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Il calderone del fantastico

Álex de La Iglesia e la fantasia europea.
di Roy Menarini

In foto una scena del film Le streghe son tornate di Álex de La Iglesia.

sabato 2 maggio 2015 - Approfondimenti

All'inizio del film, le streghe annunciano quello che sta per accadere lanciando dentro una grande pentola alcuni tarocchi. Poi mescolano. Dentro quel calderone, c'è il cinema di Álex de La Iglesia, autore mai abbastanza conosciuto in Italia (ma l'imminente Premio Sergio Amidei a Gorizia, che lo ospiterà, potrà fare giustizia). Distribuito a singulti, talvolta in ritardo - come in quest'ultimo caso e come nel caso di Messi (1-2 giugno), in sala a pochissima distanza - Le streghe son tornate dimostra per una volta una certa lucidità da parte dei titolisti nostrani. Lo slogan femminista, infatti, è perfettamente idoneo a questa commedia horror dove scorre un sentimento satirico un po' misogino, ma corretto da ampi contrappesi di idiozia maschile, in una galleria di subumani dove non si sa se preferire i mostri veri dai citrulli che circolano nella società.

È buffo notare che, mentre altri horror postmoderni nascondono un messaggio politico sotto una patina di codici riconoscibili e stereotipi narrativi, Álex de La Iglesia va in direzione contraria. Fa subito capire, fin dalla rapina al Compro Oro, le ragioni economiche che muovono l'azione del film e suggerisce la crisi del proprio paese, per poi scrollarsi di dosso tutte le metafore più pesanti e dare vita al "freakshow" movimentato e spumeggiante che gli interessa di più. Non c'è traccia del dolente fellinismo di Ballata dell'odio e dell'amore (il suo film più viscerale e malinconico), eppure scorre ogni fantasia possibile dentro questa caccia infinita tra streghe, rapinatori, poliziotti, ostaggi, ex mogli e altri dropout.

Torniamo al calderone. Che cosa c'è dentro Le streghe son tornate? Vedendo il film, abbiamo perso il conto dei riferimenti pop e delle citazioni cinematografiche e letterarie. Basti pensare che a compiere la prima rapina, i "malviventi" sono travestiti da Gesù Cristo, Minnie, Sponge Bob, L'Uomo Invisibile e Toy Soldier, tanto per chiarire che tipo di mescolanza sulfurea e irriverente abbia in testa il regista spagnolo. Poi c'è la brughiera che farebbe pensare a Un lupo mannaro americano a...Madrid (e del resto il mix incontenibile di slapstick e horror viene dritto da John Landis), c'è il vomito verde dell'Esorcista, ci sono le lingue saettanti di Sam Raimi, c'è il mostro gigante che cita quasi direttamente Guillermo Del Toro - cui, crediamo di poter dire, Álex de La Iglesia si apparenta per sensibilità, tradizione, fratellanza linguistica e persino stazza fisica; poi ancora Jess Franco, Mario Bava, Jean Rollin e tutto il fantastico europeo.

Sì, perché quel che veramente intriga - ancora una volta - di Álex de La Iglesia e di Le streghe son tornate è la fiducia in un cinema continentale in grado di esasperare i toni, mixare i riferimenti culturali, sfruttare i generi senza freni, far letteralmente eruttare una fantasia sana e giocosa, rifiutare per principio e senza mezzi toni la dittatura del cinema impegnato all'europea. Si può fare - sembra dire Álex de La Iglesia (magari pronunciando la frase come in Frankenstein Junior) - e noi confermiamo. La fantasia europea al potere.

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