato per combattere.

domenica 17 gennaio 2016 - Focus

Ormai gli indizi fanno una prova. Stiamo assistendo a un ritorno in forze della "vecchia scuola". Non si tratta soltanto di nostalgia: quella può funzionare per operazioni di successo ma di breve respiro, come per esempio I mercenari - The Expandables, John Rambo o Die Hard - Un buon giorno per morire. In quei casi, prodotti pensati per riportare in sala i fan dell'epoca non riuscivano - o non del tutto - ad allargare il bacino degli spettatori (pur ampio), a differenza di franchise che oggi vengono ripensati e riattualizzati, con lavori che funzionano al tempo stesso come reboot, sequel e remake. Come a dire che era la ricetta ad essere valida, più del marchio. Questa "old school" del cinema spettacolare trova le sue radici negli anni Settanta e nelle successive rielaborazioni ottantesche, prima dei frenetici ritmi del postmoderno e del cinema digitale degli anni Duemila, con un forte investimento sui personaggi e sul loro lato umano.

La differenza tra i primi due Rocky e quelli successivi è nota, e bilanciata solamente dal ritorno a dimensioni più crepuscolari con Rocky Balboa (ma qualcosa si vedeva anche in Rocky V). Ora con Creed - che vale anche come Rocky VII - il rapporto tra Balboa e il figlio di Creed ricorda con forza quello tra Han Solo e la giovane Rey. In ogni caso, Balboa allenatore, e pesantemente colpito dai lutti, dalla malattia e dalla vecchiaia, raggiunge picchi di umanità che Stallone, pur già in passato sensibile alla decostruzione del suo stesso mito, rende con grande intensità.

È un sequel, perché come detto intesse la vicenda, scritta con dedizione dallo stesso Ryan Coogler, con grande rispetto verso la saga, e attraverso continui accenni alle vicende storiche che devono trovare collocazione nel nuovo capitolo. È però anche un reboot, perché il giovane Creed deve intraprendere da zero il cammino del suo maestro, ed è già stato annunciato un Creed 2, che permetterà alla saga di ricominciare secondo nuove configurazioni etniche e politiche (un po' come per il personaggio di Finn per Star Wars: Il risveglio della forza). È, infine, un remake, perché alcune scene chiave dei Rocky originari tornano quasi identiche, compresa la corsa dell'eroe a Phiadelphia e la scalinata, che oggi Balboa fatica a salire anche solo gradino per gradino.

Dovremo probabilmente abituarci, a questi ritorni al futuro del cinema americano, ma non sarà un problema soprattutto se vengono realizzati con la cura e la passione che dimostra Coogler. Ovviamente non mancano astuzie di mercato - Creed pesca a piene mani nel melodramma black caro alla cultura afroamericana (quasi un'antologia d'appendice di tutte le sfortune possibili: malattie progressive, orfanità, tumori ecc.) - ma davvero qualcuno pensa che i miti che ha amato negli anni Settanta/Ottanta fossero frutto della fantasia al potere e scevri da ogni calcolo sul box office potenziale?

A volte il ricordo ci appanna la ragione anche nella vita, figuriamoci al cinema. E allora - come Star Wars: Il risveglio della forza - anche Creed è il miglior film possibile per tornare a parlare di Rocky nel 2016 e trovare nuova cittadinanza al derelitto pugilato nel cinema contemporaneo. Anche i cultori, del resto, non potranno che dirsi soddisfatti, visti i virtuosismi tecnici del regista e quel primo incontro in un solo piano sequenza, di cui fatichiamo a trovare paragoni nella storia del rapporto tra boxe e grande schermo.

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